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Dal Rio Bravo alla Terra del Fuoco: America Latina Tierra de Libros

[LETTERATURA]

De los diversos instrumentos inventados por el hombre, el más asombroso es el libro; todos los demás son extensiones de su cuerpo…Sólo el libro es una extensión de la imaginación y la memoriaJ. L. Borges

La 7° fiera della piccola e media editoria di Roma in collaborazione con l’ILA – Istituto Italo-Latino Americano, ha voluto dedicare uno spazio di approfondimento all’America che spesso definiamo “in via di sviluppo”.

Il ciclo di incontri América Latina Tierra de libros ha fatto incontrare al pubblico romano numerosi autori contemporanei latinoamericani, che hanno testimoniato la vitalità e la forma multiforme che la letteratura di questo continente ha saputo creare. Sottotitolo: dal realismo magico al mondo globale.
Dopo la doverosa presentazione ufficiale dell’ambasciatore guatemalteco nonché Presidente dell’Istituto, José Roberto Andino Salázar, entriamo nel vivo del primo incontro dedicato alla narrativa. In risposta alla domanda del moderatore “Cosa dobbiamo riscoprire dell’America Latina?”, Santiago Rafael Roncagliolo (Lima, 1975) dà prova di uno dei tratti più propriamente latinoamericani, il gusto per l’affabulazione: ci racconta le rocambolesche avventure dei suoi trisavoli che, briganti italiani, sbarcarono in Perù con una nuova identità: americani pazzi. Incantevolmente non risponde alla domanda, ma affascina e diverte con lo stesso humor della sua prosa, lui, giovane drammaturgo, autore di copioni cinematografici, traduttore e giornalista peruviano.

Il paraguayano Jesús Ruiz Nestosa, invece, ha affrontato il tema direttamente, affermando come la conoscenza che i non americani hanno di questo paese sia stereotipata. Porta ad esempio l’indigenismo, tematica che alcuni ritengono estremamente attuale, ma che lui afferma essere una questione archiviata. Certo, in Paraguay. Penso invece ai caracoles nei territori messicani del Chiapas…il Subcomandante Marcos perdonerà questa defaillance. E’ indubbiamente vero il secondo punto che l’autore propone e cioè la visione parziale della letteratura latinoamericana definita sempre e comunque dall’etichetta del Realismo magico. C’è altro, molto altro, dalla cultura politica ai movimenti civili, il mondo dovrebbe ri-scoprire un patrimonio culturale e umano oggi offuscato dai nuovi protagonisti orientali, Cina e India fra tutti. L’America da ri-scoprire è un paese moderno, che produce pensatori e intellettuali, ma anche un territorio fisico ignorato nella sua molteplicità. Se il turismo di massa conosce bene i Caraibi, le spiagge del Brasile e altre vedute da cartolina, ignora la sconfinata bellezza delle pianure argentine, la durezza della Terra del Fuoco, il silenzioso deserto cileno.

La testimonianza di Héctor Abad Faciolince tocca il tema perennemente spinoso dell’identità. Cercando di essere Italiano in Spagna e Spagnolo in Italia, a seconda dei casi della vita, si è riscoperto inevitabilmente e felicemente Colombiano. “Siamo persone per cui non c’è posto” afferma. E’ la condizione universale dell’esule, che incarna idealmente un lato del carattere di questo popolo. In un certo senso la maschera che Octavio Paz vede insita nel carattere messicano viene estesa a tutto lo spirito latinoamericano, che sembra doversi negare ed essere altro da sé per farsi accettare. Il discorse si lega all’intervento di un altro autore, Dante Liano (Guatemala), che rappresenta questo pezzo di America come un non-luogo. Esiste l’America Latina come un tutto? Ci confessa che la visione globale che molti scrittori stessi danno al pubblico, altro non è che l’estensione della visione del proprio paese allargata a tutti gli altri. Sembra che la mia diatriba mentale con l’autore del Paraguay trovi qui un intervento a mio favore.

Estremamente battagliera è stata la voce di Avelino Stanley, aspro critico della globalizzazione mondiale, che altro sarebbe che una corsa folle senza meta. In un intervento dallo slancio lirico, ha dichiarato che l’unica meta da perseguire è l’incontro, quello che non solo l’Europa e il mondo dovrebbero effettuare con l’America Latina, ma che gli americani stessi dovrebbero compiere tra loro.
Dell’incontro con le scrittrici e della scrittura femminile latinoamericana avrei voluto scrivere molto, ma purtroppo l’inclemenza dei 60 minuti concessi a questo tema non hanno permesso altro che una lettura frettolosa di alcune opere. Questo è stato uno dei punti deboli della fiera: troppi incontri in troppo poco tempo. Il panorama letterario femminile è estremamente fecondo e complesso per l’asfissiante definizione di Letteratura femminile, che si dimostra insopportabilmente stretta viste le tematiche universali trattate da queste autrici. Suggeriamo alla critica letteraria tutta che l’essere donna è una condizione naturale, non una limitazione intellettuale. La problematica della ricezione delle scrittrici da parte del pubblico è sollevata da Maria Negroni (Argentina).

Ricorderò Rosalba Campra, argentina di Córdoba che a Roma è docente di Lingua e Letterature Ispanoamericane all’Università La Sapienza. Si distingue per una scrittura definita microficción (microracconto), di cui un esempio è I racconti di Malos Aires: apologhi, brevi cronache, favole, esili storie gotico-fantastiche. Di questa parcellizzazione è testimone anche Gli anni dell’Arcangelo, romanzo composto di piccoli mosaici narrativi, da leggere separatamente o come capitoli consequenziali. Echi del grande maestro Julio Cortázar.

Per ultima cito l’indimenticabile Marcia Teophilo, portavoce morale delle donne in questa rassegna. Più volte proposta per il Nobel, è una delle maggiori poetesse brasiliane del nostro tempo. È promotrice di due premi letterari per autrici, il Premio Donna Poesia e Nuove scrittrici, per le emergenti. La foresta amazzonica è il tema attorno cui ruotano la vita e l’opera di questa appassionata poetessa dalla voce profonda, che ben si confà al suono nasale del Portoghese-Brasiliano. Il suo lavoro è una fusione tra memoria emotiva e memoria culturale, tra poesia e documentazione, tra mondo arcaico e mondo contemporaneo, creando un tutt’uno in cui tutte queste materie si compenetrano. Crede nella differenza tra l’arte femminile e quella maschile, in termini di contenuti e visione del mondo, ma questo senza che ciò determini una superiorità dell’una o dell’altra. La scintilla che fa esplodere l’arte è una capacità superiore del sentire di un individuo, e questa non è prerogativa dell’uno o dell’altro sesso. Ci vuole salutare con la poesia Le Amazzoni, le donne guerriere che davano via i loro figli maschi. Creature temerarie, mitiche, che osavano essere donne senza uomini.

Il castigliano declinato nei diversi accenti americani, nei diversi regionalismi che da una parte elidono le “s” e dall’altra trasformano in una dolcissima “g” l’asprezza della doppia elle iberica, è stata la colonna sonora di questi incontri, alla ricerca, più che scoperta, di un mondo immenso che da 500 anni gli occhi europei non riescono a vedere.
Mancano molti interventi, ma questo è solo un resoconto parziale e così concludo tornando all’inizio, emule imperfetta del grande Borges.

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