Skip to main content

Eugenio Finardi: la forza della musica

Salve Sig. Finardi, siamo lieti di ospitarla tra le pagine elettroniche del nostro giornale.
Inizio decisamente rock, ma di un tipo impegnato, importante socialmente, forse anche per il periodo storico in cui la sua carriera ha avuto inizio, fino ad arrivare oggi ad ogni tipo di commistione musicale tra generi ed artisti diversi. Che musica è quella di Eugenio Finardi?

La mia “vera” musica è il blues, quindi Anima Blues, il progetto che ho realizzato nel 2005, è stato il compimento ideale di un viaggio iniziato 40 anni fa esatti, nel 1965. Un viaggio alla scoperta di questa musica straordinaria anche in America, il paese di mia nonna.

Il blues è la musica che ho sempre fatto nell’adolescenza e crescendo, finché negli anni ’70 con Camerini, per esempio, sentimmo l’esigenza di cantare in italiano, perché poteva essere più “funzionale al movimento” (si diceva così allora…). Questo pensavamo di farlo per un paio di dischi per poi tornare a cantare rock in inglese come avevamo sempre fatto (uno di questi dischi fu proprio Musica ribelle), però poi aldilà della mia volontà sono diventato un cantautore, per l’esigenza di raccontare e raccontarmi. Da circa dieci anni non scrivo più niente in italiano per me stesso, questo perché fondamentalmente non trovo l’ispirazione e perché le cose che ho da dire sono molto complesse, quindi cerco un modo diverso per esprimermi, come per esempio il linguaggio teatrale, o il progetto su Vladimir Vysodtsky, che mi danno modo di lavorare sia su aspetti che vocalità differenti, per “toccare corde” che non avevo mai raggiunto prima con la mia musica.

Che cosa è stato e che cosa è il rock per Lei?
Il rock è stato ed è uno stato d’animo, un atteggiamento rispetto alla musica. Alessandro Magno quando prese la spada e tagliò il nodo di Gordio per prendere il potere fece un gesto molto rock, per esempio (rido e annuisco n.d.r.). Anche se forse il primo gesto rock in assoluto lo fece Adamo…

E tutti quei cantautori che sono venuti dopo e che hanno fatto del rock il loro punto di forza, cosa sono stati per la storia della musica e guardandoli ora cosa vede? Dove sta andando la musica in questo momento?
Innanzitutto c’è questa stranezza che il rock sta andando avanti da una grande quantità di tempo rispetto ad altre tendenze musicali. Non faccio fatica a riconoscermi e giudicare, analizzare e capire una nuova band appena uscita perché sostanzialmente il linguaggio è rimasto identico, ciò che è cambiato è che negli ’70 c’era una generazione che aveva una visione illimitata del futuro, una generazione di grandi utopie e di grandi speranze, oggi invece si canta la disillusione dei nostri figli che di futuro se ne vedono ben poco davanti.

Secondo Lei è ancora “Musica ribelle” o il panorama artistico dell’ambito è diventato solo commercio, perdendo quel qualcosa in più che lo ha caratterizzato?
Diciamo che il marketing e l’industria sono entrati pesantemente, “a gamba tesa” direi, in ogni aspetto della vita. Ormai è tutto marketing e se vogliamo c’è meno purezza di una volta, però vedo che comunque in tutte queste piccole band che nascono c’è qualcosa di molto eccitante. La cosa preoccupante è che, però, nessuno di loro ascolta musica italiana, forse anche perché l’industria musicale italiana ha giocato un po’ troppo al ribasso valorizzando un certo tipo di prodotti che davano immediata soddisfazione commerciale.

Che cosa è la musica per Lei?
La musica per me è tutto. Io non sono un credente, per cui per me si potrebbe quasi dire che la musica è Dio. Sono nato in uno strumento musicale, mia madre era una cantante lirica, per me la musica è una cosa sacra, infatti quando la vedo maltrattata, bistrattata o male insegnata mi arrabbio anche molto.
Tante collaborazioni importanti: artisti, amici con cui condividere esperienze e con cui sperimentare. Che cosa dà ad un artista la voglia di continuare e di rinnovarsi per non risultare mai ripetitivo?
Quasi tutti gli artisti alla mia età hanno l’aspirazione di diventare estremamente commerciali. Io ho scelto di uscire da questo gioco perché inseguire il successo è una cosa che, a livello personale, mi stressava tantissimo. Ho passato trent’anni a farlo e mi sembrava abbastanza, anche perché poi mi sono accorto che l’inseguimento del successo mi allontanava dalla mia grande passione che è proprio la musica. Quindi, mi sono rimesso a studiare, mi sono rimesso ad ascoltare, ho fatto un disco di fado, O fado, un disco di musica trascendentale, cioè rivolto alla trascendenza e alla sensibilità al Divino, anche se da un’ottica non- credente, Il Silenzio e lo Spirito. Poi ho fatto Anima Blues, che era ed è il grande sogno della mia vita, il coronamento di quarant’anni di attesa, di amore, di passione. Poi sono stato contattato dal più prestigioso ensemble di musica contemporanea italiana a cantare con loro questo progetto di musica classica, Omaggio a Vladimir Vysotsky, che ha richiesto uno studio enorme: dal vivo vedi dei musicisti classici, senza batteria, senza basso, che però danno un impatto da Led Zeppelin, e cioè rock, tanto che la gente fa un salto all’indietro sulla poltrona! Un concerto unico davvero…

Progetti come Il Silenzio e lo Spirito, Anima Blues e O Fado sono stati progetti che hanno tirato fuori un’anima profonda, intima, che già si intravedeva anche nel suo periodo più propriamente rock. La ricerca di sé è un elemento importante nel lavoro di un artista? E’ l’intimità dell’Io la vera fonte di ispirazione artistica?
Secondo me, l’ispirazione è una ricerca spirituale, e lo dico dal punto di vista di un non credente che crede però fortemente nella spiritualità umana. Credo che la musica sia una ricerca matematica udibile e per qualche strano motivo quando la matematica diventa udibile ci commuove, ci tocca nel profondo, sia dal punto di vista della passionalità più carnale che della trascendenza più spirituale, e questo perché la musica è proprio il nostro contatto con l’Assoluto Cosmico, con il ritmo delle Sfere, il ritmo interiore dell’Universo.
Io questo cerco nel mio lavoro: l’estasi cantando. L’unico posto in cui sto veramente comodo è su un palco, perché ci sono dei momenti, quando si riesce ad estraniarsi da se stessi, ad uscire dal proprio narcisismo, dal proprio ruolo in cui si diventa quasi dei celebranti. La musica ti attraversa, ti usa, per uscire. In quei momenti c’è un “perdimento”, un collegarsi con il Tutto che è lo scopo della mia vita.

Un riconoscimento importante quello della Targa Tenco per il Cd Il cantante al microfono, ci racconti come è nato questo lavoro e perché.

Io avevo già lavorato ad un progetto su Vysotsky sempre per il Tenco nel 1994 e in quell’occasione avevo avuto modo di conoscere e cantare con la moglie, Marina Vladi, che è un’attrice francese molto famosa di origine russa (la chiamavano l’anti- BB). Proprio lei lo portò in Europa dove Vysotsky disse: “In Unione Sovietica non ci credono, ma almeno l’anima ce la lasciano stare, invece qui in Occidente col denaro corrompono pure quella”. Questo personaggio quindi, mi era entrato un po’ dentro: un ribelle assoluto, un uomo che era contro il tallone del potere, contro questo totalitarismo che schiacciava l’anima del popolo, che però era anche contro la codardia, il luogo comune, il conformismo. L’anima di questo personaggio così intenso, così potente, questo attore, questo poeta che poi fu censurato in maniera atipica, e cioè con l’indifferenza (non veniva pubblicato), è riuscita ad uscire fuori lo stesso per vie trasversali e mi ha raggiunto. Io mi sono innamorato di questa personalità fuori dagli schemi, del ribelle che non può neanche fare a meno di esserlo, perché sento molte affinità: una sorta di vulcano dentro che porta a dire la verità anche quando non conviene, ad arrabbiarsi anche quando non si dovrebbe. Quando mi hanno chiamato i musicisti di Sentieri Selvaggi, questo importante ensemble di musica classica che non pensavo neanche sapesse della mia esistenza, mi sono rimesso a studiare (insieme a mia figlia di 9 anni che da 4 studia violino), e ne è venuta fuori una delle più belle esperienze della mia vita, con un risultato grandissimo per un disco fatto con pochissimi mezzi e con tantissimo amore.

Progetti, sogni e aspirazioni per il futuro?
Adesso sto per pubblicare il Dvd del mio lavoro teatrale che porterò in tournée questo inverno, che si chiama sUono, che parte proprio da questo fatto di essere nato all’interno di uno strumento musicale (mia madre…) che in un certo senso è un po’ come una “condanna”…

Un pensiero/saluto…
Devo dire che sono stato molto colpito dal MArteLive lo scorso anno quando vi ho partecipato: mi è molto piaciuto davvero. Per me è stato bellissimo vedere questa riunione di talenti. Quello che posso suggerire ai giovani che si avvicinano al mondo artistico, è di non cercare mai la via facile. Questa è un’epoca in cui il Satana dell’arte è la televisione, ci sono tante lusinghe a fare della brutta arte, della non arte, della quasi arte ed invece l’arte è una cosa sacra, seria, importante. Donare bellezza al mondo è meraviglioso, così come è importante non accettare il brutto. Bisogna ricominciare ad educarsi al bello…

Lascia un commento