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La scuola del riscatto

[CINEMA] 

“Non Tacere!”. Il documentario che racconta la storia vera della Scuola 725
“Sul finire del 1968 accadde un fatto strano che segnò una svolta nella nostra vita.
Abitavamo nelle baracche dell’acquedotto Felice, un tugurio di miseria dove viveva un’umanità che le istituzioni e i cittadini avevano lasciato fuori dalle mura della città. Non c’era elettricità né acqua che, pur copiosa passava sulle nostre teste. La città era assente.

Un giorno ci venne incontro un prete con la valigia.
Chiese come ci chiamassimo e ci disse che in una baracca avrebbe aperto
per noi una scuola. Ma avvenne un fatto cui nessuno di noi pensava.
Alle cinque del pomeriggio quando, finiti i compiti, ci preparavamo a “rimbaraccare”, il prete fece accendere dai suoi collaboratori alcune candele in più e noi pensammo che ci avrebbe fatto dire il rosario.
Invece aprì un libro: Americani e Vietcong.
Da quel momento, in quella baracca 3×3, che era stata di Rita, nasceva la “Scuola 725”, la scuola del nostro riscatto.”

Non tacere!. Potrebbe essere un grido da rintracciare nella sceneggiatura di un film neorealista degli anni ’50. Oppure il bollettino letto, vissuto e poi bruciato per nascondersi da uno dei tanti regimi che hanno tempestato la storia del secolo scorso.
E invece no! “Non tacere” è un film-documentario, che probabilmente vedremo tra qualche tempo in RAI (Rai Educational sta trattando l’acquisto dei diritti) che racconta la storia molto più recente e difficile di un’esperienza di vita vissuta a fianco dagli emarginati negli anni’60 e ’70 nella periferia romana.
Protagonista della storia vissuta tra le baracche dell’Acquedotto Felice (bel nome per una storia così dura no?) è don Roberto Sardelli, un prete, che come tanti altri eroi della nostra storia ha sfidato le nomenclature ecclesiali e politiche si è messo a fianco degli ultimi diseredati creando la “Scuola 725” (www.notacere.org). Con un’esperienza vicina a quella di don Milani, il “priore di Barbiana”, don Roberto Sardelli ha illuminato la vita di quelle baracche con un sospiro di speranza e grazie alla cultura.
Alla ricerca di un riscatto, i bambini dell’acquedotto Felice erano “costretti” ad andare a scuola anche di domenica, anche a Natale, come spiega nello splendido documentario don Roberto, proprio per recuperare il gap che avevano nei confronti di chi aveva la possibilità di essere inserito all’interno della società. Cultura come espiazione dai mali della vita quotidiana. E la contrapposizione tra le immagini in bianco e nero degli anni ’60 e quelle odierne, ci rende partecipi della grande occasione regalata a quei ragazzi, oggi tutti impegnati nella società, anche in posizioni di rilievo.
In questo numero di MArteMagazine in cui si parla di recupero di spazi industriali per regalarli all’arte e alla cultura ci sembra quantomeno giusto segnalare questa bella storia di recupero culturale di vite che grazie alla conoscenza hanno avuto la propria rivincita.
E in tempi di Pensiero Unico (anche in campo ecclesiale ne abbiamo l’esempio in questi giorni), storie come queste aiutano a farci entrare in mondi difficili ed eroi della quotidianità che spesso non vengono raccontati appieno, ma che esistono. Anche oggi, esistono.. .

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