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Il ”fenomeno Harry Potter”: : moda/mania o letteratura per ragazzi?

[L’ILLETTERATA]

Cari Lettori, prendo spunto questa settimana per la mia rubrica da un approfondimento uscito su La Repubblica lo scorso 21 gennaio: I libri che i nostri figli devono leggere. L’argomento di suo già era abbastanza interessante, nel senso che trattava di un problema reale, che è quello dell’attuale calo dell’attaccamento alla lettura da parte del pubblico dei giovanissimi (dove per giovanissimi si intende il mercato fino ai 16 anni), ma in più citava un elenco stilato dal Daily Telegraph, famoso giornale britannico, dal titolo: I 100 libri che ogni bambino dovrebbe leggere, che mi ha davvero conquistata.

Il pensiero è volato subito ai titoli che quando io ero piccola mi hanno conquistato il cuore e consacrata come lettrice assennata e vorace di mostri sacri della letteratura per ragazzi e non solo. Successivamente ho cominciato a ragionare su cosa, oggi, la letteratura offra ai giovani che si avvicinano per la prima volta ad un libro e su come potrebbe riuscire a conquistare il loro interesse. Da qui a pensare al “fenomeno Harry Potter”, il passo è stato decisamente breve.
Una premessa è d’obbligo: io, personalmente, amo il fantasy, così come amo i romanzi di avventure, i romanzi d’amore, le letture impegnate, i Grandi Classici della letteratura mondiale, i gialli, i noir, i saggi, eccetera eccetera, quindi questo fa di me una cliente ideale, almeno apparentemente, perché sono davvero inesauribilmente desiderosa di leggere tutto il leggibile in circolazione, però sono anche una persona molto informata in materia (la laurea in letteratura italiana servirà pure a qualcosa, no?) ed estremamente precisa, quasi maniacale: un libro per essere un buon libro, aldilà della critica, delle vendite, o della storia della letteratura, deve avere quel quid in più, quella forza magnetica di attrazione che deve catturare il lettore medio, di suo molto distratto dal mondo reale.

Ritorniamo però ad Harry Potter. Vi confesso che qualche anno fa, quando questo fenomeno modaiolo iniziò, ero piuttosto scettica, ancora presa com’ero da tutta quell’affascinante letteratura per l’infanzia che mi portavo dietro. Eppure, sebbene scettica, ma sempre convinta che, per combattere il nemico bisogna prima conoscerlo, mi sono lasciata convincere a leggere almeno il primo volume della saga del maghetto di Hogwards.

Ragazzi, incredibile! Non ci potevo credere neanche io, il libro era scritto bene! Trama avvincente, dialoghi ben costruiti, la storia non solo stava in piedi ma si reggeva benissimo sulle sue gambe e, soprattutto, c’erano delle trovate nei nomi delle cose o degli incantesimi che erano davvero un inno giocoso alla fantasia (…e alla traduzione! Vi ricordo infatti che il libro è scritto originariamente in inglese e che quindi grande merito va anche all’opera di traduzione in italiano). Sono rimasta di stucco ed ho continuato a leggere gli altri libri della serie, forse con l’intento di trovare una caduta di tono che potesse confermare ancora una volta la mia convinzione che le mode tendono a livellare l’intelligenza umana e ad appiattirsi da sole con il passare del tempo. Quello che è accaduto però è che, al di là del fatto che, magari, ci può essere stato un episodio che mi è piaciuto di più o di meno, ben lungi dall’annoiarmi, il risultato è stata un’incredibile voglia di arrivare a scoprire che cosa sarebbe accaduto poi, insomma il classico: “ma come finisce allora?”. Giuro che non ci potevo credere neanche io, perché tendenzialmente sono immune ai fenomeni mediatici, che rifuggo come la peste. Eppure il giovane Harry Potter ha conquistato anche me e, devo dire, ho letto l’ultimo libro in un soffio.

Sicuramente la cosa che aborro è il fenomeno di marketing spinto che ha accompagnato nel corso del tempo tutta la saga, la pubblicità/ gossip, la fuga di notizie e l’isteria che ha accompagnato l’uscita dei libri della Rowling, portando a code di fronte alle librerie o a spintoni per accaparrarsi una copia dell’ultimo uscito, ma posso dire con sicurezza che se la paura è quella che i bambini possano perdere definitivamente la voglia di leggere o si lascino usare dalla televisione e dai videogiochi, perdendo la capacità di immaginare, allora Harry Potter può rappresentare una speranza. A tutti quelli che hanno avuto la compiacenza di dirmi che non se lo sarebbero mai aspettati da me, ripeto: il problema è che ho letto un libro pensato per i ragazzi o che mi sono “piegata” alla moda del momento? La fantasia, per fortuna, non ha età, altrimenti non sarebbero mai esistiti capolavori come Il Signore degli Anelli di Tolkien o Le nebbie di Avalon della Bradley, e le mode, quando sono solo mode passano, mentre le parole scritte quando hanno un loro fondamento, un ruolo che va oltre quello delle vendite, restano. Harry Potter è un inno alla pura inventiva, all’immaginifico mondo della magia che, da sempre, esercita un’attrattiva molto forte sull’immaginario umano, è un buon libro per ragazzi o anche per adulti che vogliono ogni tanto tornare un po’ ragazzi, e quindi, pazienza che sia anche una mania dovuta ad una moda del momento, sono convinta che resterà negli annali della letteratura per ragazzi, proprio come Il Giornalino di Gian Burrasca che amo tanto. In ogni caso, al di là di questo, se promuoverlo prima e leggerlo poi, sarà anche solo servito a convincere qualche giovane zuccone a dedicarsi alla lettura non impegnata e, magari, ad avvicinarlo poi ad altro, non sarà comunque una partita vinta con l’ignoranza? La letteratura è impegno, sì, ma non solo, a volte può essere anche puro e semplice divertimento!

N.B. Vi ricordo che i sette libri della saga di Harry Potter, scritti dall’autrice inglese J. K. Rowling, sono pubblicati in Italia dalla Salani Editore.

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