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Tracks&Chips, fotografie interne di Fabrizio Borelli

[ARTI VISIVE]

Un nuovo luogo dell’arte a Roma, Spazio Officina 468, ha accolto, fino al 30 dicembre 2008, le tracce fotografiche di Fabrizio Borelli.
Spazio Officina 468 è una delle risposte romane alla riqualificazione cittadina: Jeanne Stavropoulou Rossi ha dato vita ad un esperienza artistica in un’ex fabbrica. Non si è usata una metafora, la Spazio Officina 468 è l’officina d’arte di Art Experience, associazione culturale che si dedica all’arte emergente con uno spirito nuovo e tradizionale.

L’innovazione sta nel fatto che lo sguardo è rivolto all’arte contemporanea e alle nuove tendenze artistiche, quelle non canalizzate o inquadrate in uno stile preciso, ma il modo in cui ci si muove è tradizionale perché è consuetudine di chi ama l’arte cercare il nuovo e accoglierlo come una benedizione.

Sulle grandi tele di carta cotone, i colori di Borelli non servono a dare una risposta chiarificatrice. Non ci sono chiari contorni, non immagini precise, eppure, sono lavori di ricerca e introspezione, dove i particolari vengono riprodotti per trovarne un senso.
Come se il particolare potesse dare una risposta e una nuova lettura, così si radiografa l’erotismo di un morbido fondoschiena che perde ogni sua voluttà per rimanere solo un profilo tondo.
Lo stesso viene fatto con l’encefalo, la sede dei pensieri, il cervello viene come cancellato, viene considerato esclusivamente il suo involucro, ma l’atteggiamento di Borrelli nella creazione di queste immagini, volutamente pop, è quello di smitizzare, come se la riproduzione forzata spiegasse l’inutilità di alcuni elementi cardine del nostro tempo: il sesso, il pensiero oggettivo come lettura unica del mondo, angoli cittadini e lati del corpo che perdono il loro significato, come accade al soggetto che si muove in un turbinio nero, quello della metropoli, per essere un colore tra i molti, un colore assorbito nel nero.
Nei lavori di Borelli non intravediamo il suo quotidiano di regista televisivo, ma forse, le sue immagini decontestualizzate riportano ai pensieri surreali di Tarkovskij, con cui Borelli ha lavorato in passato. Del resto, avere collaborazioni con personaggi come Olmi, Scola e Comencini non può non influire nella ricerca estetica di un artista come Borrelli, che pare assorbire le tendenze di un’arte, che è cambiata negli anni ’60, trovando nuovi modi di dire e mediando nuove espressioni linguistiche e concettuali. Adesso, Borrelli riprende quella ricerca per spiegare l’uomo di oggi. Si tratta della riscoperta di una tecnica non passata né superata, ma dell’utilizzo di un linguaggio che ora si può definire classico.

La fotografia sappiamo non rispondere ad oggettività, è manovrabile dal pensiero e da manualità tecnica, per spiegarsi poi in semplici parole, scritte con calligrafia infantile, come se il pensiero più semplice, quello di un bambino, potesse spiegare meglio una visione; questa la “traccia” nuova di Borelli, che ritorna con una mostra di “frammenti” in uno spazio che accoglie nuovi pensieri e nuove iniziative.

Trackschips. Opere fotografiche di Fabrizio Borelli
A cura di Manuela De Leonardis @ Spazio Officina 468, via della Lega Lombarda 48-Roma
Tel. 06 44341081, www.spazioofficina.it 

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