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Davvero non e’ vita da timidi?

[L’ILLETTERATA]

evakentChe domanda difficile! Così sostiene Andrea Rezzonico, nella sua opera prima: Non è vita da timidi, edito dalla Iacobelli. Sicuramente i protagonisti di questi undici racconti sono l’opposto di coloro che siamo abituati ad incontrare nelle rubriche gossippare dei rotocalchi. Sono goffi, insicuri e impacciati, e le loro vite sono raccontate con profonda ironia dall’autore che ha uno stile ed un tipo di umorismo che ricordano molto Groucho Marx e Woody Allen (entrambi presenti nella copertina insieme a Jannacci e a Cochi e Renato).

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Quando i muri possono parlare: Ulster

[TRIP: NOTE DI VIAGGIO]

viaggiQuando si dice “se i muri potessero parlare”! Eppure in Irlanda del Nord lo fanno, eccome…
Al pari di tutti i conflitti cronici dove la penosa conta dei morti da una parte e dall’altra non fa altro che alimentare rancori e fomentare vendette, anche la questione nord-irlandese è una ferita dura a guarire.

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Cinema senza confini

[CINEMACITTA’]

Alessia_GrassoiQuando si vive in un posto come Catania è difficile avere una totale prospettiva della mondanità cinematografica.
Seppur vi siano stati girati innumerevoli film, come Il Padrino di Coppola, La storia di una Capinera e il famoso Divorzio all’Italiana di Germi, non è per niente facile sentirsi coinvolti in quel tipico mondo da Star che tanto amiamo.

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The Hysterics: Independent Fashion Show

[DIMODA&DEMODE’]

ileniapolsinelliAnche quest’anno, per una settimana la Capitale detta moda: stiamo parlando di Roma Alta Moda, quella delle grandi griffe, di abiti gioielli, di stilisti ormai considerati dei geni del settore.
Eventi, sfilate, rassegne, ma la moda non è solo glamour per pochi eletti. Parallelamente Roma offre, fuori dai circuiti convenzionali del fashion business, l’evento nazionale che ormai è una vetrina importante per stilisti innovativi: The Hysterics Independent Fashion Show.

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Il ’68 in una bocca

[GRAFFI(A)TI AD ARTE]

shibaFino alla scorsa settimana nella Galleria One Piece Art, vicolo Orto di Napoli 5, c’era posto per una bocca. Una bocca in bianco e nero, opera di un giovane Pino Settanni che ha ritrovato e riscoperto questi scatti grazie all’amico Gianpiero Mughini, che ha fortemente voluto questa mostra.
In quella bocca è facile vedere l’immaginario di un ragazzo, appena venuto fuori dall’adolescenza, che sa descrivere nell’imperfezione di un dente rotto e nella morbidezza di due labbra semplici il massimo della sensualità.

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La nonna di Johnny al rogo del music-hall con le smanie dark

[IL_7 SU… ]

il7Dennis Bertolini trae la sua forza dalla capacità di mettere in commedia quello che per molti è grave come la morte del gatto, ovvero la taglia ridotta dello Stivale, che, essendo bagnato, dentro la tomaia s’è tutto accartocciato, e mica da ieri. La sua insofferenza per le calzature vecchie e usurate (‘Mi sta stretto lo Stivale’) ben si concilia però con la sua tendenza a bistrattare le debolezze umane col sorriso malinconico di canzoni che, sotto forma di favola, suggeriscono ansie concrete.

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Quel Cinema fatto di Illusioni

[CINEMACITTA’]

Alessia_GrassoiOgni grande numero di magia è composto da tre atti: la prima parte viene chiamata la Promessa, l’illusionista ti mostra qualcosa di ordinario, un mazzo di carte, un uccellino o un uomo; ti mostra questo oggetto, magari ti chiede di ispezionarlo, di controllare se sia davvero reale, inalterato o normale, ma ovviamente è probabile che non lo sia.
Il secondo atto è chiamato la Svolta, l’illusionista prende quel qualcosa di ordinario e lo trasforma in qualcosa di straordinario. Ora voi state cercando il segreto ma non lo troverete, perchè in realtà non state davvero guardando, voi non volete saperlo, voi volete essere ingannati. Ma ancora non applaudite, perchè far sparire qualcosa non è sufficiente, bisogna anche farla riapparire. Per questo c’è sempre un terzo atto, il più arduo, ciò che viene chiamato il Prestigio, dove succede l’inaspettato e si assiste a qualcosa che non si era mai visto prima d’ora
.”, ogni Mago conosce i suoi trucchi, il sistema migliore per toccare le debolezze visive di noi spettatori, rendendoci come dei veri e propri burattini nelle loro mani.
Il nostro caro Michael Caine ne sa qualcosa, perché è lui che in The Prestige si elegge come primario narratore, introducendoci negli oscuri meandri dei trucchi di prestigio, nella rivalità tra i due illusionisti Hugh Jackman e Christian Bale.The Prestige, diretto dal “cavaliere oscuro“ Christopher Nolan, è solo il primo di una serie di pellicole che tratta un tema così affascinante come quello dell’illusionismo, basato sul l’omonimo romanzo di Christopher Priest.

E se ci pensiamo bene, l’illusionismo in sé, posto su un grande schermo, si lega inevitabilmente a quella che è l’arte cinematografica.
Il paragone si fa palese e necessario, perché il cinema come una magia si fa gioco di noi spettatori, pronto ad uscire, d’improvviso, i suoi colpi di scena migliori: ed è così che, la spiegazione di Caine circa i grandi numeri di magia, si confonde con il potere della pellicola stessa, capace di dividersi in tre unici atti.
Peccato che, simili lungometraggi, non interessino spesso il comune spettatore, non almeno quanto i veri spettacoli di magia dal vivo: perché The Prestige, seppur possegga una regia impeccabile, non è stato in passato premiato, risultando un vero flop quanto il suo acerrimo rivale The Illusionist.
L’illusionista, diretto da Neil Burger, presenta un cast di tutto rispetto: dal nostro amato Edward Norton, al “Man In The Water” Paul Giamatti, fino al poco ed ingiustamente considerato Rufus Sewell (quando invece sarebbe perfettamente dimenticabile una Jessica Biel), rinchiuso nei soliti ruoli di cattivo-insulso, ben lontano dal gotico Dark City del ‘98.

I due film, a loro modo, hanno cercato di riportare a galla quel genere che Orson Welles, nel lontano 1974, rese un vero e proprio collage artistico, con il nome di F for Fake.
L’ultima opera di Welles ci mostrò come il cinema stesso non fosse altro che un’intera illusione, tramite le proprie maschere, i propri giochi d’astuzia e quei racconti che si distanziavano così tanto dalla realtà di tutti i giorni.
Welles era il nostro illusionista per eccellenza, che fin dai tempi di Citizane Kane (Quarto Potere), portò lo spettatore a perdersi nei suoi piccoli giochi di prestigio, tra montaggi, luci e percorsi narrativi degni di un vero mago professionista.
Perché è spesso difficile parlare di illusioni in un’illusione stessa come il cinema e pellicole come The Prestige e The Illusionist, si assumono il compito non solo di narrare le vicende drammatiche di una serie di personaggi ma anche di trasformare il racconto in una metafora vivente della menzogna e della distorsione della realtà.

A quanto pare un obiettivo molto diverso da quelle pellicole che, invece, tentavano semplicemente di narrare le vicende di grandi prestigiatori come “Houdini”, in assoluto il più gettonato con l’ultima delle pellicole del 2007 diretto da Gillian Armstrong e con protagonisti Guy Pearce e Catherine Zeta Jones, dal titolo Death Defying Acts, ovvero Houdini, l’ultimo mago.
Un corpo diviso a metà, una persona che sparisce dentro una cassa e conigli che saltano fuori da lucidi cilindri neri, sono ciò che ci avvicina di più al desiderio del paranormale.
Ma ciò che ci viene sempre ricordato è che un trucco di magia è sempre basato sulla scientifica razionalità e va ben lontano dalle magiche fantasie che fanno sorridere così tanto i bambini: c’è sempre una spiegazione più che plausibile nei numeri mostrati al pubblico e l’unica astuzia possibile è quella di ipnotizzare lo spettatore secondo il proprio volere.
Che sia realtà o finzione, razionalità o magia con tanto di bacchetta fatata, quello che piace a noi è sognare oltre ogni limite d’immaginazione, spalancare la bocca e stupirci di fronte all’impossibile, cercando una spiegazione che per noi non esiste.
E’ di questa materia che è fatto il cinema stesso e che tratti o meno del tema stesso della magia e dell’illusione, ci lasciamo abbindolare dalle sue storie e dai suoi scioccanti colpi di scena.

Quel pasticciaccio brutto chiamato magia…

[STRIP-TEASE: FUMETTI MESSI A NUDO]

diegociorraImmaginate di dover fare un censimento dei personaggi magici apparsi in una storia a fumetti: domani mattina vi trovereste una coda fuori la porta lunga da qua alla Cina. E non in fila indiana, ma a due a due!
Il punto è che parlare di magia significa dire tutto e niente, vuol dire includere quella bianca, quella nera, gli animali parlanti delle favole, gli amuleti che trasformano ragazzine acerbe in ammiccanti cantanti da disco d’oro, i regni fantasy e i demoni dei gironi infernali, che di sicuro non sono scienziati.

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Il magico mondo di Esperia

[L’ILLETTERATA]

evakentMi chiamano dalla redazione e mi dicono: “che cosa ti fa venire in mente la magia?”. E’ un parola mi verrebbe da rispondere, non perché mi manchino le idee, piuttosto perché mi servirebbe una rubrica a puntate per poterne parlare come si deve, in modo esaustivo, completo, senza tralasciare nulla. Però, eccomi qua a prendere una decisione che spero non sia impopolare: impalmare l’articolo della mia rubrica alla causa di un libro appena uscito che, a modo suo, mi ha fatto venire in mente più e più volte la parola magia.

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Arte bevuta all’happy hour

[GRAFFI(A)TI AD ARTE]

shibaDi certo a Roma non ci si chiede: è domenica, cosa faccio? Non vi chiuderete in casa davanti ad un computer, voglio sperare! Io consiglio: una buona conversazione, un aperitivo e soprattutto arte. L’arte fa sempre bene allo spirito e al cuore, anche quando non rientra nelle nostre corde, anche quando ci sforziamo di trovarci un senso.

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