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Quel pasticciaccio brutto chiamato magia…

diegociorra
[STRIP-TEASE: FUMETTI MESSI A NUDO]

diegociorraImmaginate di dover fare un censimento dei personaggi magici apparsi in una storia a fumetti: domani mattina vi trovereste una coda fuori la porta lunga da qua alla Cina. E non in fila indiana, ma a due a due!
Il punto è che parlare di magia significa dire tutto e niente, vuol dire includere quella bianca, quella nera, gli animali parlanti delle favole, gli amuleti che trasformano ragazzine acerbe in ammiccanti cantanti da disco d’oro, i regni fantasy e i demoni dei gironi infernali, che di sicuro non sono scienziati.

Tale incredibile versatilità, anche narrativa, dell’elemento magico è ravvisabile nel modo in cui con grande disinvoltura vi si ricorre all’interno delle storie.
Sia che si tratti di un racconto di cappa e spada, di un fumetto fantascientifico o di uno storico Asterix, sia che si legga di lotte eterne che intrattengono grandi e piccini –Amelia la strega che ammalia riuscirà mai a fondere il mitico decino nel Vesuvio?- o di immaginifici viaggi in cui amano perdersi anime più mature –Corto Maltese, ma anche Le avventure asiatiche di Giuseppe Bergman– la magia è la spezia esotica che rende tutto più gustoso ed imprevedibile.

La magia offre inaspettate vie di fuga da trame troppo scontate, suggerisce spiegazioni a fenomeni scientifici poco plausibili, e riesce addirittura a cambiare il destino dei personaggi più celebri: è storia di questi mesi l’ardita manovra che ha restituito ad uno degli eroi disegnati più conosciuti del mondo la giovinezza perduta o, tradotto in termini di marketing, un background vicino a quello cinematografico che lo ha reso ancora più iconico. E’ bastato poco, uno schiocco (magico) di dita e il più umano dei supereroi non era più sposato, alla faccia della Sacra Rota e di tanti fans sparsi per il mondo che erano cresciuti insieme a lui, anche con il matrimonio.
Al di là di forzature eclatanti come queste, è purtroppo evidente che molti autori pescano nell’infinito repertorio del soprannaturale in maniera confusa e superficiale. Nel caso dei manga giapponesi possiamo però affermare che, anche se spesso l’elemento magico è dato senza ulteriori spiegazioni, questa naturalità del suo utilizzo è forse un indizio di come il mondo soprannaturale sia parte della loro esistenza in forma meno sublimata della nostra, e che parlarne significhi in sostanza parlare della propria storia. Anche quando i mangaka si concedono licenze poetiche al riguardo, i loro lavori trasudano rispetto per le proprie tradizioni e per la propria cultura.

Guardando alla produzione a stelle e strisce, per trovare un approccio più serio “alle oscure materie” bisogna citare i soliti noti, Alan Moore o Grant Morrison, per i quali le arti esoteriche rappresentano una forte passione, e magari qualcosa di più. Moore ad esempio, oltre ad essere uno dei migliori scrittori di fumetti viventi, si è autoproclamato sciamano al compimento dei suoi 40 anni e pare che consideri Glycon, una divinità serpente romana, il suo nume tutelare…
Inquietante ma poliedrico, anche nelle sue opere a fumetti lo scrittore di Northampton infila riferimenti mistici ed escatologici che diventano un velato sottotesto che sfugge ai meno attenti, tranne quando non diventano il focus della storia come in Promethea, uno dei suoi personaggi più riusciti. La serie narra di una dea che abita l’immateria, cioè il luogo ove miti, paure, sogni e desideri dell’uomo prendono forma e talvolta sostanza, sopravvivendo a chi li ha generati, e che condivide uno speciale legame con una donna newyorkese che crede in lei. Il fumetto è doppiamente interessante per come pone l’accento sul rapporto tra magia ed espressioni linguistiche, sul ruolo che gioca il linguaggio nel produrre sulla realtà gli effetti magici, quasi una teoria degli atti linguistici mistica invece che filosofica. Promethea è un anagramma di metaphore, e Moore in un episodio arriva ad individuarne almeno altri 20 diversi, mischiando il latino con l’inglese e le opere d’arte con i tarocchi, perché l’essenza della magia è invisibile agli occhi ignoranti, sembra essere questo il suo messaggio.

Piccola nota finale sul mago più celebre delle strip, almeno per antonomasia: Mandrake!
Anche se le sue gesta a fumetti, risalenti addirittura al 1934, sono praticamente sconosciute ai lettori di oggi, il 2009 con molta probabilità vedrà il ritorno in grande stile del prestigiatore in frac e cilindro creato da Lee Falk e Phil Davis. Quando nelle sale cinematografiche sbarcherà il lungometraggio in cui a vestirne i panni è stato chiamato Jonathan Rhys Meyers, come d’incanto vecchie e nuove avventure saranno nuovamente disponibili per i nostri occhi.

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