InVolo
[ARTI VISIVE]
ROMA- La seconda mostra collettiva del ciclo 100%periferia, ospitata nei locali della Biblioteca Borghesiana, in Piazzale Monreale, Roma Casilino, è dedicata al tema del volo.
E per chi risiede in zona Prati o a Casalotti indubbiamente raggiungerla richiede un volo pindarico, perché il conservatorismo urbanistico delle vie di terra pone innumerevoli ostacoli, in termini di sciami a flusso lento di veicoli, lungo un percorso che muove verso la mostra, che a sua volta mira al congiungimento idealistico della voglia d’Arte con le condizioni spirituali di vita dell’Homo Casilinus. Infatti la manifestazione, che durerà per tutto il mese di Ottobre, ha come obiettivo primario l’ani-mazione culturale di quella Roma Est che spinge per far scoprire i suoi tesori, come testimoniano i ricchi e massicci lavori in corso per la costruzione forse di nuove linee profumate della Metro-politana.
L’ingegno umano, da Leonardo Da Vinci ai fratelli Wright fino agli ideatori dei petardi aerospaziali, si è lungamente speso per far conseguire al bipede di specie sapiens il brevetto di essere volante al pari di angeli ed uccelli. Non soddisfatto di provare grandi sensazioni di libertà con una Harley Davidson, infatti, l’uomo ha spinto per potersi dotare di ali già durante la sua vita terrena, senza aspettare di entrare, post mortem, tra le schiere dei cherubini. Alcuni hanno visto della ubris, dell’empietà, in questa volontà di scagliarsi artificialmente verso gli spazi celesti, e molti lo hanno pagato con la vita (pensiamo all’equipaggio dello Shuttle esploso in volo), tuttavia, come metafora, questo incessante anelito a qualcosa di superiore, a spazi liberi da solcare a corpo libero, vale come interpretazione poetica delle aspirazioni al miglioramento, anche di chi è incatenato alla propria vitaccia da cani, o perfino come interpretazione, ancora, del desiderio di riconoscersi come parte di un assoluto di cui non ci sentiamo mai sufficientemente pervasi.
Ecco allora che, in questa mostra, i talenti di diversi artisti concorrono, con slanci che sono com-plici l’uno dell’altro, a porre le loro diverse inclinazioni al servizio di uno sforzo comune, che è umanamente patetico, nel senso migliore ed etimologico del termine: uno sforzo che commuove, creando un pathos che già da solo si solleva al di sopra di qualunque cavalcavia, raccordo o tangenziale.
Elizabeth Frolet mette in relazione l’essenzialità di pochi segni tracciati col pennello, con la finitezza fisica di una mente, limitata alla testa. Questi segni su carta si scompongono, alla fine della “sequenza”, in due-tre tratti “volanti” sul bianco del fondo, mentre nel video diventano la cornice in cui si inscrive l’intreccio lirico dei rami d’un albero spoglio, il volo d’uno stormo numero-sissimo, ed anche dei ritratti: una donna, una bambina, un uomo, tutte parti d’un pensiero che si staglia in sovrapposizione con la realtà, determinando l’intensità del desiderio di mettere in con-sonanza l’umanità con la natura, in una trascorrenza lieve di simbologie accennate che escono dalla loro gabbia.
Donatella Giordano (anche curatrice della mostra), sostanzialmente fedele alla sua ricerca sul tema della ferita, che risale ai tempi del suo diploma all’Accademia, propone alcune delle sue opere più note insieme ad altre, ugualmente pregnanti, che impongono all’osservatore la severità incisa con tratti a penna (!) di visioni oniriche e tormentate che si addicono ad un incappucciato vissuto in Bretagna nel 1200 ma anche a tutti coloro che necessitano di un intervento tauma-turgico per sanare i segni più profondi del destino e visualizzare le forze che tarpano loro le ali. Il tratteggio sottile e metodico della giovane artista definisce atmosfere magiche e plasma corpi che emergono da quell’ombra in cui ricadono i voli tentati quand’era troppo tardi, valga come esempio quello dell’avvoltoio che con il becco trascina per la pelle del collo una creatura ormai inerte, sua facile preda. Esorcismi gotici contemporanei, voli dentro grotte dell’anima, che presumibilmente non spaventano più di tanto i giovanissimi allievi di Donatella, apprezzata insegnante, abile a far passare le sue incursioni negli angoli più oscuri della metafisica come atti di magia degni di una streghetta amica di Harry Potter.
Andrea Liberati, autore di numerosissime poesie epigrammatiche, in questa occasione ha in-teragito nella maniera più lieve ed aerea possibile con le opere di D. Giordano (presenti nella stessa sala), cioè lanciando verso quella parete una serie interminabile di aeroplanini di carta, confezionati con disinvoltura dall’artista, instancabile nello strappare pagine da una rivista e piegarle secondo il canonico schema suggerito dall’enciclopedia on line Wikipedia, stampato ed appeso come se fosse il progetto estetico-ingegneristico originale di un Cessna. Peraltro, Libe-rati, aduso ad interpretare i contesti con delicato esistenzialismo, con ironica vivacità commisu-rata al suo pizzetto vaporoso ci confessava che i ragazzi della scuola coinvolta nel progetto 100%periferia si sono appropriati di quel momento ricreativo dimostrando una conoscenza anco-ra più avanzata delle tecniche costruttive di quei bolidi di carta. L’insistenza ludica con cui i mo-dellini si schiantavano numerosi contro la parete contrastava con la valenza quasi esoterica delle opere di D. Giordano, tanto più che alcuni di essi, legati a fili trasparenti pendenti dal soffitto, re-stavano appesi accanto ai quadri come alianti a cui fosse stato congelato l’attimo fuggente.
Donato Piccolo, artista più emerso che emergente, con il suo operato artistico insiste sulla di-mensione scientifica, biofisica e percettiva della condizione umana ma con un approccio concet-tuale che solleva emozioni forti perchè finisce con l’indagare sullo spostamento della soglia tra organico ed inorganico in relazione al noto testo di Perniola o a certa filmografia di Cronenberg. Notevoli i suoi manichini con, al posto della testa, bacheche piene di un circuito di nebulizzazio-ne ad ultrasuoni, che produce nella teca una condensa che provoca una piccola pioggia sopra un uovo. In questa mostra ripropone invece le due pagine de: “Il giornale di un solo giorno”, da lui a suo tempo distribuito in seimila copie grazie a ragazzi che bussavano personalmente alle case di critici, galleristi, giornalisti, sbattendogli sotto il naso in prima pagina il resoconto di una perfor-mance in cui lui si lanciava da un secondo piano (non senza la collaborazione di stuntmen professionisti), ispirandosi al “Salto nel vuoto” compiuto da Yves Klein nel 1960.
Bibiana Carusi, soprano nata in Svizzera da genitori italiani, ha studiato a lungo flauto traverso tra Svizzera e Italia, ma ha anche impostato la dizione e appreso nozioni di recitazione che le permettono di dar fondo alla sua vena di interprete quando si lancia in improvvisazioni trasversali tra classica, jazz e celtica che possono felicemente connotarsi come spigolature progressive, vi-sta l’influenza esercitata su di lei da Ian Anderson dei Jethro Tull. La sua performance musicale il 9 Ottobre scorso è consistita in una modulazione ben scandita dell’ugola, intarsiata con note di cristallina acutezza, e sincopate, nella loro sorprendente emissione, con una stilizzazione liberty morbidamente geometrizzata nello schema; il tutto ricordava programmaticamente il canto degli uccelli e si richiamava al compositore Olivier Messiaen, la cui passione per gli uccelli ne fece un osservatore più attento di qualunque ornitologo fischiettante, un po’ come Bibiana si pone quale donna-usignolo gorgheggiante e dalla soave teatralità ben oltre qualsiasi fringuello cinguettante.
Edoardo Aruta, che ha al suo attivo, oltre al diploma all’Accademia, anche studi che vanno dalla meccanica all’incisione, e dalla fotografia all’ebanisteria, conduce una ricerca che unisce all’estro individuale delle valenze alchemiche, e che potrebbe portarlo un giorno o l’altro alla elaborazione di una sfinge volante scolpita in pietra filosofale, capace di librarsi al di sopra di piramidi capovol-te in bilico sopra spirali di D.N.A. Questa volta si è limitato a disporre sul pavimento degli aquiloni dalla forma non banale, composta da tre parallelepipedi forati ciascuno e costruiti con bastoncini di bamboo. La realtà funzionante di questi dispositivi della fantasia si rifiutava tuttavia di obbedire alle leggi sfuggenti della finzione, cioè in questo caso di sollevarsi in volo sulla spinta del vento prodotto da due ventilatori, perciò l’installazione sembrava l’interno di un hangar favolistico in cui una flotta di sogni si è rifugiata dopo l’atterraggio all’alba. L’artista espone insieme a LaB21+.
Emanuele Beltramini, dopo l’esposizione fotografica nella mostra precedente del ciclo, ci intro-duce, con il video “INCIPIT”, ad un processo che nella sua circolarità continua, illustra l’evolu-zione dalla nascita alla crescita e al rinnovamento di una fanciulla angelicata dagli abiti prima-verili, le cui camiciette si sfila di dosso ripetutamente in un’azione sempre analoga ed ogni volta sovrapposta alla precedente, col risultato che, mentre a lei spuntano le ali, al pubblico dei gio-vanissimi vengono gli occhi rossi come diavoletti a furia di stropicciarseli di fronte al disve-lamento osèe del seno nudo della protagonista. Ma ci sono i telefonini per accaparrarsi l’imma-gine e dimostrare agli amichetti di non aver solo fantasticato di quell’incontro celestiale. E che male ci sarebbe? La signorina frattanto prosegue la sua opera di depurazione dal superfluo, rinnovando la sua pelle verso la vera essenza. Beltramini è diplomato scenografo all’Accademia di Roma e la sua essenza comunicativa oscilla tra l’analogico e il digitale come in un flickering vi-deo o un battito d’ali.
Da segnalare anche le creazioni degli alunni della scuola “F.Ferrara” che, sotto la guida di Eli-zabeth Frolet, hanno visualizzato degli esseri ibridi tra uomo e uccello usando non solo matite e pennarelli ma anche diversi materiali extrapittorici come piume, paglia e fiori secchi, applicati in collage sulla carta per ottenere degli assemblaggi audaci e poco “scolastici” che rimandano “a palla” a Max Ernst e al suo Loplop, e che, se non dovessero essere venduti, saranno di certo conservati da questi giovanissimi artisti per tramandarli ai loro nipotini invogliandoli ad andare a scuola.
Il_7 – Marco Settembre
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