Le città dell’esilio: l’arte tra passato e presente
[ARTI VISIVE]
La città è uno dei temi più ricorrenti nell’arte e spesso il rapporto che viene ad istaurarsi tra arte e città è talmente forte da suscitare intense emozioni sia per colui che trasforma tale rapporto in creazione artistica, sia per colui il quale si trova ad usufruire di codesto connubio.
Nella storia dell’arte la città non è solo il luogo in cui si celebrano i versi di un poeta, le vicende di un personaggio, tema tipico della letteratura europea, basti pensare alla Praga di Franz Kafka, alla Dublino di James Joyce o alla Sanremo di Italo Calvino, essa acquista un valore significativo soprattutto quando segna il passaggio da un’epoca all’altra, quando si lascia alle spalle un tempo passato per abbracciarne uno nuovo. Una rinascita o la fine di un’esistenza.
La città è al centro dell’espressione artistica contemporanea specie nel periodo che intercorre tra le due guerre mondiali quando l’intero movimento Futurista comincia a guardare alla città come il luogo dove celebrare la modernità che avanza e che calpesta le vecchie consuetudini. La città diventa il simbolo dell’incontestabile bisogno di libertà, di giovinezza, del fuoco che brucia l’ indecisione e la lentezza anche spirituale. Le città moderne si somigliano, hanno la stessa struttura, perseguono gli stessi obiettivi di sviluppo ma forse non nascondono lo stesso sentimento di rivalsa e di stupore come quelle città legate da un glorioso passato e una fratellanza vissuta dalle stesse persone in diversi periodi della vita.
Ci sono due città che sebbene separate da confini geografici troppo estesi hanno costruito un ponte vecchio più di cento anni, un ponte che ricalca la memoria di tutti coloro i quali vivono nel ricordo di un trapasso a quella vita migliore che brillava da lontano come una luce forte che schiaccia tutte le altre: Roma e Buenos Aires.
Non si può in poche righe cercare di spiegare un pezzo della storia di milioni di italiani che hanno lasciato Roma e tante altre città italiane per recarsi in Argentina, a Buenos Aires, ma l’arte è sicuramente quel ponte che ci consente di aggirare gli ostacoli e vedere muoversi quei sentimenti ancora freschi e vivi che hanno costruito il passato e continuano a plasmare il presente di chi ha scelto di vivere a Buenos Aires e Roma.
Due realtà urbane messe a confronto o ravvicinate attraverso la creatività di un artista, Ernesto Morales, il quale regala al nostro sguardo angolazioni definite da linee e contorni caldi su uno sfondo grigio catrame, quello delle ampie strade di Buenos Aires o quello delle costruzioni funzionali del quartiere EUR.
Due città che mettono a nudo il loro corpo per riscoprire quell’essenza naturale che non rimane intrappolata nel proprio passato, ma fa da eco a future prospettive.
L’opera che si apre ai nostri sensi è priva di esseri umani, non ci sono viandanti, non ci sono automobili impazzite nel traffico moderno dei futuristi.
Non c’è tristezza ma nemmeno vivacità, semplicemente tra i colori che danno forma ai paesaggi urbani si intravedono delle parole lievemente accennate su cui si innesta la figura dell’artista che racconta una storia, la storia di un argentino di origini italiane, la sua storia simile a tante altre che si nascondono dietro i muri, dietro i monumenti, dietro i nomi delle piazze e delle strade, nonché nell’anima tangueira che si nasconde tra i titoli delle sue opere.
Fino al 12 Dicembre la galleria Il Sole Arte Contemporanea di Roma ospita la mostra intitolata Le città dell’esilio, una grande vetrina del simposio tra arte e città e una riflessione sull’identità urbana su cui si fonda l’esperienza di Ernesto Morales.
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