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Dario Fo torna a Roma con un consiglio: Sotto paga! Non si paga!

[TEATRO]

E se davvero lo volessimo considerare un suggerimento e non solo una mirabile messa in scena della commedia Sotto paga! Non si paga! scritta e diretta da Dario Fo?
Incredibile, per chi nel ’74 non era ancora nato, sentire sul palcoscenico del Teatro Valle delle battute così attuali. E allora, visto e considerato che a farci riflettere è un insigne intellettuale come Dario Fo sarebbe forse opportuno non soltanto ridere delle rocambolesche avventure dei nostri protagonisti, interpretati in questa versione da Marina Massironi e Antonio Catania, ma ricordarci che la cultura è il mezzo che ci permette di mettere in discussione il nostro quotidiano. Quando furono Dario Fo e Franca Rame, sua compagna di vita e di lavoro, a portare in scena la commedia durante l’austerity degli anni ’70, alcuni ebbero il coraggio di dichiarare che quello che stava accadendo era ingiusto per le tasche degli italiani, ma nulla di clamoroso: solo qualche acquisto “sotto costo”. Alcune casalinghe milanesi uscirono dai supermercati con qualche pacco di pasta in più e tutte loro furono considerate non colpevoli perché il fatto non costituiva reato visto che i prezzi stabiliti dagli esercenti erano fuori misura. Proprio come la cara Antonia che si trova coinvolta in una irreale rivolta delle casalinghe disperate, non per fantomatici mariti infedeli, ma perché impossibilitate a pagare le bollette di luce e gas in aumento, come le rate del mutuo; esaurite perché ingabbiate come polli da batteria in un Call Center, senza un giorno per malattia o un contratto di lavoro che si possa definire tale.

Alcuni parlerebbero di populismo, ed è vero! Perché ciò che sul palco ci pare grottesco è invece solo popolare, è solo vita di tutti i giorni. Discorsi sentiti durante la fila al supermercato sui prezzi che solo il giorno prima erano più bassi, o magari durante una chiacchierata con dei giovani precari. Ma chi li ascolta più i precari? In fondo, grazie a loro pare che la disoccupazione non sia più un problema!
Una funzione sociale del teatro solo Fo ce la poteva riconsegnare, senza falsi intellettualismi, forse con un po’ di retorica finale, ma se ci deve essere un’affabulazione, una morale della favola, noi non la vogliamo nello scatafascio delle vite dei lavoratori, ma nella speranza che magari se ci impegnassimo potremmo cambiare questa situazione. Alla prima, il 14 ottobre, c’era anche Fo nel pubblico e lo ha salutato con il suo solito istrionismo: “In questi giorni abbiamo dovuto cambiare tutto, tali erano i fatti che stanno accadendo”. E infatti sentiamo considerazioni sulle “banche che non si fidano delle stesse banche” oltre ai ricordi di importanti fatti della storia degli ultimi anni.
Come si fa a ridere così tanto senza però screditare i personaggi che conservano nel ridicolo una loro dignità? Solo un genio come Fo lo ha potuto fare trent’anni fa e ancora oggi..

Da non perdere, al teatro Valle, fino al 26 ottobre, www.teatrovalle.it

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