Le Serve
[TEATRO]
MILANO- Al Teatro Out off di Milano è in scena l’atto unico Le Serve tratto da un testo di Jean Genet. La storia sembra semplice: Claire e Solange sono due sorelle, cameriere al servizio di una ricca signora. Ogni qualvolta lei esce di casa, una delle due fa Madame e si mette i suoi vestiti e gioielli mentre l’altra la serve e viene umiliata e bistrattata sino a che non le salta al collo e la strozza.
E’ sempre la stessa scena, una specie di prova generale dell’omicidio di Madame, di cui le due hanno già fatto incarcerare con una falsa accusa l’amante. Quando l’uomo viene scarcerato per mancanza di prove, per paura di essere scoperte, le due cercano di assassinarla, ma la fine della storia è differente, e la precognizione si avvera.
Migliore in scena il regista, Lorenzo Loris, nella parte en travesti di Madame, credibile, composto, maschio con il turbante e il viso bianco di trucco e gli occhi gialli itterici. Con lui le due serve, che rendono la follia tirando la testa indietro, strillando come pescivendole e sgranando gli occhi. Si tratta di Elena Callegari e Elena Ghiaurov (nel 2009 ha vinto il premio Ubu come migliore attrice non protagonista e nel 2010, il Premio Duse come migliore attrice italiana).
Nei testi di Genet, ogni attore recita un’altra parte: la festa del metateatro.
Solange e Claire perpetuano la coppia, tanto cara all’autore, della vittima e del carnefice, la criminale e la santa. La troia e la vergine. Ma poi si sovrappongono e si confondono. Diventano l’un l’altra, tant’è che Madame le confonde, o loro dicono che lo faccia. E Claire, quando finge di essere Madame, chiama la sorella con il suo nome e l’accusa di avere una storia d’amore con il lattaio, che forse però è il suo uomo.
La messinscena aiuta la confusione: Madame si veste come Claire, e le offre proprio l’abito rosso che la serva le aveva sottratto, le due sorelle sono vestite e pettinate nel medesimo modo, di fronte alla padrona.
Ma a poco a poco si fa largo il dubbio che Solange, Claire e la Signora siano la stessa persona e si possiedono l’un l’altra in un gioco di specchi.
La prova d’attrice per Callegari e Ghiaurov è dimostrare il crescendo della follia, sino all’atto finale (il problema è che le due si atteggiano a matte sin dal primo secondo), il possesso, l’umiliazione, il rapporto ambivalente con Madame, ovvero con il potere, i soldi e l’eleganza: di desiderio e orrore. E soprattutto il rapporto con la loro stessa condizione, lo schifo che esse provano per la loro stessa vita e per ciò che esse rappresentano, a volte agendo in modo bestiale appositamente (come quando Solange sputa sulle scarpe di vernice) a dimostrare che sono animali, come Madame le tratta. O, meglio, come le tratta nella loro fantasia, perché Madame con loro è goffamente materna e certamente non le umilia, mas si crede generosa, con loro.
L’azione si alterna: a volte è attorno al catafalco, più spesso, negli eventi più carichi di pathos, su di esso, dietro un leggero velo nero, che rappresenta i fiori con cui le serve addobbano la stanza di Madame, nella loro malata devozione. Uno spazio che sembra un ring, un letto o una bara. La Callegari è la sadica, e la sua recitazione e sopra le righe, ma per sua fortuna a salvarla ha un grandissimo carisma. La Ghiaurov è passivo aggressiva e umiliata, a volte borbottante, senza un‘identità precisa. Unico Loris, che non si finge donna, non gigioneggia, non diventa macchietta: è un uomo vestito da donna e nella parte di Madame è tenero, patetico, fisico e convincente.
Silvia Tozzi
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