Parabole fra i Sanpietrini II: Dino – Studio di un sogno
[TEATRO]
ROMA- Sarà capitato anche a voi almeno una volta di esservi svegliati con dei numeri in testa, sarà stata magari una formula matematica, un tormentone che martella la mente e non si stacca nel tragitto tra il sonno e la veglia.
Di colpo avere voglia di scrivere, appuntare quell’incubo numerico che ostacola le vostre azioni, i vostri pensieri e vi rende schiavi di una condizione insaziabile a cui non sapete porre rimedio. È proprio in quel momento, quello in cui si sfiora la pazzia in cui va cercata la chiave, quella che conduce alla verità. È così che inizia Dino – Studio di un sogno, il secondo appuntamento della rassegna teatrale Parabole fra i Sanpietrini al Forte Fanfulla.
Lo spettacolo, che si avvale della regia di Ersilia Lombardo, Livia Castiglioni e interpretato da Bernardo Casertano, è andato in scena il 16 e il 17 febbraio.
Adagiato su una poltrona in pelle c’è un uomo che lentamente si sveglia e inizia a farneticare su dei numeri di cui non sembra conoscere la provenienza. Si guarda intorno, come sorpreso di trovarsi in un posto nuovo, con tanti libri intorno, pile di libri e appunti di cui non conosce l’appartenenza.
Ripete affannosamente quei numeri e, mentre cerca di ricordarsi la connessione alla realtà in cui si trova catapultato, squilla un telefono: qualcuno dall’altra parte sta cercando un certo Eine, psichiatra poco convenzionale di cui parla il mondo della medicina.
L’uomo non sembra sapere di chi si stesse parlando, anzi non ricorda e non dice neanche il suo nome. Semplicemente rifiuta il contatto con l’altro. La sua identità è appesa ad un suono, quello del telefono che continua a squillare, alle parole che cerca nei ritagli di giornale, nei libri poggiati sul pavimento e ai numeri che inizia a pronunciare con più insistenza.
Una vera crisi di identità è lo stato mentale in cui si trova il personaggio interpretato da Bernardo Casertano, un attore con già un bel curriculum teatrale, e non solo, alle spalle, il quale si trova bene nei panni dello smemorato impaziente e agitato. La sua recitazione convince, l’intensità della sua espressione alimenta la partecipazione del pubblico, il suo vagare nei ricordi di un amore che non può più tornare, la sua Anna che rivive nei suoi ricordi, sono quella chiave che apre al passaggio tra il sonno e la veglia, tra l’illusione e la realtà. La sua identità è tutta racchiusa in quei numeri, quelle abitudini che ora tornano ad essere decifrabili. Conosciute, come la sua esistenza. “Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anche io sono conosciuto”. Conosci te stesso, Talete.
Eva Di Tullio
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