Il Pop Surrealism secondo Guidarini
Michele Guidarini è un artista controverso, cinico e che non ha alcuna esitazione ad accostare una croce a una svastica. Tra i giovani esponenti del Pop Surrealism in Italia, ci racconta del suo mondo spietato fatto di esseri deformi, che però non vogliono spaventare né intimorire, ma che anzi desiderano far interrogare lo spettatore su temi come la politica, la religione e la morte.
Partiamo con una domanda forse banale. Cosa c’è, oltre il gusto personale ovviamente, dietro le tue scelte stilistiche? Non mi riferisco solo alla tecnica di per sé, ma anche all’uso dei simboli a cui spesso ricorri…
Di solito non spiego il perché butto un crocifisso, una svastica, un occhio “che vede tutto” tipico simbolo degli illuminati, etc.. nelle mie opere. Lascio libera interpretazione al pubblico. Ognuno nelle mie opere può scrivere il suo racconto, può trovare il suo modello, può pensare che sono matto. Io scrivo (disegnando) la storia della mia vita, racconto quello che mi accade, chiedo perdono e inneggio all’anarchia. Mi esprimo raccontando i sogni teatralizzando storie quotidiane che mi circondano. Ricordo alla gente di cosa siamo fatti, di cosa è fatta la nostra società, la nostra cultura: di croci e svastiche!
Amo usare simboli di massa, perché si riesce a comunicare cose sempre diverse a molte persone nello stesso tempo.
Ad esempio, la croce può simboleggiare la fede, lo spirito, l’anima, il nostro inconscio, qualcosa che protegge, qualcosa che distrugge, qualcosa che ha segnato il nostro cammino nella vita, per certi aspetti la mia vita. Una filosofia di vita. La teatralità della nostra storia. Una favola scritta bene. Un insulto per qualcuno, un ciondolo per un altro. Non rappresenta per forza la cristianità: sono solo due righe incrociate, un logo studiato alla perfezione che esprime mille concetti. Capito il concetto? (ride, N.d.R.).
Il punto è che sto giocando, sto recitando o forse no. Sto dicendo semplicemente quello che penso, come mi sento, quello che ho e quello che mi manca. Ma non te lo dirò mai a parole.
Quali sono le tue ispirazioni e come le hai interiorizzate col tempo?
Sono sempre stato ispirato e molto attento, allo stesso tempo molto curioso, da tutti i personaggi della storia che sono stati classificati IDOLI, quei volti che ognuno di noi ha come imprinting nella testa, quelle persone o luminari che sin dal sesto anno di vita conosci senza sapere il perché. Ecco, questa cosa mi turba, ma allo stesso mi caratterizza. Caratterizza il mio studio della società, caratterizza il mio mondo e il mio modo di essere. Sono affascinato dal pensare che qualcuno ancora oggi sente la protezione e venera un fantomatico personaggio morto in croce 2011 anni fa. Sono sconcertato che ancora oggi c’è gente che va in giro con la testa rasata ad inneggiare un simbolo indiano senza aver letto alcun libro di storia. Sono curioso di capire perché abbiamo bisogno di idoli, di capire perché quando parliamo di noi stessi o ci vogliamo esprimere abbiamo la necessità di catalogarci, di mettere davanti a noi qualcosa che tutti conoscono e non la nostra persona. Ci dobbiamo omologare a qualche schema, dobbiamo parlare di noi stessi attraverso l’immagine di qualcun altro. Le nostre idee non sono frutto della nostra anima, ma di schemi preconfezionati, di ideali scaduti, ma eterni. Viviamo la muffa della storia. Adoriamo icone di plastica. Ecco, tutto ciò mi affascina.
Se vedi una mia opera non pensi che parli morbosamente di me, non vedi i miei segreti e i pensieri più nascosti che cerco di comunicarti, ma sei abbagliato dalla confezione, dalla maschera da quello che ti voglio far vedere.
Col tempo ho capito che ti può capire solo chi non ti ascolta, ma ti guarda. Ma non con gli occhi, chi ti annusa, chi ti tocca, chi guarda le tue mani più che il tuo taglio di capelli. Solo se sei attento potrai capire il mio “teatrino”.
Altra ispirazione è la morte in tutte le sue sfaccettature: dalla tenebrosa paura di essa, al folklore di alcune culture. Mi affascina e allo stesso tempo mi terrorizza. Nelle mie opere la sfido, la inneggio e la abbraccio. La rendo famosa ma mai cerco di scacciarla. È una tappa della nostra vita che nel bene e nel male va accettata. È scritta il giorno in cui veniamo al mondo.
Una serie di tuoi lavori che mi hanno molto divertito sono i vari “I HATE…”
Il primo è stato I HATE POP SURREALISM: un giorno pensavo “che palle questo pop surrealismo, uff…”
Mi annoiavo: tutti questi colori, questi quadretti scintillanti, lucidi, dipinti a olio. Allora come per ogni artista che vuol fare il sovversivo (solo per farsi pubblicità e far parlare di sé), ho scritto sotto la mia opera questa frase. Chiaramente è nato tutto per gioco.
Dal momento che guardavo un mio quadro e simultaneamente uno di Mark Ryden, mi son detto: “Ma cosa c’entro io con questo???” e mi sono messo a ridere.. la risposta è stata: “MAH”.
Dopo sono partiti una serie di stickers dove “odiavo” alcuni artisti che esponevano alla Mondo Bizzarro Gallery (vedi Max Papeschi, Hogre, Bafefit) dove deturpavo, in maniera molto armonica, le loro opere, sostituendo i loro soggetti con dei miei disegni.
Non ci sono ragioni politiche o spirituali in questo lavoro, nemmeno un disprezzo verso questi artisti, ma solo un gioco. E devo dire che mi sono divertito molto. Le reazioni della gente, specialmente sul web, sono state oltre le aspettative. Le offese sono stata la cosa più divertente, a dimostrazione di quanto non si riesca nemmeno a percepire un minimo di satira, quanto le persone hanno solo bisogno di sfogarsi e mandare a fare in culo il prossimo in uno status di Facebook (ride, ndr). Ma sono fiero delle persone che mi chiedono “quando mi fai il mio “I HATE..”? Lo voglio, lo voglio!!!”.
Il 17 giugno ha inaugurato a Salerno la collettiva organizzata da Mondo Bizzarro Gallery (Roma) e a cura di Rossana Calbi presso lo Studio 21 Tattoo and Artgallery dove hai partecipato insieme ad artisti come Mark Ryden, Yuka Yamaguchi, Bafefit, Erica Calardo, Ania Tomicka e altri. Cosa ne pensi del Pop Surrealismo italiano?
I HATE POP SURREALISM. Si fa per dire…
Credo che la scena pop-surrealista italiana sia molto interessante. È un periodo molto prosperoso per questo filone artistico. Le gallerie stanno facendo un ottimo lavoro di ricerca e di promozione in Italia e anche all’estero. Credo che sia il movimento che più rappresenta la giovane arte italiana, anche perché accomuna molti artisti che, anche se si differenziano stilisticamente tra loro, portano avanti lo stesso concetto espressivo. Oramai la parola “pop” riesce percentualmente ad aggregare circa il 90% degli artisti emergenti ed “ipercontemporanei”. Viviamo in una società pop. Viviamo in un mondo dove la storia la fa la televisione, la pubblicità e i mass media in generale. Tutto è pop. Noi siamo dei “marchi”, delle etichette. Curiamo la nostra immagine. Abbiamo un prezzo. Il concetto di “surreale” invece è solo la visione personale dell’artista che si mette in gioco nel rappresentare il vivere quotidiano.
Al momento sento molto forte l’impegno e il lavoro della Mondo Bizzarro Gallery di Roma nella promozione di questo filone. C’è un grande progetto per settembre dal nome “ITALIAN POP SURREALISM” che mira a portare nel mondo i nomi più rappresentativi di questa scena artistica. Cosa succederà e il successo che avrà lo scopriremo presto, ma sono molto fiducioso, perché il bagaglio di artisti è sicuramente di ottimo livello. Mondo Bizzarro rappresenta quell’esercito di artisti che ancora non è stato catalogato, che ancora non ha visto le mura delle collezioni museali, che ancora è sotto analisi. Si parla di “Ipercontemporaneo”, di nuovo, di trasgressivo nei contenuti e nelle tecniche, si sperimentano nuovi spazi espositivi non casuali, vedi Salerno, all’interno di uno studio di Tattoo!
Posso essere solo fiero di sentir parlare sempre più di Pop Surrealismo in Italia, soprattutto per aver trovato, come artista, una linea da seguire e, con Mondo bizzarro, un’ottima rappresentanza.
Di recente, invece, hai esposto le tue opere alla bi-personale col tuo collega Bafefit a Parigi. Quali sono le tue impressioni circa il modo di porsi nei confronti dell’arte, ma soprattutto verso il Pop Surrealism tra l’Italia e la Francia? Da artista, pensi ci siano delle differenze tra i due Paesi?
Siamo arrivati a Parigi eccitatissimi. Siamo sbarcati in una delle città che più adoro al mondo. La felicità di uscire fuori dall’Italia con la nostra arte era paragonabile al grado di curiosità di cosa essa scaturisse, una volta in mostra, in un ambiente nuovo, neutro, posta davanti a persone che non conoscevano minimamente né me né Bafefit. La tensione era abbastanza alta e non potevamo fare stime di cosa sarebbe accaduto, non potevano pensare che “andasse così bene”! È stato un successo per noi e per Mondo Bizzarro che si è buttato in questa scommessa. Michele (Bouhana, N.d.R.) e Angela (Di Paolo, N.d.R.), che ci hanno ospitato nella galleria Rue de Beauce, hanno fatto un ottimo lavoro nell’allestimento della mostra. Inoltre la loro ospitalità ci ha fatto sentire veramente a casa. Ricordiamo che ci hanno permesso di disegnare sui muri della loro “Casa/Galleria”. Questo vuol dire che ci hanno dato il cuore e hanno fatto di tutto per farci sentire liberi di esprimerci anche a Parigi.
La galleria, il giorno dell’inaugurazione, era gremita di gente curiosissima della nostra arte, eccitata. Ogni opera sembrava passare allo scanner da parte dei presenti. Erano curiosissimi, ci facevano domande in continuazione, si complimentavano e sembravano molto soddisfatti di quello che avevano sotto gli occhi.
Posso dire che non poteva andare meglio. Non so nemmeno io cosa mi aspettavo, non riuscivo ad immaginare cosa avrebbero potuto scaturire i nostri lavori. Delle volte penso che sia stata la prima volta, che ho visto le persone porsi con un occhio così attento nei confronti delle mie opere. Quindi posso rispondere che l’accoglienza, l’interesse e gli apprezzamenti sono stati ottimi.
Non credo che ci siano forti differenze tra i due Paesi. La cultura è molto simile. La sensazione che ho avuto durante la mostra è che in quel momento nemmeno pensavo di essere a Parigi. La stessa situazione poteva essere a Londra come a Berlino o Roma. È stata questa la cosa stupenda.
Rue de Beauce è una realtà che va oltre la nazionalità, è un luogo dove l’arte non ha confini. Ringrazio ancora infinitamente Mondo Bizzarro, Michele e Angela per questa fantastica esperienza.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Intanto continuo imperterrito a sfornare nuovi lavori sulla stessa linea, ma sperimentando nuovi supporti.
Per il futuro sto preparando le opere formato “gigante” (che per me vuol dire suicidarmi visto che le mie opere al massimo raggiungono formati A3) per Italian Pop Surrealism. Dopodiché, per novembre, insieme a Mondo Bizzarro, ho fissato la data per la mia prima personale romana che sarà tutto un dire vista una delle prime proposte per il nome dell’evento: “GOD SAVE MICHELE GUIDARINI”.
Che “Dio” ce la mandi buona!
Info: http://www.micheleguidarini.com/
http://www.facebook.com/micheleguidariniart
http://www.mondobizzarrogallery.com/artists.asp?ID=104
Mauro Tropeano
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