Fototessere del delirio urbano
[L’ILLETTERATA]
Poeta, omosessuale, ateo, anarchico, visionario, Antonio Veneziani con i suoi racconti dipinge un mondo che è come l’istantanea di una fotografia. Fototessere del delirio urbano, riedito dalla Hacca Edizioni a distanza di quasi trent’anni dalla prima uscita, è un percorso ad ostacoli, uno spettacolo efferato ed amaro, spirituale, pur rimanendo essenzialmente erotico e vagamente eroico.
Come se dovesse dar voce all’angoscia che alimenta gli uomini, Veneziani si tramuta in traghettatore di anime e un suo solo sguardo al reale scatena una passione, un amore, un assassinio, una guerra, un sospiro, un lamento, un sogno.
Ogni cosa al suo posto e un posto per ogni cosa: tra oscenità perverse, intimità raccolte e rubate, tra bellezza e tristezza, le fototessere del reale che compongono questa raccolta, a metà strada tra componimento poetico tout court e contrazione lessicale del racconto, sono una concentrazione dolorosa di vita reale che si fonde con l’immaginario costante (e altrettanto reale) che l’occhio attento dell’autore coglie nell’esistenza.
Uno sceneggiatore inconsapevole, un cineasta cinico che racconta lapidariamente tutta una vita, racchiusa in un colpo d’occhio e depurata fino alla sostanza più intima, pur essendo eccessiva, trasgressiva, esasperata, e che porta in sé il germe del carattere orale e visivo fusi insieme.
Veneziani racconta l’amore, spesso e volentieri l’amore omosessuale e lo fa con rapinosi e rapidi amori notturni che si svolgono in una Roma antica e nuova che è una mescolanza di razze, di travestiti, di prostitute, di gay. Una città notturna in cui il peccato si risolve nel girovagare e nella solitudine estrema dei corpi e delle anime, in quel deliquio urbano che sono le città di oggi: “Questa città è predestinata, qui si compiono i sogni e le sconfitte. Tutto dipende dal destino, ormai lo so”. E il delirio si risolve quando le parole finalmente toccano la carta e si fanno poesia, intensamente prosaica.
Sostiene Andrea Caterini nella prefazione al libro: “Veneziani è sicuramente uno dei migliori rappresentanti di quella scuola romana che da Bellezza avevano mosso i loro primi passi. Ma di Bellezza, Antonio, più che un gusto poetico – uno stile – ha ereditato un atteggiamento. Di questo atteggiamento Veneziani si è nutrito, passando certamente per una lotta nella difesa di un’identità omosessuale che partecipa al risultato ultimo dei suoi versi ma che non è, però, l’elemento caratterizzante della sua poesia”. Tutto accade nella poetica di Veneziani e tutto potrebbe accadere, perché l’autore diviene una sorta di burattinaio in fieri che vive e gestisce le vite di chi crea, pur vivendo intensamente e profondamente tutta una vita di dentro che è un’altra storia, un’altra città, un’altra fototessera di delirio urbano.
Antonio Veneziani, Fototessere del delirio urbano, Hacca Edizioni, pag. 126, € 12
Eva Kent (evakent.74gmail.com)
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