Skip to main content

Valerio Scaparazzi: mi piace vedere il jazz

foto
[ARTI VISIVE]

fotoROMA- Musica disegnata quella di Valerio Scaparazzi. Come nei club newyorkesi degli anni ’30 l’artista romano scopre da 28 DiVino, in zona Appio-Tuscolano – Roma, un luogo in cui poter disegnare e farsi contaminare dalla musica. In fondo è lo spirito del jazz, la musica che tutti vogliono fare, per parafrase un film di disneyana memoria.

Qui come i gatti sui tetti, gli artisti si ritrovano tra di loro, si scambiano la musica e trovano un modo per giocare tra di loro.
Scaparazzi, da oltre un anno frequenta il locale e ascolta musica che non conosce e che ama “vedere”, così ci dice all’inaugurazione della mostra dei suoi ventotto bozzetti ospite per un mese presso il jazz club. Fino al 28 gennaio la mostra 28 bozzetti al 28 DiVino è, nella sua semplice ridondanza, la raccolta di disegni rigorosamente su carta in china e pastello a cui Scaparazzi non ha dedicato più di dieci minuti per la realizzazione, e racconta l’incontro della musica e dell’arte visiva nello spirito dell’estemporanea e dell’immediatezza.

Mi piace vedere il jazz”, ci ripete Scaparazzi, “non lo conosco bene, ma è una bella situazione foto2dariprodurre”. Forse nel jazz questo pittore vede, oltre alla possibilità dell’incontro artistico, la passione e la dedizione che lega questa musica a tante leggende e, forse, anche perché l’arte è la sua passione ed il suo tormento. “Mi ci sveglio anche la notte, l’arte è per me il mio motivo”, non prosegue, lascia la frase tronca, o forse non è semplicemente il motivo di vita, ma “il motivo”. Come un ritornello musicale che ronza in testa e che non può andare via. Come il ventotto di vino, espressione romanesca che ricordiamo dai sonetti di Giacchino Belli e che è “sempre una cosa”, i conti dell’oste iniziavano sempre dalla partita ventotto di vino.
Sempre quel motivo che non si riesce e a dimenticare, che diventa parte della tua vita fino a quando non lo mischi ad altro e non lo trasformi in altro, questo è jazz, questo ha amato vedere Scaparazzi nel jazz. I suoi bozzetti neri sono veloci, immediati, immagini che si aggiungono alle note non per completarli ma per riempirsene, che non avrebbero senso senza la musica.

Semplici fogli appesi, un allestimento spartano, come il locale, che dà maggior spazio al fare e alle combinazioni che ai vezzi. Gli unici ghirigori sono nei ventotto disegni appesi. Le linee si arrotolano foto3su loro stesse e si confondono fino a creare una figura, un’immagine che si accompagna ad una dedica, ad un pensiero e ad un racconto, che lascia libero il motivo trascinato in testa fin ad allora. Le linee di Scaparazzi si sono incastrate nelle note, le hanno trascinate sul foglio, per una musica che vive di estemporanea e di combinazioni, che non ama ripetersi e che si caratterizza per le diversità di cui sa rivestirsi, rispettando ogni suo aspetto.
L’osservatore Scarapazzi consegna alla carta una struttura non musicale, nessuna chiave di violino perché qui non ci sono porte da aprire, i nodi che costituiscono il disegno non si sciolgono, ma costituiscono una figura che si esprime e si completa in modo contorto.
Nell’arte amo ascoltare chi sa più di me”, forse il segreto di Scaparazzi è proprio questo: saper ascoltare e lasciarsi guidare con modestia. Il resto verrà da sé, basta avere un po’ d’orecchio o di occhio…

Rossana Calbi

28 divino, Fumetti, jazz, martelive, martemagazine, Valerio Scaparazzi

Lascia un commento