Terre Vulnerabili – a growing exhibition
[ARTI VISIVE]
MILANO- Presso l’Hangar Bicocca è stata presentata il 21 ottobre scorso la mostra Terre Vulnerabili – a growing exhibition, la prima di quattro mostre che crescono e si innestano mutando una nell’altra, in quattro fasi come quelle lunari (le altre seguiranno a gennaio, marzo, aprile 2011) per un totale di trenta artisti internazionali ed altrettante opere.
Il progetto che ha la direzione artistica di Chiara Bertola, curato con Andrea Lissoni, è un work in progress che resterà presso i suggestivi spazi dell’Hangar Bicocca fino a maggio 2011.
La prima mostra Le soluzioni vere arrivano dal basso (citazione di Yona Friedman), presenta opere degli artisti: Ackroyd & Harvey / Mario Airò / Stefano Arienti / Stefano Boccalini/ Alice Cattaneo / Elisabetta Di Maggio / Rä di Martino / Yona Friedman / Alberto Garutti / Gelitin / Mona Hatoum/ Christiane Löhr / Nicolò Lombardi/ Ermanno Olmi / Hans Op de Beeck. Tredici importanti artisti, personalità molto diverse tra loro, con lavori differenti per dimensioni e materiali, alcuni di forte impatto emozionale, altri più concettuali e da scoprire indugiandovi; in tutti il concetto di vulnerabilità è declinato in modo sottile e personale. Tutti gli artisti del primo quarto restano anche nel secondo quarto – portandovi un nuovo lavoro o modificando in parte l’opera già esposta – dove si aggiungono nuovi artisti e così via sino all’ultimo quarto, seguendo l’idea di un terreno fertile che “germoglia”, cresce nel tempo e modifica la visione di quanto esposto precedentemente. Ogni mostra rappresenta un momento espositivo unico, irripetibile e diverso rispetto all’altro come le diverse fasi della vita.
Un progetto in evoluzione, germinativo e organico, che si sviluppa nel tempo della sua vita espositiva, permettendo al pubblico di prendersene cura e agli artisti di continuare a crescerlo e nutrirlo. L’idea è che l’opera di ogni artista non si cristallizzi una volta aperta la singola mostra, ma continui a crescere e a evolversi per l’intera durata del progetto con aggiunte, correzioni, dialoghi con gli altri artisti invitati e con il pubblico.
“La vulnerabilità – dichiara Chiara Bertola – si esprime così non soltanto nelle opere, ma anche in questa modalità curatoriale, basata soprattutto sul mutuo riconoscimento e sulla collaborazione tra gli artisti, che necessariamente porta a vivere esperienze inaspettate. Si tratta di riconoscere la forza della collaborazione, senza dimenticare l’importanza di ogni individualità, e di mettersi in gioco per arrivare a costruire una coralità, come in un’orchestra in cui i vari strumenti entrano progressivamente in armonia e risuonano insieme.
Ma vulnerabilità – prosegue Bertola – è anche la capacità empatica che permette a noi umani di riconoscere ed accettare la propria responsabilità etica verso l’altro, la comunità e l’ambiente. Ed è intesa anche come una dimensione che si avvicina al vasto concetto di terra e di luogo di appartenenza: attraverso le visioni degli artisti questi concetti – oggi appunto vulnerabili – diventano percorribili dentro una nuova prospettiva di libertà e di evoluzione”.
Il progetto intende quindi indicare una direzione e proporre un nuovo linguaggio, in un momento in cui il nostro pianeta e i sistemi che lo governano danno importanti segni di cedimento.
Terre vulnerabili affida perciò il suo statement politico ed etico all’opera di due Maestri come Ermanno Olmi e Yona Friedman. Un regista e un architetto che hanno saputo portare, attraverso la loro opera, una riflessione che unisce memoria e speranza: «ritornare ad avere memoria perché senza memoria non c’è futuro e senza senso del limite la terra madre si ribella» (Carlo Petrini). Del grande regista viene proiettato lo straordinario film Terra madre, mentre Friedman propone la videoanimazione La terra spiegata agli extraterrestri dove illustra, nella forma dei suoi noti disegni a fumetto, i temi più importanti della sua ricerca e Labirinto, un lavoro architettonico modulabile, concepito per rendere in scala “umana” gli enormi spazi di Hangar Bicocca.
Ad un comune visitatore il tutto appare a tratti criptico, cerebrale, poco emozionante: all’ombra suggestiva dei sette palazzi celesti di Anselm Kiefer le installazioni esposte, senza un’adeguata introduzione (come quella fatta dalla curatrice in conferenza stampa) risultano un po’ fredde e un messaggio così importante come quello della vulnerabilità del nostro pianeta, del nostro sistema, rischia non di raggiungere immediatamente lo spettatore, ma di riecheggiare negli spazi vuoti dell’Hangar.
Trattandosi della prima fase di un progetto complesso e ambizioso l’augurio è che con lo sforzo congiunto di tutti gli artisti si arrivi, al termine del percorso, ad un unicum più godibile, il cui messaggio possa raggiungere non solo l’esperto di arte contemporanea, ma anche un pubblico più vasto.
www.hangarbicocca.it.
Amanda Ronzoni
Foto per gentile concessione dello Studio Lucia Crespi
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