Jongleurs et Menestrels
[MUSICA]
ROMA- “Jongleurs et Menestrels”, giullari e menestrelli, benchè stavolta non agghindati in costumi tradizionali, apparivano i musici che il 29 maggio 2010, alla Chiesa di St. Andrew of Scotland in via XX Settembre n.7, Roma, hanno affascinato il pubblico presente con musiche riesumate da un autentico abisso temporale, quello che ci separa dal Medioevo e da epoche in cui la cortesìa non era, come ora, un termine indicante occasionali, sempre più rare, gentilezze.
“Jongleurs et Menestrels” è anche il nome del sito che raccoglie ricerche monografiche e schede esplicative su argomenti connessi alle composizioni musicali del Medioevo e del Rinascimento, oltre alle informazioni pratiche su luoghi e date dei concerti. Il Gruppo di Musica Antica “La Fontegara”, fondato nel 1987 ed il cui nome deriva dal titolo del primo trattato a stampa sul flauto diritto (1535), si compone attualmente di cinque elementi e secondo una prassi costante, anche ieri in occasione del concerto “Ondas do mar” (Musiche dalle tradizioni arabo-andalusa, sefardita, cristiana, nella Spagna delle tre culture del XIII secolo) ha corredato l’esecuzione di gruppi di bra-ni con la puntuale illustrazione, condotta dal fondatore e coordinatore Augusto Mastrantoni, del-le tematiche trattate, degli stili, e degli strumenti impiegati. Questo orientamento divulgativo è teso senz’altro ad avvicinare gli ascoltatori ad un mondo perduto da secoli ed è altamente ap-prezzato dai numerosi seguaci del gruppo, molti dei quali sono autentici estimatori del genere. Ed infatti il richiamo di quelle epoche lontane giunge fino a noi attraverso le nebbie del Tempo susci-tando un’attrazione straordinaria, particolarmente significativa proprio in considerazione delle ra-dicalmente diverse condizioni socio-culturali in cui oggi ci muoviamo, e che ci fa percepire come desiderabile, a volte, il ritorno sognato ad epoche in cui l’onore significava per un uomo più della vita stessa. Ieri sera infatti, in un raccolto silenzio, dolci nenie ipnotiche hanno cullato un pubblico trasognato, alternando, nelle diverse sfumature, toni leggiadri ed accenti più severi, agitando il vessillo di eventi tragici coperti dal silenzio della Storia, ma anche l’incantesimo gettato su danze quiete in cui donzelle angelicate lasciavano ondeggiare la loro virtù non lontano da ampi specchi d’acqua increspati dal soffio di divinità nascoste. L’influenza moresca si coglieva a tratti, lasciando baluginare la lama di ferri ricurvi ma anche la quiete meditativa di polverose pianure cotte da un sole primordiale. Nelle pieghe di queste costruzioni musicali che superano le tradi-zioni per attingere ad un assoluto fuori dal tempo, veniva suggerita la celebrazione di gesta va-lorose compiute a cavallo tra buie foreste dense di apparizioni e plateau ondulati aperti verso il mare, su cui il peso del Tempo scivola via screpolando la contrastata visione e gonfiando le vele delle imbarcazioni. Gli arpeggi pensosi favoriscono elucubrazioni filosofiche o si sdraiano in com-pagnia di fanciulle sotto a pioppi ingialliti, sottraendosi forse alla declinazione solenne di riti arcai-ci, oppure ancora accompagnano i ritmi lenti della vita di corte, presa nell’incastro tra adulazioni calcolate e sottili giochi di potere, altrimenti indugiano gravi su cimenti cavallereschi in tornei tra cavalieri, senza dimenticare l’accompagnamento discreto e nobile alle attività artigiane o contadine che componevano l’arazzo in costante, forse monotono, movimento, della vita nel borgo.
Le voci femminili, con toni a volte – azzardiamo – da soprano, evocavano con grave cadenza mista ad una dolcezza perduta ed inquieta, il ricordo di un’era difficile in cui il pudore ed il segreto coabitavano con condizioni miserevoli di vita ma anche con un senso di mistero che pervadeva all’unisono uomini e natura. La disposizione comune dell’”essere al mondo” infatti, in tutta semplicità contemplava l’ineluttabilità della morte come soglia mistica di parabole terrene tutte vi-ste in un’ottica di fatalità e sgomento, dinanzi alla forza del destino e alla struggente bellezza del creato. Questi giri armonici incantati, queste invocazioni melodiche commoventi come canti di sirene raccontano avventure galanti o frammenti di epopee epiche con una potenza suggestiva straordinaria, che ci riporta sia al movimento culturale del Romanticismo, che già nel XIX secolo recuperò il Medioevo offrendone una lettura carica di rimpianto e di coloriture emotive come la nostalgia e l’idealizzazione, ma anche a quella stagione del rock eminentemente europeo e soprattutto britannico che negli anni ’70 del secolo scorso, nel tentativo indubbiamente riuscito di conferire autorevolezza e spessore culturale alle strutture del rock, lo contaminarono col folk, finendo da subito per riesumare il patrimonio tradizionale di musiche popolari del lontano passato e di lì a rievocare tout court, il Medioevo stesso come epoca pregna di potenti suggestioni. Genesis e King Crimson nei loro primi lavori attinsero a piene mani dall’immaginario antico, lanciando una moda, ma un gruppo come i Gentle Giant si distinse per l’uso di strumenti della tradizione colta, non usuali per un contesto rock, come oboe, violoncello, organo, vibrafono, xilofono, in strutture melodiche e ritmiche molto complesse, in un certo senso baroccheggianti, anche se poi l’atmosfera era di tipo medievale come risulta già dal titolo di alcuni brani, come “Racontueur troubadour”, ovviamente, ma anche “Pantagruel’s nativity” e “The advent of Panurge”, ispirati alla saga “Gargantua e Pantagruel” di Francois Rabelais. E certi rimandi non si possono osare se non si è in grado di darvi seguito sul piano della qualità compositiva ed esecutiva. Vorremmo ricordare però, a chi fosse, come noi, particolarmente sensibile a questo tipo di ricerca, anche il gruppo dei Lyonesse, che anche loro, in maniera quasi filologica, tornavano su armonie antichissime di brani tramandati sino a noi attraverso i secoli, per registrare album come il disco d’esordio, Lyonesse (il nome d’una terra finita sommersa dalle acque al largo della Cornovaglia, secondo la leggenda), ”Cantique” (1975), “Tristan de Lyonesse” (1976) e “Celtic Legends -The Best Of Lyonesse” (1978), che già dai titoli (e quelli dei brani non di rado erano in lingua celtica) la dicevano lunga circa le loro fonti d’ispirazione, e che si avvalevano di strumenti come dulcimer, clavicembalo, pipes, violino, oltre alla voce sognante di Mireille Ben. Ne consigliamo l’ascolto anche agli stessi componenti del gruppo “La Fontegara”, a cui ora doverosamente torniamo, in chiusura, per ricordare la loro ottima line up, che per l’occasione era composta, in rigoroso ordine alfabetico, da: Zyna La Barbera: canto, salterio ad arco, Stefania Lepore: canto, salterio a plettro, Augusto Mastrantoni: flauti diritti e traversi, gemshorn, cromorno, cornamusa rinascimentali, salterio a plettro, organo portativo, Pasquale Sculco: saz e percussioni (tamburo, darbuka, tamburello, triangolo, cimbali, sonagliera, campane), Pejman Tadayon: ud, tombak, darabukka. Ma va precisato che le conoscenze tecniche dei musicisti non si esauriscono qui: Mastrantoni suona anche rauschpfeife e bmbarda, salterio a pizzico, salterio ad arco, e dulcimer, symphonia e ghironda; Pasquale Sculco oltre al saz, usa anche altri bordoni come la symphonia e il glockenspiel); inoltre, hanno fatto parte del gruppo in altre circostanze Maria Chiara Rocchegiani (canto, flauti diritti, salterio ad arco, glockenspiel) e Pino Scalamandrè (flauti diritti, liuto medievale, cister e mandola). L’ensemble,, che ha all’attivo circa 200 concerti e due registrazioni su disco, “Fabula Saltica” e “Sacro e profano – canti mariani e di crociata” (www.jongleurs.it), dispone di un repertorio di musica medievale, formato da un canzoniere di oltre 200 composizioni della produzione musicale profana, di area europea, compresa tra i secoli XI e XV (canti di Trovatori, Trovieri, Minnesänger; canti mariani, di pellegrinaggio, di crociata; Festa dei folli; Carmina Bu-rana) ed un repertorio di musica rinascimentale, orientato sulle danze (non nel senso di composizioni concepite necessariamente per favorire movenze coreutiche), ed a richiesta sono disponibili, oltre che a “mostre giornaliere di strumenti” con esempi musicali dal vivo, nei castelli o in sale di convegni, anche per lezioni didattico-dimostrative nelle scuole, utili per avvicinare i giovani alla musica antica, sensibilizzandoli, anche con l’esposizione di strumenti (con pannelli illustrativi dell’ antico strumentario ripreso da miniature, dipinti e sculture) e col corredo di esempi musicali dal vivo, al fascino di questi echi raffinati di un passato che ha un posto augusto nel sacrario della memoria collettiva!
Il_7 – Marco Settembre
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