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Aikìa [LPM 2015 Interview]

AIKìA, 32 anni, Italia/Germania

Aikìa, alias Alessandra Leone, l’ho raggiunta dopo aver visto un video di presentazione della sua crew, StratoFyzika, il gruppo con cui lavora a Berlino da circa tre anni. Oltre a lei ci sono Akkamiau, sound designer (CZ), e Hen Lovely Bird (USA), la ballerina che interagisce con il pattern visivo e sonoro creato dalle due artiste.

«Come StratoFyzika lavoriamo a performance interattive di audio, video e danza. Abbiamo iniziato nel 2012: io organizzavo “Femme Fraktale”, un evento concentrato su artiste donne, e stavo cercando qualcuno che si occupasse dell’audio e qualcuno con cui lavorare più all’interattività fisica a livello di performance. Sono entrata in contatto con Akkamiau e con Hen e insieme abbiamo lavorato a una micro performance di 20 minuti non interattiva, ma abbastanza interessante, che ha funzionato bene. Da lì quindi abbiamo deciso di continuare in tre.»

Perché ti interessi particolarmente a questo tipo di arte?

«Soprattutto perché si tratta di una performance teatrale, e il fatto che sia interattiva la fa diventare esclusiva e irripetibile, dato che quando viene eseguita succede solo in quel modo e solo in quel momento. Non è semplicemente qualcosa di prestabilito ma lascia ampio spazio all’improvvisazione, fondamentale soprattutto per un danzatore.»

Una delle caratteristiche di questa arte è l’affascinante “contrasto” tra la tecnica del mezzo informatico e il risultato delle performance, che è molto estetico.

«Sicuramente il fatto di “essere nerd”, di lavorare con la tecnologia e allo stesso tempo di pensare all’estetica, che è invece una cosa molto più teatrale, porta tutte e tre le componenti della nostra crew a un livello molto alto. In effetti i tre elementi lavorano insieme a tutti i livelli, sia in fase di pre-produzione che di produzione e al momento della realizzazione dell’esibizione. Il coding non è fine a se stesso, ma è funzionale a rendere piacevole, bello, interattivo, fluido e reattivo il risultato della performance totale.»

Nel rapporto che si instaura con il pubblico cosa c’è di diverso rispetto alle arti performative che non prevedono l’utilizzo di tecniche di visual e computer art?

«Secondo me la reattività e l’interattività sono tra le sensazioni e i piaceri innati dell’essere umano, danno una soddisfazione al pubblico veramente unica. Quello che facciamo è creare un ambiente immersivo, non solo per il performer ma anche per chi assiste allo spettacolo. È un’esperienza totale, in cui si percepisce che l’audio e il visual reagiscono al movimento: in questo senso riusciamo a raggiungere il pubblico in un modo più completo.»

Sei soddisfatta del riconoscimento riservato alla visual art, oppure merita di più?

«Rispetto alle cifre che prende un Dj, che è una figura molto più riconosciuta, per noi professionisti del Vjing anche solo costruire i sensori per una performance o avere la possibilità di provare implicano dei costi enormi che difficilmente possiamo sostenere da soli. Come StratoFyzika in passato abbiamo chiesto un supporto attraverso il crowdfounding, ma si tratta di budget comunque molto alti, e questo è uno dei motivi per cui un sacco di compagnie smettono di lavorare. Ci piacerebbe raggiungere un pubblico più ampio, perché diventare un po’ più mainstream significherebbe anche richiamare l’interesse delle istituzioni.» 

www.cargocollective.com/aikia 

www.stratofyzika.com

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lpm2015

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