Il viaggio senza catarsi di “Cuore di tenebra”
Sono anche le date a fare i viaggi, ma sono numeri che intrappolano, soprattutto quando si parla di viaggi lunghi che raccontano la loro storia sulla complessa natura umana, dove non esistono distinzioni etniche o geografiche… ecco perchè parlare ancora di Cuore di Tenebra, per non intrappolare, ma vedere al di là dei confini seguendo il viaggio fuori dall’Italia e anticipando il Conrad Festival di Cracovia ad ottobre (la Redazione).
“No, è impossibile, impossibile comunicare ad altri la sensazione viva di un momento qualsiasi della nostra esistenza, quel che ne costituisce la verità, il significato; la sua sottile e penetrante essenza. È impossibile. Si vive come si sogna: perfettamente soli” (Cuore di tenebra, Joseph Conrad).
Al centro della scena del Teatro Studio Uno di Roma, il 29 marzo, per l’ultima replica di Cuore di tenebra, c’è tutta la solitudine di Charlie Marlow, giovane avventuriero in cerca di un altrove sconosciuto, una terra ancora incontaminata e piena di fascino. Un luogo senza nome, dai colori scintillanti dell’avorio che si intravedono quando la nebbia lascia spazio alla luce, calda eppure incapace di illuminare. In quel continente, raggiunto con lentezza sulle acque di un fiume, c’è tutta l’oscurità del mondo occidentale, l’orrore della primordialità che si mescola alla violenza della civiltà, deturpatrice di equilibri ancestrali che non rispondono alle regole che conosciamo. Charlie, novello Virgilio, osserva e racconta, guardando negli occhi chi gli sta intorno, mentre l’esperienza del viaggio lo cambia. Oltre la foresta c’è Kurtz, figura misteriosa dalla quale Charlie è irrimediabilmente attratto, emblema dell’oscurità dell’animo umano, che pone sullo stesso piano tanto i selvaggi cannibali quanto i benpensanti dell’Inghilterra vittoriana, ugualmente inclini alla sopraffazione dell’altro giustificata dalla menzogna del proclamarsi dio.
L’adattamento di Virginia Acqua, regista della pièce, non lascia margine di fraintendimento: il suo Marlow, puro nelle intenzioni e nella volontà (coerente, perciò, la scelta di farlo interpetare a Valerio Di Benedetto, attore giovane e capace) attraversa le tenebre della propria individualità simboleggiando un percorso universale, valido per tutti e in qualunque epoca. Per quanto il fine della ricerca sia la verità, questa si manifesta crudelmente in tutto il suo orrore. Non c’è possibilità di catarsi una volta attraversato l’inferno di tenebre, ma solo un’inevitabile e dolorosa consapevolezza.
Valentina Mallamaci