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Myra/on, Silvia e Natascia: ce n’è per tutti i gusti!

tavola1natascia silvia
[ARTI VISIVE]

tavola1natascia silviaROMA- ♥! Entra un moscone viola nel mio studio e ronza una spirale eccentrica attorno allo schienale della mia poltrona Luigi XV, mi volto, ed una lama di luce dalla parete abbacina la mia visione ordinaria e mi propone, al posto dell’armadio, un tazebao bianconero che si sgretola in milioni di cubetti e perle riflettenti mondi, mentre al suo interno, in vestiti di carta multicolori e plissettati, si muovono con sognante lentezza figure di circensi nobili e damine carnascialesche.

È questo il segnale convenuto. Non posso più attendere oltre, devo profondere tutta la mia devozione per la dimensione della dilatazione pop-simbolista-surrealista espressa con vibranti e calibrate visualizzazioni da Silvia Faieta e Natascia Raffio nella loro esposizione congiunta Myra il tuo pop. – Myra nel tuo intimo, e diventerà evidente, fino al 30 Giugno presso la galleria Whitecubealpigneto in Via Braccio da Montone 93, a Roma. La mostra, incantata e delicatamente spiazzante, si inscrive nel ciclo che Rossella Alessandrucci, titolare dello spazio, ha inteso dedicare alla controversa opera “Myra Breckinridge” intitolando la rassegna proprio “Myra/on. Trasformazioni – Omaggio a Gore Vidal”.
Ci siamo già diffusi lungamente sul romanzo innovativo dello scrittore statunitense in occasione della recen-sione della prima mostra della serie, quella tenuta da Alessio Fralleone. Tuttavia non possiamo esimerci dal ricordare che lo scrittore e saggista, notoriamente omosessuale, fu anche sceneggiatore e non si privò del gusto, da giustiziere letterario, di far muovere proprio nella Hollywood che lui ben conosceva il suo personaggio androgino, quella Myra a cui lui conferì una consapevolezza, una schiettezza ed una pro-vocatorietà inedite (per tutti tranne che per lui stesso) alla fine degli anni ’60. Nella rivoluzione culturale trainata dai giovani universitari, dai neri e dai freaks dell’underground, la comunità gay potè presumibilmente avvalersi di un nuovo strumento quando uscì questo n4398 Fumettoromanzo innovativo la cui eroina, nello sfuggire ad una univoca classificazione in un genere sessuale, affermava con tutto il suo essere ed i suoi disinibiti comportamenti di volersi contrapporre alla logica eterosessuale dominante che prevede l’assegnazione di tutto il potere a chi dimostra di essere macho con tutto il corollario di egoismo, cecità e difetti vari che le femministe si sarebbero divertite ad elencare sino a ieri (cioè fino a quando noi maschietti non abbiamo appreso, tardi e male, ad essere delle creature sensibili e devote, magari “cinguettanti” su Twitter). Gli eventi però hanno seguito il loro contrastato corso, ed intatti il testo di Vidal, pur conosciutissimo e debitamente “sbandierato” nei circoli gay, risultato quasi totalmente sconosciuto agli eterosessuali un po’ in tutto il mondo, ma soprattutto, forse in Italia, a causa di un ostinato ostracismo editoriale. Ma al di là delle prevedibili difficoltà nella sua diffusione, il libro ha veicolato un’immagine orgogliosamente antagonista di una minoranza che nei decennio precedenti era solita vivere in maniera occultata la propria diversità; con la spavalderia di Myra, invece, la virilità come elemento di sopraffazione veniva messo alla berlina, in un’analisi cinica e dissacrante della società che reclamizzava l’American Dream, e si apriva un ampio dibattito e si sollevavano problemi di natura etica, morale e sociale.

Tematiche e riflessioni che le due artiste espositrici mostrano sotto forma di immagini eleganti e pregne di significato, ma anche contenute dal punto di vista della densità degli elementi visivi. Infatti, sia la Faieta che la Raffio, pur nelle loro differenze stilistiche, si conoscono e si apprezzano da molti anni, e hanno condotto a termine anche altre collaborazioni come que-sta senza mai la minima tentazione di sopraffazione, un po’ come se la strega dell’Est e quella dell’Ovest de “Il Mago di Oz”, ma in versione white magic si fossero alleate per dare un ordine artistico ad un mondo pluri-dimensionale e caleidoscopico, l’una attraendo microelementi alchemici, da Maga dei Tatuaggi Prensili e del miele d’acacia, e l’altra sfogliando i suoi personaggi, cromaticamente lussureggianti, come se fossero delle corolle, da autentica Signora dei Sandali Profetici e della marmellata di prugne. Trovate che queste due creature stilose appaiano qui miscelate nelle loro caratteristiche? Può darsi, ma in effetti quando ne parliamo, gli occhi ci si incrociano, per i tanti barocchismi favolistici e post-metafisici, ma poi una certa con-fusione non è la cosa peggiore; il problema è che le loro caratteristiche oggi non saranno neanche più queste, dovreste farvele spiegare da loro stesse nella terra di Narnia o nel quartiere del Pigneto, prima che la mostra finisca, perché le due esibiscono un’arte molto raffinata e dettagliatissima, e nulla è ciò che sembra, ferma restando l’ammirevole coerenza espressiva, perché l’universo di riferimento è quello simbolista per la Faieta e quello pop-surrealista per la Raffio, che non sono altro che emisferi contigui che si fanno la guerra solo, al massimo, in un mazzo di carte animate come nel Paese delle Meraviglie di Alice! Chiamate a fornire dei corrispettivi visivi al tema delle trasformazioni psicosomatiche attivate sul suo corpo da Myra Breckinridge, le due artiste si sono ibridate ancor più, incistando i loro rispettivi linguaggi in una serie esemplare di spunti visuali, che compongono, tutti insieme, un corpus di rara completezza ed intelligenza emotiva. Dal momento che, Myrando nel proprio intimo, andava illustrata anche la portata comunicativa del simbolo oltre che il superamento dell’univocità monoblocco dell’essere umano, le due hanno proceduto in direzione sia del corpo del simbolo, sia del simbolo del corpo, creando equazioni delle forme e pervenendo ad un equilibrio, nel segno del rispetto l’una dell’altra, che è un parallelo del bilanciamento reciproco tra i due opposti complementari di uomo e donna che infine si realizzano nel perfetto ibrido utopico di Myra, nel lieto fine “avanzato” della storia. Ma anche la stessa Illustrazione e Fumetto sono due generi in cerca di una compensazione dialettica, ed ecco che Faieta e Raffio si sono impegnate a porre entrambe al servizio della visualizzazione perfetta della trasformazione del corpo in relazione alla conseguente metamorfosi psicologica. Se la genìa di Myra è mutante, sospesa, ecco che poi alla semplificazione nel numero degli elementi (Faieta) e nella qualità degli ornamenti (Raffio) si unisce la tecnica a collage, o meglio decollage: alcune parti di queste visioni in n4396bianco-nero sono state realizzate su un supèporto, poi ritagliate e incollate su un altro, su cui era stato tracciato il resto della figurazione, e questo assume il senso concettuale, al di là della tecnica, di una identità fisica non definita ma che procede per sovrapposizioni mentali, semantiche e prima ancora percettive, come scrive Togaci nel testo introduttivo, un gioco di proiezioni plurime che deve terminare necessariamente in una arricchita coscienza dello spettatore. Ecco allora il nastro piegato in modo simmetrico come una muraglia snodata e bizzarra; è parte di una costruzione che sconfina dai limiti della carta e va a disporsi come bordo di una vasca in cui l’eroina soffia bolle di sapone, e ancora molti dei significati si sprigionano agendo oppor-tunamente sul buco della serratura presente giusto al centro dell’insolita cinta muraria. Le farfalle che svo-lazzano un po’ dovunque, ma soprattutto entro le bolle, portano il simbolo dello yin e yang impresso sulle loro ali, nel canonico bianco e nero, per indicare che il corpo di donna s’ha da meticciare, da re-impastare, per arrivare a creare una nuova identità, la cui chiave di accesso da utilizzare in quella toppa è proprio l’amniogenesi, la creazione dal liquido, l’allusione all’eziologia della scaturigine. Anche l’uovo è un chiaro simbolo alchemico di una trasformazione, del raggiungimento di una perfezione forse originaria, più pro-babilmente da ri-attingere con fatica. La stella invece è il simbolo di un’occasione che non t’aspetti, l’opportunità sognata da una vita, ma anche una rivelazione inaspettata.

Nella seconda visione, le lacrime in cui si liquefanno i quadrati della scacchiera non esprimono tristezza, ma il travaglio, la fatica appunto, derivata dall’ipegno profuso per raggiungere una fusione che è più della mente e dello spirito che del corpo stesso. Il medaglione al collo della protagonista porta l’effige del labirinto alchemico, perché – aggiungiamo noi – lei la prende bene, l’urgenza del cambiamento, perché è lui/lei che l’ha scelto, ed in fondo non rinuncia a niente, anzi, l’occasione è propizia per riempirsi di monili e simboli decorativi, conservando (anche) così la sua femminilità, se non vogliamo poi tener conto che, sempre sul finire dei favolosi sixties, anche gli hipsters tipo Easy Rider portavano al collo e alle dita della mano medaglioni neosacrali e anelli che garantivano il contatto con Buddha, magari! La “patacca” esoterica che porta al collo lei, col labirinto, è invece un’insegna della sua autoconsapevolezza di sé e della stessa trasformazione, di cosa è divenuta: la portatrice sana di un’identità non scissa ma cangiante, che la rende secondo certi aspetti più debole socialmente, come scrive Maria Rosaria Spadaccino sul Corriere della Sera, ma secondo altri, psicologici, più forte, potenziata, perché, come annota Togaci, non c’è Storia, nei suoi corsi e ricorsi vichiani, che non si dia nella trasformazione, motore dello sviluppo e del tanto sospirato progresso. Le farfalle yin e yang dal canto loro si differenziano in tre specie: maschile, femminile ed ibrido, mentre la scacchiera, framing che esprime l’inquadramento fin troppo razionale, rigido, delle pulsioni, si scioglie in un liquido inafferrabile, quello di una salutare irrazionalità nella gestione degli impulsi emotivi. Anche qui, la circostanza che la scacchiera sciolta sia applicata in decollage indica che le strutture del pensiero non vanno n4394confinate neanche nella carta, ma devono avere la capacità di trasmigrare tra le diverse “tavole”, intese come supporti di queste opere “ulteriori” rispetto al fumetto e “derivate” rispetto all’illustrazione simbolista-liberty. La consapevolezza profonda del programma di meticciamento psico-corporale trova un’ennesimo simbolo nel rosario, elemento di una sacralità conven-zionalità che qui va spostata, trasposta nel contesto antropologico-spiritualista di una ricerca sul (proprio) corpo, quindi su una dimensione materiale carica di portati identitari potenzialmente assai complessi: le perle quindi hanno un valore positivo, di steps nell’avanzamento attraverso la propria “passione” auto-rigeneratrice. Nel pezzo più “scandaloso” e dirompente viene suggerita la sodomizzazione presente nel romanzo, in forma velata, dettata dalla posizione delle braccia e delle mani di lei/lui, e l’orgasmo che ne deriva è concettuale ma esplosivo, ha quindi i tratti rispettivamemente femminili e maschili; è però fondamentalmente “di testa” e libera in un’esplosione vitale di gocce centrifughe tutti gli elementi da lei/lui precedentemente immagazzinati come riflessione teorica sulla sua nuova essenza. Myra dunque diventa un “lui” ma internamente donna; la sua partner sarà una donna, quindi il protagonista sarà ufficial-mente etero ma globalmente e ufficiosamente ibrido. In “Dröste Identity” siamo piuttosto di fronte ad un “rim-balzo” infinito negli specchi della psiche e dell’autorappresentazione di sé. Lei tiene un uovo dietro la schie-na, lo sorregge con la mano sinistra, mentre tutta la sua figura nuda, di spalle, è contenuta, inscritta nell’ uovo della perfezione di cui s’è detto in precedenza, e questo genera le due polarità Myron e Myra, con l’essere definitivo che si colloca a metà tra i due flussi di sfere.

E se Togaci nel testo di presentazione ricorda come i transessuali frigi, originariamente maschi, i Gallae, nell’antica Roma, fatta la loro scelta di genere e religione, correvano per le strade lanciando i loro genitali estirpati nelle porte aperte delle case, come atto rituale, ed il padrone di casa riceveva l’”omaggio” come una benedizione e poi assisteva l’evirato fino al suo ristabilimento fisico , noi vorremmo ricordare, come esempio più recente di cosa la società ha saputo escogitare come espiazione “rituale” del “peccato” di omosessualità, la vicenda dell’outing di Rock Hudson, uno dei simboli del machismo di Hollywood durante gli anni ’50 e ’60, finchè, anche in piena rivoluzione culturale, mantenne il segreto sulle proprie inclinazioni, salvo poi subire gli attacchi dei rotocalchi di tutto il mondo dal 1984 sino all 1985, anno della sua morte per Aids; rotocalchi che ricamarono con esemplare indiscrezione su di lui, e sui messaggi criptati sulla sue vera identità di genere contenuti in alcuni suoi vecchi film, sfruttando intensivamente (e squallidamente) il caso fino in fondo. Si scrisse: “Una vita da divo, una morte da Aids», «Il verdetto dei medici ha distrutto un mito: Rock Hudson, re dei dongiovanni, ha il ‘male dei gay’», «Solo nei film era uomo, nella vita era fragile: Liz Taylor cercò di guarirlo» (dall’omosessualità), «Rock fuggiva da Hollywood per cercare l’amore nei bassifondi di San Francisco».

n4391 x fine articoloCercando invece l’amore e la conoscenza nei lavori presenti oggi nella mostra al Whitecubealpigneto, troviamo invece anche un fumetto riassuntivo, forma d’arte in cui la Raffio è più esperta, per pacifica ammis-sione anche di Faieta; nella impaginazione affidata in effetti a Natascia seguiamo le diverse fasi della trans-mutazione di Myra, di questa epopea dell’ anima, tutta in chiave psico-fisica, senza che ci si disperda nel monitorare le ricadute sul potere, sul denaro e sulla considerazione sociale che sul piano del quotidiano la metamorfosi implica, ma questo dipende dal fatto che l’alto coefficiente estetico delle due interpreti le porta a sublimare ogni tema in una cifra esotericamente artistica. Le due ragazze comunque già pubblicarono nel 2010 un fumetto a quattro mani dimostrando la tendenza ad un’originaria forma di simbiosi artistica tra due creature certamente entrambe femminili ma di cui peraltro il pubblico romano avido di gossip si è a più ri-prese sbizzarrito, vista la notorietà raggiunta dalle artiste, a stabilire quale di loro potesse incarnare la com-ponente maschile responsabile di un’eventuale, mooolto favoleggiata, unione omosex. Siamo pronti a scommettere che, nel caso in cui il pettegolezzo costruito fosse vero, sarebbero plotoni i giovanotti disposte ad andarle a prendere a casa in carrozza tutt’e due, altro che linciaggio mediatico alla Rock Hudson!

il7 – Marco Settembre

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