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‘Di notte che non c’è nessuno’

Azzurra Antonacci Gabriele Granito David Sebasti
[TEATRO]

Azzurra Antonacci Gabriele Granito David SebastiROMA- Gianluigi Polisena e Artisti Riuniti hanno presentano al Teatro Lo Spazio di Roma, dal 9 al 27 maggio lo spettacolo intitolato Di notte che non c’è nessuno, scritto e diretto da Luca De Bei con David Sebasti, Azzurra Antonacci, Gabriele Granito.



Dopo l’esordio in forma di lettura scenica al Piccolo Eliseo Patroni Griffi nell’ambito dei lunedì di ‘Artisti Riuniti’, Di notte che non c’è nessuno va in scena in questo piccolo, ma accogliente teatro rivelando una fetta di realtà esistente al mondo in cui ideali, istinti e sentimenti che non sono sempre di natura benigna, si intersecano e confondono generando caos, disordine e a volte danno morale e fisico.
L’autore Luca De Bei afferma in un’intervista che questo spettacolo nasce come completamento del precedente Le mattine dieci alle quattro (vincitore del premio ‘Le Maschere del Teatro 2011’ – Migliore autore di novità italiana) e rappresentano esattamente i due volti della stessa medaglia. Non a caso le parole chiavi sono ‘mattina’ e ‘notte’ associando ad essi anche caratteristiche comuni note: mattina = luce e positività; notte = tenebre e torpore; e sono proprio queste le caratteristiche che in qualche modo identificano i personaggi in scena in Di notte che non c’è nessuno che risultano immersi nel disagio, ne fanno parte, addirittura ne sono i responsabili; autori del loro destino e di tutto ciò che ne consegue.

Tutto accade in una notte di estate, lungo i binari in disuso di una ferrovia, in un posto buio e isolato ai confini della città e la cui ambientazione viene riportata in scena magnificamente, facendo rivivere agli spettatori i suoni delle sere d’estate in cui a dominare è il silenzio, spezzato a tratti dall’abbaiare di un cane e il canto delle cicale.
Ed ecco i primi due personaggi in scena, un ragazzo ed una ragazza che di fatto sono due delinquenti. Lui vive vendendo il suo corpo e lei vive di espedienti e si ritrovano in questo luogo perché attendono l’arrivo di un uomo a cui hanno rapito il figlio per ricattarlo e per ricavare un po’ di denaro. Ma la situazione scivola di mano ai due giovani e se ne vedono delle belle. Ma l’effetto sorpresa è che quest’uomo non risulterà completamente vittima della vicenda, anzi… Dopo aver compreso che poteva da quella situazione trarre vantaggio per liberarsi da un fardello che porta da troppo tempo, l’uomo si rivelerà quasi complice.
I tre si ritrovano a miscelare i disagi individuali di ognuno che diventano una valanga pronta ad ingrandirsi e che mostra che in realtà queste persone hanno bisogno l’una dell’altra: “un bisogno profondo di emozioni e sentimenti nel tentativo, disperato, di esistere”.

Nel complesso i tre personaggi risultano essere privi di valori saldi e solo capaci di nascondersi dietro il buon costume, l’apparenza. Ed era proprio questo che l’autore-regista voleva riportare in scena, marcando però anche la causa di tutto ciò: a guidare questi stili di vita infatti è il desiderio di costruirsi un futuro migliore o l’incapacità di riconoscersi e affermare se stessi in modo pulito.
Uno spettacolo che non spicca certamente di azione o ironia, ma che sa cogliere il bersaglio e l’attenzione degli spettatori. Diviene particolarmente interessante la performance nel momento in cui si ritrovano in scena i due personaggi maschili, facendo emergere situazioni di vita possibili che toccano la sensibilità di ognuno anche in momenti drammatici, oltre alla pacatezza e naturalità dell’espressione artistica.
Originalità e coraggio di mostrare ciò di cui spesso non si parla o non si vuole parlare.

Maria Logroio

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