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Gustav Klimt

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[ARTI VISIVE]

fregio-di-beethoven-gustav-klimt-spazio-oberdan-milanoMILANO- Domenica 6 maggio ha chiuso allo Spazio Oberdan di Milano la mostra con il fregio dedicato a Ludwig Van Beethoven da Gustav Klimt nella mostra Gustav Klimt. Disegni intorno al fregio di Beethoven.

E’ l’opera d’arte totale, trasmutazione dell’empireo artistico in presagi, in oniriche visioni pronti a condurci nella fluida immensità dell’astrazione, in cui musica, pittura, poesia e – nell’intento originale era compreso un marmo di Klinger – scultura si dispiegano come onde nell’incorporeo esistenziale, viatico verso la nostra essenza, con una statua, posta nella sala centrale e realizzata da Klinger in preziosi marmi policromi, avorio, alabastro e bronzo, che irradia luce e ci irradia verso l’indefinibile. Accanto, il trittico del fregio, caratterizzato da accostamenti di colore come piani cromatici e da linee sinuose e scattanti.
La Nona Sinfonia assume qui, un’interpretazione simbolica: il raggiungimento della felicità e della redenzione dell’uomo attraverso l’arte.
Il percorso espositivo allo Spazio Oberdan di Milano si apre con i manifesti originali della Secessione viennese realizzati da Koloman Moser, Alfred Roller, Ferdinand Hodler e Leopold Stolba che saranno una festa in particolare per gli occhi dei calligrafi. Completano l’esposizione alcuni numeri della rivista “Ver Sacrum”, realizzata dagli artisti appartenenti al movimento secessionista, che usciva in numeri monografici di “arte totale”.
Il Fregio, lungo 24 metri e sviluppato su tre pareti, è dipinto con colori alle caseina su intonaco applicato a incannucciato con inserimento di pietre dure e madreperla.
Il percorso continua con un’esposizione di disegni e bozzetti, tutti rappresentazioni a matita di donne in pose riprese nel fregio stesso, al fine di aiutare la comprensione dei motivi grafici principali della composizione insieme alla forte simbologia e alle numerose allegorie che ne emergono.
Il Fregio richiama con evidenza alla pittura egiziana, ma anche a quella vascolare greca, laddove concepisce la parete come fascia su cui allineare una sequenza di figure ed eventi, ma richiama anche le stampe giapponesi di Hokusai e Utamaro.

Fu dipinto da Gustav Klimt nel 1902 in occasione della XIV mostra del movimento della SecessioneViennese. Beethoven, attraverso la sua opera d’esaltazione dell’amore e dell’abnegazione, era considerato da Klimt e dai suoi compagni l’incarnazione del genio e degli ideali secessionisti. L’esperienza della mostra è sinestetica, con in sottofondo non solo la “Nona”, ma anche l’ “inno alla Gioia” diretto da Gustav Mahler.

Il Fregio contiene un ulteriore livello simbolico, perché Klimt vi interpreta la contrapposizione atemporale tra bene e male, e l’aspirazione al riscatto ideale attraverso l’arte, dal punto di vista del rapporto uomo-donna: nell’opera il momento della liberazione è identificato con il raggiungimento dell’estasi amorosa, e il regno ideale con l’abbraccio di una donna.
All’elemento maschile, il Cavaliere, corrisponde nella parete di fronte una figura femminile, la Poesia. Ripiegata su se stessa nell’attesa passiva, essa suona la lira, e alla femminile curvilinearità del suo strumento corrisponde la spigolosità maschile del Cavaliere corazzato, armato di spada. Per raggiungere la donna e congiungersi a lei, il Cavaliere dovrà compiere una sorta di viaggio agli Inferi, attraversare e sconfiggere le forze del male, e resistere alle tentazioni di sirene malvage e lascive.
Femminile è anche l’universo malefico abitato dalle Gorgoni, parodia maligna del tema delle Tre Grazie, e dalle loro compagne impudiche o terrificanti. Su di esse regna il mostro Tifeo, ibrida bestia dalla testa di scimmia e dal corpo di drago, che rappresenta l’ottusità materialista contro cui il Cavaliere – personificazione dell’Artista – dovrà lottare per affermare il regno dell’arte, così come Teseo sconfigge il Minotauro nel primo manifesto della Secessione. Nella mitologia greca Tifeo è rivale di Atena, già incontrata nelle vesti di nume tutelare della nuova arte, e nasce dalla vendetta di Era contro Zeus. Sotto forma d’un mostro che abita nelle oscure cavità dei vulcani Tifeo è una delle personificazioni della dea Terra, dall’aspetto minaccioso, divoratore della primordiale divinità materna il cui culto risale alle origini della civiltà mediterranea.
L’impresa del Cavaliere-Artista, il suo ostacolato matrimonio con la Poesia, appare perciò ricca di plurimi significati, analoga a quella lotta col drago che è ricorrente nei miti. Nella scena finale, in un giardino incantato punteggiato di piccole rose, moltiplicazione di simboli del sesso femminile, composte fanciulle cantano l’Inno alla Gioia. Sono le vestali di un universo femminile positivo per accedere al quale è necessario passare indenni attraverso il torbido universo gorgonico, che rimane dopotutto il focus visivo del Fregio.
Spogliato della sua corazza, il protagonista – visto di spalle – è immerso nell’abbraccio, figura d’eroe vittorioso ma anche di amante soggiogato. 
La critica ripudiò il Fregio proprio per figure ripugnanti rappresentate, soprattutto le tre Gorgoni, mentre le allegorie della Impudicizia, della Lussuria e dell’Incontinenza suscitarono un’ondata d’indignazione pubblica perché Klimt ha voluto inserire nel dipinto evidenti riferimenti agli organi sessuali maschili e femminili, a sperma e ovuli.
L’operazione milanese è stata curata da tre giovani, Annette Vogel per i disegni, Lorenza Tonani per la grafica, Maria Porro per la riproduzione scenografica.

Silvia Tozzi

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