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The Body Worlds: esplorando il corpo umano

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[ARTI VISIVE]

gunther-von-hagens-bodyworlds-pregnant2ROMA- Siamo fatti così: non possiamo negarlo. Sempre in bilico, tra la voglia di sapere cosa c’è dentro di noi e il ribrezzo nello scoprirlo. A volte cerchiamo di farci forza con lo scherno, come quando apriamo un libro di medicina e di fronte a certe immagini orribili esclamiamo spavaldamente che ci è venuta voglia di bistecca. I soliti trucchi per mascherare il nostro io interiore.

Ma spesso siamo i primi a non voler scoprire cosa celiamo, a non voler guardare dentro noi stessi. C’è così tanto che non accettiamo: il nostro brutto carattere, l’allargarsi della nostra taglia, le responsabilità, il tempo, l’invecchiamento, la morte. Soprattutto per quest’ultima, sembra che vi sia una sorta di impossibilità fisica a essere figurata nella mente di un vivo. E allora giù con litri e litri di formaldeide, a innaffiare poveri squali nella speranza di congelare la corruzione della materia morta e imbrigliarla nel frame di un diorama antitemporale.
Quel furbone di Hirst aveva colto una cosa che abbiamo sempre avuto sotto gli occhi: rifiutiamo la nostra morte, ma quella degli altri la guardiamo come se fosse un piacere proibito. Spesso su Facebook abbiamo a che fare con video di denuncia che somigliano più a snuff movie che a qualcosa di lontanamente giornalistico, eppure la voglia di cliccare su quel link è forte, manco fossimo dei Ladri di Cadaveri al servizio di John Landis, pronti a rubare salme di nascosto per amore della scienza.
Dobbiamo farci pace con questo concetto, la nostra voglia di ottenere testimonianze dirette della morte non è derivata da qualche insana perversione pornografica, ma semplicemente dalla voglia di sapere. Il fatto che poi queste testimonianze non rispondano mai del tutto alle nostre domande, è da ricondursi al già citato monito ittico di Hirst.

Messi da parte tutti questi preconcetti, la sfida di The Body Worlds, presso le Officine Farneto di Roma fino al koerperwelten 02prossimo 31 marzo (la proroga è arrivata da pochi giorni), non sarà più con la vostra morale, quanto al massimo con il vostro stomaco. Le esposizioni di via dei Monti della Farnesina hanno tutte una caratteristica di base: sono corpi veri, donati da persone che furono, presso la fondazione Von Hagens. Ed è proprio grazie a Gunther Von Hagens che abbiamo la tecnica della plastinazione, un metodo di conservazione dei corpi tramite la sostituzione dei liquidi con polimeri di silicone.
L’idea di Von Hagens è semplice, visivamente simile a quella di Hirst ma ben distante per intenti. Dove per Hirst la rappresentazione della morte è provocazione, arte e filosofia, per Von Hagens l’obiettivo artistico è quasi fittizio. Le salme esposte nel suo Körperwelten hanno pose plastiche e spesso citazioniste (splendido il suo richiamo al dottor Tulp di Rembrandt), ma l’intento finale è comunque di natura medica. Corpi donati alla scienza, niente di più nobile. Dal tennista alla ginnasta, dai calciatori allo stesso dottor Tulp, restiamo affascinati dalla tensione dei muscoli, dai fasci nervosi che si dipanano lungo tutto il corpo, dalle sezioni ossee che mettono in mostra persino quelle che furono le unghie del piede della statua-donatore. Ma al tempo stesso non manca la componente estetica: figure dinamiche scomposte in piani compenetrati, una lezione boccioniana a base di carne e ossa, uomini vitruviani, surfisti e ballerine-ragno: al fattore medico si affianca comunque quello dell’arte, e una donna incinta che mostra in una sezione aperta del suo pancione un bimbo bello e pronto ad uscire (non fosse purtroppo morto anche lui da tempo) diventa di colpo una scultura degna della Paolina Bonaparte di Canova.
I corpi in mostra sono privi di identità, e del resto sarebbe stato un po’ ingiusto farci credere che l’esistenza dei singoli donatori fosse unicamente finalizzata all’essere sezionati ed esposti. Ognuno di loro ha vissuto la propria vita esattamente come noi, ma ha saputo accettarne la fine e donarla alla scienza e alla plastinazione. Una scelta che può fare chiunque tra noi: il lavoro della Fondazione Von Hagen prosegue senza sosta, e il volontariato in amore della conoscenza è sempre ben accetto dalle loro parti.

Giampiero Amodeo

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