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Questo non è un Paese per giovani

Non per amor di polemica, al contrario più per amor di cronaca mi trovo a dover scrivere questo editoriale, così da mettere “in piazza” i problemi che, da qui a pochi mesi, tutti coloro che si occupano di comunicazione giornalistica si troveranno ad affrontare.

La notizia, passata in sordina, della manovra “Salva-Italia” varata dal governo Monti (art. 10, legge 183/2011 – “Riforma degli Ordini professionali”, parzialmente modificato nell’art. 33 del d.l. 201/2011, convertito con l. 22/12/2011 n. 214 – “Soppressione limitazioni esercizio di attività professionali”) prevede la prossima abolizione (o incorporamento, o soppressione, o deviazione che dir si voglia) dell’Ordine dei Giornalisti Pubblicisti Italiani.
Almeno teoricamente e finché non ci sarà l’incontro tanto agognato con il Governo previsto per il prossimo 20 gennaio, dal prossimo agosto pare che non ci sarà più distinzione tra pubblicisti e professionisti, a discapito dei primi che, se non sosterranno l’esame di Stato (previo praticantato di 18 mesi presso una testata giornalistica qualificata) vedranno il lavoro svolto finora sfumare nel nulla.
Al momento la diatriba verte su tre possibili soluzioni del problema:
1)L’albo potrebbe essere trasformato in un elenco ad esaurimento, dando così la possibilità di diventare pubblicisti soltanto a chi, in termini di tempistica, rientrerà nell’agosto 2012.
2)Una disciplina transitoria che cambi le modalità di accesso, fattore che implica l’ingresso di nuove norme e la cancellazione definitiva dell’albo.
3)La riconferma dei due albi distinti, con un nuovo esame con nuovi criteri per i pubblicisti.

E meno male che il tentativo è di dare nuovo lavoro ai giovani! Ricordo che, sebbene sognassi di diventare giornalista già alla tenera età di 8 anni (prima ero troppo impegnata a pensare che sarebbe stato meraviglioso volteggiare su un trapezio a 20 mt. di altezza facendo la vita della girovaga da circo), quando  il 15 giugno 1997 mi ritrovai a dover votare per il Referendum Abrogativo dell’Ordine dei Giornalisti, espressi parere favorevole. Pensavo che purtroppo il senso di corporazione in Italia viaggiava su un concetto obsoleto e superato e che quindi, come in altri Paesi del mondo, forse la soluzione migliore fosse costituire delle professionalità basate sulla competenza effettiva, sul lavoro sul campo e non sulla certificazione corporazionale. Non so se mi sbagliavo, quello che so è che comunque queste ultime manovre che mischiano finanza, lavoro e futuro non sembrano in alcun modo avere la soluzione definitiva del problema che affligge il nostro Bel Paese: i giovani non riescono a trovare un lavoro che gli permetta di fare progetti di vita, i “vecchi” non riescono ad andare in pensione, nessuno riesce a sbarcare il lunario senza dover fare mille sacrifici.
Negli ultimi giorni sono già in molti gli utenti che in Rete protestano e chiedono chiarimenti sulla faccenda dell’Ordine dei Pubblicisti: dai giovani giornalisti in procinto di prendere il tanto agognato tesserino, a chi è già pubblicista e freme per sapere che fine farà la sua qualifica.
Forse qualche delucidazione in più la potete trovare solo in un ironico e illuminante articolo di Enzo Iacopino, Presidente dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti (http://www.odg.it/content/lo-%E2%80%9Cscioglimento%E2%80%9D-dell%E2%80%99ordine-dei-giornalisti-e-il-futuro-dei-colleghi-pubblicisti).
Il futuro appeso a un filo? Tutto il mondo al momento appare in questa situazione precaria, non so più neanche pensare cosa sia auspicabile e cosa no, l’unica cosa che resta certa è che la soluzione è ancora lontana, indefinita e non priva di ostacoli e dolorose scelte per ognuno di noi. In questo che non è più un Paese per giovani cerchiamo solo di non spegnerci anche i sogni…

Edyth Cristofaro

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