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Paola Barbato ci prova “Davvero”

diegociorra

[STREAP- TEASE: FUMETTI MESSI A NUDO]

diegociorraNon neghiamolo, noi nerd siamo degli abitudinari. Con gli anni il fumetto ci ha gradualmente educato a concepire e rispettare determinati standard: la strip è in continuità, ma in bianco e nero, la pagina domenicale è a colori, ma autoconclusiva.

Entrambe sono quasi sempre comiche, a differenza del comic book, che a sua volta può essere di qualsiasi genere e continuità, ma con una lunghezza minima di 24-25 pagine, se non di più. In Italia poi va il cosiddetto bonellide, albi di una novantina di pagine non colorate. E infine ci sono i ferrei meccanismi della pubblicazione, della distribuzione, del gradimento, dei resi e quant’altro.
Poca sfida, molta paura. Negli anni della crisi poi, è naturale barricarsi dietro ciò che è stato funzionale per decenni. Ci pensino autori esordienti e case editrici minori a battere nuove strade, a sfidare il canone. Ma non si tratta solo di una sfida editoriale, anzi. L’apprezzamento del pubblico in genere è lo scoglio più grosso inOnline-Davvero-Fumetto-Paola-Barbato fatto di innovazione.
E qui torniamo al punto di partenza: noi nerd siamo degli abitudinari. Trovare nuovi modi per accontentarci, pur preservando la qualità, rappresenta per un autore una sfida di grande impegno e infinito coraggio.
Quando poi l’autore è noto, oltre all’implacabile senso critico di ogni fumettaro, si rischia anche di incappare nell’orribile vortice denigratorio del genere: “i vecchi lavori erano meglio”. Esattamente come quei nostalgici che divelgono la pazienza altrui su come i primi cento numeri di Dylan Dog fossero decisamente più belli degli ultimi duecento.


Paola Barbato è forse una delle migliori autrici che abbiano mai scritto per l’Indagatore dell’Incubo (pur non avendo mai operato prima del numero 100, chiariamolo). Le sue storie, oltre ad avere un intreccio avvincente e ben ponderato, brillano soprattutto per innovazione e coraggio: protagonista e comprimari vengono messi a più riprese su un piano analitico mutevole, trovandosi quindi costretti ad essere qualcosa di più della brutta copia di sè stessi. Il donnaiolo buonista perde così la sua maschera d’ipocrisia, destabilizzandosi e tornando ad essere più realistico, più alla portata del lettore.
D’altronde la Barbato è così, tutta sfide e thriller, ma soprattutto sfide. Il suo recente progetto, Davvero, è soprattutto una competizione con l’idea che abbiamo sempre avuto di lei. Dal giallo allo shojo, dall’intrigo al minimalimismo, dall’horror allo urban. In pratica come passare di colpo da Splatter a Strangers in Paradise. La sfida consiste appunto nel proporre un genere realista e quotidiano che ha fatto la fortuna di moltissime produzioni nipponiche e statunitensi, ma che in Italia sembra proprio non godere di ottima fama.
Per un anno avevo provato a proporre un progetto simile ad alcuni editori italiani – scrive l’autrice sul sito www.davvero.orge la risposta unanime era stata che quel genere, da noi, ‘non va’, ‘non ha pubblico’”. Da lì l’idea di sfruttare la rete per proporre una storia interamente inedida e a costi minimi. Davvero è visionabile solo sul suo sito internet, a cadenza settimanale e con un formato decisamente insolito per progetti di questo genere. Ogni episodio non ha più di sei tavole, ed è sempre illustrato da artisti diversi, soprattutto esordienti, per un roster che attualmente supera le quindici unità.
Davvero il fumetto di paola barbato3 Gli episodi, pur avendo una minima logica se letti a sé, sono uniti da una continuity molto stretta.

Protagonista è Martina, una diciannovenne italiana svogliata e anche un po’ viziata, come molti di noi alla sua età. Bissa l’università e ha un pessimo rapporto con i familiari. Un giorno però suo padre, stanco dei suoi comportamenti, la metterà di fronte a una scelta, che potrebbe finalmente farle scoprire come stanno le cose nel mondo reale, ma che potrebbe anche portarla sull’orlo della disperazione.
Le cadenze di una strip in un formato da comic book, per una lettura al momento interessante, ma forse ancora troppo legata all’ampio respiro di una storia da novanta pagine. A volte si dimostra più piacevole leggere più episodi in una volta, sebbene negli ultimi numeri l’autrice sembrerebbe essersi adattata al nuovo ritmo a sei tavole. Un web comics non interattivo come The Cide, ma che ha fatto della velocità uno dei suoi fattori di maggior presa, e che merita sicuramente di essere seguito. Se non per il genere, se non per la sfida, perché la Barbato ha sempre saputo stupire anche il più pigro di noi lettori.

Giampiero Amodeo

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