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Orecchio Acerbo, dieci anni di libri illustrati

Omino Shiba-ok

[GRAFFI(A)TI AD ARTE]

Omino Shiba-okNon ho mai avuto memoria per le parole, ma da sempre i colori e le forme mi sono rimaste impresse nella mente. Le illustrazioni dei miei primi libri mi hanno aiutato a conservare l’emozione che mi dava la storia. Le vicende dei protagonisti si aggrappavano alle immagini e davano un appiglio alla mia fantasia.

D’improvviso, tra il bianco e il nero la storia prendeva forma, o in qualche modo la anticipava e la faceva diventare allettante. La mia prima curiosità, infatti, era quella di sfogliare tra i disegni e cercare di capire cosa il libro mi 4avrebbe raccontato.
Quando poi il libro ti circonda e la storia è quasi esclusivamente fatta di immagini, il confine tra la parola e il tratto di un pennello diventa sottile. Lo sa bene Orecchio Acerbo, casa editrice romana, che da dieci anni presenta libri illustrati destinati non solo ai ragazzi.
Limitare i libri illustrati all’infanzia è una grave pecca dell’editoria italiana. Orecchio Acerbo esce dagli schemi, proponendo nuove e vecchi racconti che rende vivi prima nei libri e poi circondando il lettore della stessa storia mettendo in mostra le tavole dei suoi illustratori.

A fine ottobre Orecchio Acerbo festeggiava i suoi dieci anni di attività con una mostra presentata a Roma al Salone dell’Editoria Sociale ospitato presso Porta Futuro a Testaccio, che mi ha catapultata in una serie di colori e visioni totalmente diverse tra di loro. Dieci anni, cento titoli è una mostra con tavole originali di Maja Celija, Mara Cerri, Francesca Ghermandi, Beppe Giacobbe, Gipi, Simone Massi, Lorenzo Mattotti, Fabian Negrin, Maurizio Quarello, Spider. Sulle pareti i lavori più diversi del mondo di Orecchio Acerbo, dal fumetto di Gipi vicino alle tavole pop di Spider. Sono disegni semplici e immediati e in questo c’è tutta la loro difficoltà nella realizzazione perché per far sì che un’immagine arrivi subito deve essere costruita nei minimi particolari, la forma e il colore devono essere schietti e le allusioni vicine alla sensibilità comune. Oppure si può utilizzare la storia per raccontare con un tratto sporco e inquietante una favola che ha terrorizzato i miei incubi di bambina golosa, Hänsel e Gretel.

Al Comicon di Salerno, la cui prima edizione si è svolta dall’8 all’11 dicembre, tra gli stand di fumetti e i foto2cosplayers più buffi, il complesso di Santa Sofia accoglieva le vicende paurose dei due fratellini raccontate da Lorenzo Mattotti, sempre per Orecchio Acerbo.
Nelle tavole, che Mattotti dedica alla storia dei fratelli Grimm, i colori sono annullati e l’incubo si tinge di un unico colore: il nero. Ed eccomi ripiombare nella paura che mi aveva creato quella favola da bambina. Mattotti usa solo il nero per far rivivere un’antica paura e forse scavare nei timori che oggi rimangono ancora vivi e in questo accompagna mirabilmente la favola degli autori tedeschi intrisi di etica protestante.
Nonostante le analisi, che posso fare da adulta, è l’immagine che riesce ancora adesso a conservare l’emozione rispetto ad una favola conosciuta a rendere la favola viva e contemporanea. Ecco perché l’editoria illustrata ha forse più motivo di esistere nell’epoca del tablet.
Il cartonato di questi bei libri di favole antiche e moderne si trovano nelle fiere e nei festival di nicchia e di appassionati, le grandi catene escludono i libri così ben curati in ogni aspetto, dal disegno alla rilegatura, ma nonostante tutto diventi globalizzante e anche il gusto si stia a poco a poco appiattendo, nascono nuovi spazi per queste forme d’arte rinchiuse nella carta. In zona Pigneto – Roma, via Fortebraccio 1/a, ha inaugurato il 16 dicembre Libri Invisibili, libreria che ha dato modo di rivedere la mostra Dieci anni, cento titoli di Orecchio Acerbo e che ospita le case editrici escluse dai grandi circuiti della distribuzione.
Perché i libri non diventino invisibili è certamente necessario avvicinarsi ai nuovi sviluppi tecnologici, e magari si deve solo fare un passo indietro considerando il libro un vero oggetto di culto, sentire l’odore della carta, toccarne lo spessore e cercare oltre alle parole qualcosa che possa rendere immediatamente viva la parola: l’immagine.

Shiba

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