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Le Tentazioni Dell’Anima- L

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[MUSICA]

20111205-DSC 7491 copyROMA- E’ stata una scelta deliziosamente tormentata quella che gli avventori dell’Auditorium Parco della Musica si sono trovati di fronte lo scorso lunedì 5 dicembre 2011: mentre la sala Petrassi ospitava il ritorno live di Paolo Benvegnù e del suo Hermann (uno tra i più seri candidati italiani degli ultimi due decenni a disco che non smettereste più di ascoltare, o da ascoltare poco perché la magia va tutelata tramite la ritualità), in sala Sinopoli avveniva invece il più classico, ma allo stesso tempo tra i più obliqui tra gli incontri musicali.

Prendi quello stesso Philip Jeck che nel 1993 dava vita al monolitico Vinyl Requiem, psichedelico e ossessivo flusso contaminato e contaminante di vinili la saturazione dei cui suoni rivelava e premiava un artigiano dall’estro visionario e un cultore assoluto della materia-vinile.
Adagia le lente metamorfosi del suo lavoro sull’arazzo contemporaneo del Parco della Musica Contemporanea Ensemble di Oscar Pizzo (che cura l’evento per Contemporanea/La Voce) a rileggere gli spartiti di alcuni tra i brani più rappresentativi di nomi come Paul Simon o David Lang, o di un principe del filone minimalista-riduzionista della musica classica contemporanea come Philip Glass, o il sentiero argenteo tra musica e flusso verbale battuto da Jacob Ter Veldhuis (meglio noto come Jacob TV), o ancora i contrabbassi avanguardisti di un compositore della caratura di Gavyn Bryars.
Ora: dici Gavyn Bryars e pensi a Tom Waits, che sempre nel 1993 ne aveva colorato di liquore la nenia dolcissima che è “Jesus’ Blood Never Fall Me Yet”. Ed è a quel punto che scopri non solo che proprio quest’ultima è una delle gemme assolute che la scaletta contiene, ma che un Waits che manca trova degno compare di alcolica etre maudit nientemeno che in Piero Pelù. L’accostamento certo stupirà solo chi nell’eclettico frontman dei Litfiba è abituato a riconoscere il solo profilo del rocker nazionale a grana grossa.
Da sempre, invece, parallelamente a quest’ultimo si muove invece un percorso fatto di occasionali, ma assidue, escursioni in territori contigui o spesso anche distanti, che il rocker fiorentino tiene vivo con cura defilata ma appassionata.

I fan litfibiani di vecchia data lo ricordano infatti confrontarsi con molteplici contesti: da Weill e Brecht omaggiati in una pietra miliare come Pirata, fino alla musica popolare di casa nostra e ai tanti fili etnici della tradizione musicale 20111205-DSC 7473 copydel Mediterraneo e del Medio Oriente, dal cantautorato francese al folk-jazz gitano e ai reading di vario tipo o gli esperimenti come interprete teatrale. C’è insomma tutto un Pelù “altro”, che è bene (ri)scoprire e tener presente. E che anche stavolta trova nella sua inconfondibile voce un formidabile veicolo emozionale, che consente all’intero lavoro di fusione di Jeck di, letteralmente, catapultarsi dalla silente dimensione cerebrale che gli appartiene, fino alla pelle e alla pancia dell’ascoltatore.
Ne sono esempio emblematico i due momenti più alti in assoluto, non a caso quelli in cui i due maggiormente cercano e trovano i propri punti d’incontro: la splendida “Jesus Is Coming”, proveniente dal repertorio di Jacob TV, o appunto la già citata “Jesus’ Blood Never Fall Me Yet”, che i fruscii onirici di Jeck e le sommesse invocazioni baritonali di Pelù rendono semplicemente sublime.
Il resto della serata viaggia invece sui binari di una curiosa alternanza: da una parte il viaggio approfondito e notturno tra le mille pieghe del lavoro del britannico, che si concreta dalle parti del lunghissimo mashup che fonde “Cheating, Lying, Stealing” di David Lang e “Changing Opinion” di Glass e Simon.
Dall’altra, come a cercare una quanto mai terrena scossa dopo un così sottile viaggio di emozioni lontane, le riletture di due evergreen anthem litfibiani come “Dio” ed “El Diablo”, preziosi calchi sinfonici di rodate versioni live.
Forbice questa che col trascorrere della serata finisce prevedibilmente per virare verso quest’ultima deriva: il pubblico è parso infatti premiare maggiormente i momenti più movimentati o, al limite, quelli di maggiore equilibrio, non altrettanto pronta risposta offrendo ai momenti più dilatati dell’arte di Jeck.
Il che, se da una parte è spiegabile con l’inevitabilmente maggior richiamo che l’evento ha offerto per gli affezionati del Pelide, dall’altra racconta una bella chance non completamente sfruttata, da parte del nostro pubblico, di entrare in contatto con l’universo di commistione e ricerca in cui si muove l’artista inglese. Occasione, però, che il breve tour nazionale offrirà ancora: e di cui consigliamo caldamente di approfittare.

Piero Pelù: voce
Philip Jeck: live electron ics
PMCE Parco della Musica Contemporanea Ensemble
Luca Cipriano:
clarinetto
Maurizio Giammarco: sax
Eolo Pignattini: corno
Roberto Pecorelli: trombone
Luca Sanzò: viola
Valeria Brunelli: violoncello
Luca Nostro: chitarra elettrica
Lucio Perotti: pianoforte e tastiera
Fulvia Ricevuto: percussioni
Gianluca Ruggeri: percussioni
Tonino Battista: direttore

Francesco Chini

Foto di Federico Ugolini

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