I primi della lista, regia di R. Johnson
Che gli anni ‘70 siano tornati di moda nella cinematografia internazionale di questi ultimi tempi ce ne siamo accorti tutti, basta pensare alla fortuna di Romanzo criminale e a Vallanzasca – Gli angeli del male di Michele Placido, alla Banda Baaider Meinhof di Uli Edel, la Kryptonite nella borsa di Ivan Cotroneo.
La lista sarebbe molto ma molto più lunga e se ancora non siete stanchi di vedere jeans stretti e chitarre che suonano ad ogni ora, se ancora volete sentire parlare di stragi, complotti e anarchia allora non dovete assolutamente perdervi il primo lungometraggio del regista inglese Roan Johnson, I primi della lista con Claudio Santamaria, Francesco Turbanti, Daniela Morozzi, Fabrizio Brandi, Paolo Cioni e Sergio Pierattini.
Ambientato a Pisa, I primi della lista è un esilarante quanto insolita immagine cinematografica degli anni ‘70, dove il protagonista del film Santamaria interpreta Pino Masi, cantautore pisano noto per le sue note lanciate durante la contestazione di quegli anni. E poi c’è Renzo, che vorrebbe fare carriera con la sua chitarra, e Fabio amico di Renzo con cui si sta preparando alla maturità. La musica e la partecipazione ai collettivi li porta a conoscere Pino Masi, idolo dei giovani comunisti che si ribellano all’autorità. La violenza e gli scontri di quegli anni lasciano il posto alla musica e alla voglia di libertà, allo scontro generazionale tra Renzo e suo padre, che vorrebbe renderlo più responsabile, e al tentativo di mediazione di sua madre sempre pronta a difenderlo.
Renzo e Fabio hanno un appuntamento con Masi per un provino, quando la notizia di un imminente colpo di stato sembra dover stravolgere il loro destino. Il Masi allora coinvolge i due giovani nella sua idea di fuggire all’estero, per trovare asilo politico e magari anche il successo nella musica. Ma giunti al confine tra Italia e Austria hanno inizio le varie peripezie dei tre personaggi, i quali, convinti della storia del golpe, si rendono inconsapevolmente artefici di un colossale fiasco, che rende il film piacevolmente divertente, di una comicità sottile, che non scade mai e senza eccessi. E ciò che lo rende ancora più esilarante è sapere che si tratta di una storia vera, di una storia realmente accaduta a tre ragazzi, che per inseguire la libertà si mettono irrimediabilmente nei guai.
Possiamo dire che il regista Johnson ha superato la prova, così come ci piace Claudio Santamaria, questa volta in una inconsueta versione toscana ma sempre bravo nella parte del “dandy”.
Eva Di Tullio
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