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Garden Wall_ Assurdo

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garden-wall-assurdoAlcuni provano a descriverla minuziosamente, arrampicandosi sugli specchi certo, ma almeno ci provano. Altri generalizzano o minimizzano. Altri ancora cominciano a festeggiare la rivoluzione musicale prima ancora di aver capito di cosa si tratti. Molti, invece, la chiamano sperimentale.

Quando sento questa parola mi vengono in mente quelle boccetta da laboratorio, quelle dei cartoni animati tutta bollicine e vapori, di cui si aspetta sadicamente l’esplosione dopo aver messo l’ultimo intruglio fosforescente. Ecco, quello, i Garden Wall l’hanno chiamato Assurdo.
Dire che si tratti solo di contaminazione stilistica è quanto meno riduttivo per l’ottava prova in studio dei friulani Garden Wall, formazione attiva dal 1993 che nonostante alcuni cambiamenti di line up ha dimostrato di saper essere originale con gusto, di svolgere un lavoro lineare nel tempo con coerenza e coscienza, ma soprattutto di essere musicisti minuziosi e di ampio respiro. Assurdo è il primo disco con la Lizard Records, terzo e conclusivo capitolo di una trilogia di cui fanno parte Forget the Colours (2001) e Towards the Silence (2004). Di cambiamenti di rotta, o meglio, di qualcosa che si è aggiunto per strada ce n’è stato. Partono dal classico prog rock di stampo Genesis e King Crimson, si spostano sulle sonorità più aggressive del metallo pesante avvicinandosi ai Dream Theater, si aggiunge l’ebrezza heavy rock e la musica classica del XX secolo. E, per arricchire il meltingpot musicale, si potevano tralasciare post rock, death e le infinite sfumature etno jazz? Beh, no. E’ qui che arriva Assurdo, e il suo compito è dare un ulteriore sferzata al suono, un’altra sfaccettatura ad un suono complesso. E ci riesce anche bene.

Un esempio? Prima traccia, “Iperbole”, dopo un minuto di urla e ritmiche scalpitanti, siamo spiazzati, seppur con grazia, dal violino di Simone D’Eusanio e, ad accompagnarci tra le sue pieghe jazz, è un cantato ironico e teatrale. L’aria si ovatta con ambientazioni oniriche. Una voce sussurra, trascina, diventa sempre più graffiante senza andare a deviare i classicismi per poi esplodere nel rock più ruvido dagli intramezzi elettronici. E’ proprio l’elettronica la new entry che diventa lampante dominatrice di questo disco e che ne riduce lievemente il suo impatto metal.

Non per niente i Garden Wall si propongono come avant math prog ethnic metal – un nome, un programma – e sembra impossibile, quindi, non mandare in confusione chiunque voglia imbrigliare questo sound in definizioni nette: l’elettronica, invece di farci a cazzotti, crea un tessuto morbido con gli strumenti acustici, con archi, fiati e classicismi, e a reggerle sono atmosfere labili e opache che si riflettono bene nelle citazioni letterarie e filosofiche di Ciorani, Ceronetti e Musil (“Everything is absurd when you see it clearly”). Un calderone che si riflette anche nei testi: strutture portanti inglesi devastate da deliri italiani, e poi c’è friulano, francese, tedesco e latino. Lingue utilizzate come veri e propri strumenti musicali.

E se torniamo alla trilogia scopriamo anche un mondo di autocitazioni: oltre a piccoli elementi dei due capitoli precedenti in quasi tutti i pezzi, Assurdo comincia con la chitarra bow che conclude Towards the Silence e finisce con il vortice elettronico che costituisce la sezione di apertura di Forget the Colour che, tra parentesi, è una bella sorpresa ma da infarto. E’ una caccia al tesoro in cui l’assurdo è chiaro: è possibile trovare snodi mediorientali (“Vacuum fluctuation”), particolari riletture del concetto di jazz fusion funky (“Trasfiguratofunky”), techno death e ambient (“Re-Awakening”, “Negative”), l’elektro gothic metal della compulsiva “Flash (Short-lived Neorealism)”, passando per i disarmanti classicismi schizofrenici di “Butterfly Song” e arrivando persino al pseudo noise (“Just cannot forget”, in cui i materiali degli altri dischi sono camuffati da armonizzazioni distorte e quasi cancellate dai fiati). Il tutto amalgamato dal multistrumentista Alessandro Seravalle che, nel booklet del disco, definisce la sua parte vocale heart-felt emissions.
C’è poco da aggiungere, c’è poesia in questo disco. Estenuante minuziosità, genialità compulsiva, qualità delirante e una sperimentazione che alla fine ha fatto un bel botto.

TRACKLIST:
1. Iperbole
2. Butterfly song
3. Trasfiguratofunky
4. Negative
5. Just cannot forget
6. Flash
7. Clamores horrendous ad sidera tollit
8. Vacuum fluctuation
9. Re-awakening
10. Isterectomia

Emiliana Pistillo

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