C. De Gregorio, Così è la vita. Imparare a dirsi addio
“Sono sicura che le persone che ci hanno lasciato siano nelle cose che ci hanno insegnato, nei loro pensieri da finire di pensare, nei gesti che ripetiamo ogni giorno quando prepariamo il pranzo e curiamo i fiori, nella capacità di dire di no quando serve e di restare integri anche in loro nome. Altro che nuvole, andiamo. Non siamo mica bambini. E’ il momento di cominciare a raccontare daccapo la vita com’è.”
Esplicito, illuminante, perfetto nella sua semplicità. Il libro di Concita De Gregorio analizza e scompone il non detto, il non spiegato, il nascosto a tutti i costi. La morte vista come una parte della vita, come qualcosa che c’è finché ci siamo noi e che con noi scompare quando non ci saremo più. Una critica spietata alla società dell’apparire e dell’eterna giovinezza, che alla vecchiaia ha dichiarato guerra e che la combatte come fosse il peggiore dei mali. Ne sono testimonianza le facce di attrici, veline, politiche e politicanti intrappolate nei “burqa di plastica” che il Dio Bellezza&Perfezione impone di indossare alle fedelissime adepte della nuova religione occidentale. Anni che scorrono senza lasciare traccia, esperienze e scoperte messe da parte e dimenticate, bellezza stereotipata e soprattutto tanta paura della fine. Di quel dopo che non si sa cosa sia, di quel dopo in cui non si sa dove si vada, di quel dopo che viene taciuto e diventa tabù.
Pagina dopo pagina, non ho potuto fare a meno di ricordare il viso di mia nonna, quella faccia interamente ricoperta di rughe che nascondevano ognuna un piccolo segreto. Diceva sempre: “Ogni ruga è un’esperienza, un dolore, un’emozione”. E io quelle rughe le ho tutte impresse nell’anima, come una carta topografica che mi ricorda la più bella delle terre, il più prezioso dei tesori. Vivere attimo dopo attimo, imparare ad amare e vedere come nel tempo i ruoli possano invertirsi. Tutto con serenità, con la consapevolezza che la fine è solo materiale e che il tempo che passa non distrugge, ma eleva a ricordo. Ricordo prezioso. E così l’autrice scardina i tabù legati alla morte e conduce il lettore lungo una riflessione che porta a vedere tutto con occhi diversi, spesso con gli occhi di un bambino. I bambini capiscono spesso più di quando immaginiamo e soprattutto sono capaci di affrontare il dolore con una leggerezza che appartiene solo a loro. Sorprendente come spesso siano in grado di darsi delle spiegazioni che neanche nella migliore delle ipotesi avremmo saputo fornire noi, convinti di essere custodi di grandi verità e di agire nel loro interesse. Due bambini ad un funerale guardano il corpo del nonno di uno dei due: “E’ tuo nonno?” dice il primo. “No, è solo il suo corpo” risponde l’altro.
La leggerezza con cui il momento dell’addio è affrontato, la diversità di interpretazione che se ne può dare, la consapevolezza di poter trovare in ogni separazione o malattia un senso di crescita e pienezza, che si contrappongono al vuoto e al senso di inutilità. E ancora la possibilità di capire che il dopo può renderci più forti e che dietro ogni perdita c’è un guadagno, che può contribuire a migliorarci se lo si affronta e lo si attraversa senza cadere nell’errore di negarlo e nasconderlo. Sono questi gli elementi racchiusi in un libro che riesce in un centinaio di pagine a far vedere le cose da una nuova sorprendente prospettiva.
Concita De Gregorio, Così è la vita. Imparare a dirsi addio, Einaudi, pag. 122, € 14.50
Caterina Altamore
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