Kadishman maestro contemporaneo
[ARTI VISIVE]
ROMA- Il Festival Internazionale di Letteratura Ebraica terminato lo scorso 21 settembre ha lasciato una traccia significativa a Roma, perché la mostra dedicata alle opere del maestro Menashe Kadishman resterà aperta fino al 30 novembre presso la Ermanno Tedeschi Gallery in via del Portico d’Ottavia.
L’autore, pittore e scultore, è uno dei più importanti artisti della scena mondiale ed è considerato l’anello che unisce la vecchia guardia artistica Israeliana del ‘900 con i nomi che appartengono al nuovo secolo. Insomma, si tratta di un vero pioniere dell’arte concettuale, inizialmente votato al minimalismo respirato negli anni della sua formazione londinese. Celebre la sua performance alla Biennale di Venezia del 1978, nella quale si presentò alla guida di un gregge di pecore tinte di blu, belanti per i saloni della mostra.
Un’esperienza simile scorre sul monitor all’interno dello spazio che ospita le sue opere in questi giorni: un gregge di pecore tra gli ulivi, scena altamente simbolica permeata di richiami spirituali e religiosi.
Alle pareti i suoi soggetti più famosi, le Sheep Heads ripetute in maniera seriale, sebbene ognuna diversa dall’altra. Colori smaglianti raffigurano primissimi piani di innocenti animali che sembrano accusare del loro eterno sacrificio coloro che le osservano. Come in altre opere dell’artista è il numero ad evocare le sensazioni del pubblico, che si ritrova letteralmente all’interno di un gregge multicolor. Con queste Kadishman ha dato vita ad una delle sue installazioni intitolata The Herd, anch’essa presente nel silenzioso e suggestivo video. Riproponendo il concetto del gregge, l’autore ha posto le numerose teste-tele in aperta campagna creando così una sorta di gregge-cimitero e lasciando che il vento le facesse cadere a terra, riecheggiando il sacrificio di cui l’animale è simbolo per eccellenza.
Nonostante il forte impatto emozionale, le opere non sfociano mai nella rappresentazione nuda della violenza, piuttosto alludono al sacrificio umano sempre con pietà.
Sul pavimento dello spazio espositivo giace Fallen Leaves, altra installazione di fama che è stata ospitata tra gli altri nel Judische Museum di Berlino: dischi di ferro che riproducono sommariamente tratti di uomini urlanti, chiara allusione alla tragedia della shoah. Sebbene il tema sia uno dei più tremendi della storia dell’uomo, vale ciò che abbiamo già detto per le opere precedenti, poiché neanche in questo caso l’artista ha ceduto al più facile richiamo dell’effetto che la violenza esposta può rappresentare. Il dolore che traspare è sempre contenuto, di forte impatto sulle coscienze, ma sobrio e, proprio per questo, intimamente condivisibile.
Francesca Paolini
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