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Cesare Livrizzi_ Dall’Altra Parte Del Cielo

Livrizzi

LivrizziCome tutte le verità che qualcuno ti spara- flescia in pieno volto mentre pensavi a quale sushi buffet collaudare stasera, era stata folgorante l’osservazione di un anonimo commentatore web, che in una breve recensione dei fortunati Moralisti degli Amor Fou aveva elogiato l’ensemble milanese scrivendo che era ora, finalmente, che la si piantasse coi continui sbrodolii dell’introspezione e si tornasse a raccontare che cosa succede là fuori. Verissimo.

Osservi come fino ai ‘90 i dischi fossero mediamente pieni zeppi di storie che davano voce a qualcuno o qualcosa di altro dal parlante, qualcuno che di voce magari non ne aveva: quindi, anche solo a occhio, fai un rapido confronto su quanto spesso ora l’unico o quasi cui si tenda a dare voce sia l’Io.
Aggiungici i De André morti e gli Ivano Fossati che si ritirano, va a finire che di decenni te ne senti addosso almeno quattro in più. E anche un filo di sciatica, che prima era il calcetto e ora è l’età, signora mia.
Mica male questo piccolo percorso di salti logici: a ingenerarlo, direttamente dal catalogo di Zone Di Musica, è Dall’Altra Parte Del Cielo, il cui autore è Cesare Livrizzi, aria da resistente e dinoccolata scrittura di libera ispirazione dylaniana.
L’esordio di questo stropicciato e lunare lirista catanese consiste in una bigia cesta contenente undici ballate dall’aroma acustico, fluttuanti e naif (alle volte troppo), che sommessamente sfidano l’airplaying quotidiano delle emozzzzioni del cuòra raccontando, appunto, storie.

Certo, episodi come “Partenze”, o come l’iniziale “Ricorda Quest’Inverno” che tratta della bellezza invisibile insita nella perdita di qualcosa di caro, lasciano temere che questa strada passi forzatamente per la solita sintesi mimetica tra storie e introspezione, che alla fine le prime sono il pretesto per la seconda, e uè guagliò. Poi però il ghiaccio si rompe e la pronuncia siculeggiante e quasi approssimativa di Cesare crea, fondendosi con un l’accurato setaccio dei suoni delle parole, un bizzarro manto magico che sembra un tappeto.
E che invece è un’amaca, dove comode si adagiano, appunto e finalmente, storie che vien voglia di menzionare tutte:  da quelle notturne di amanti (“Partenze”), reali e vive di un dolore che sembra accanirsi su una già fragile fede (“Macabro Blues”) a quelle surreali dell’uomo che in “Valzer Di Confine” cammina su un altro pianeta e nella title track (che contende la palma di miglior momento del disco alle sognanti “La Luna E La Mosca” e “Stelle D’Agosto”) è senza una gamba; dalla sottile paranoia funerea de “L’Amante Della Sposa” che pare salutare la conterranea Carmen Consoli ai lontani echi di De Gregori e Waits che percorrono un po’ tutto il disco.

Punto di forza è poi l’arrangiamento di Susanna Rienzi, habitat discreto e ombroso per le canzoni, che non poco si giovano ora di atmosfere soffuse tagliate a misura di parola, ora di brioso sostegno ritmico qua e là.

Certo, con così tanta roba non ci voleva molto a immaginare un problema di selezione e raffinazione: un ascolto più indagatore rivela infatti la presenza di più di qualche ingenuità che tale resta pur stando sorprendentemente alla base di idee magari centrali, e sulle quali l’autore avrà necessariamente da lavorare, probabilmente anche molto.
Ma se n’è viste decine, di debutti zeppi di squilli di fanfara e desolantemente vuoti di tutto il resto: qui invece, raccolte e fotografate con pazienza e amore da un vissuto attento e partecipato, ci sono tante immagini – e, lo sottolineiamo ancora una volta – storie!
Che vanno centrate meglio, ma qui siamo della scuola “migliora solo chi ne ha il tempo”: ed è proprio quest’ottica a rendere molto incoraggianti le prospettive di questo ragazzo, che sarà piacevole attendere ancora.

Cesare Livrizzi: voce, chitarre, pianoforte
Susanna Rienzi: arrangiamenti, chitarre, pianoforte, tastiere
Valeria Sturba: violino
Emanuele Tomasi: batteria e percussioni
Matteo Portelli: basso
Sergio Zafarana: chitarre
Eugenio Colombo: sax
Luigi Bozzolan: fisarmonica

TRACKLIST:
01. Ricorda questo inverno
02. Valzer di confine
03. Dall’altra parte del cielo
04. Partenze
05. Macabro blues
06. L’amante della sposa
07. Ogni sorso in più
08. La luna e le mosche
09. Ombre
10. Stelle d’agosto
11. Fino a domani

Francesco Chini

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