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Diritto al ritorno sì, ma dove?

evakent
[L’ILLETTERATA]

evakentUn Leon de Winter in stato di grazia ci presenta per i tipi della Marcos y Marcos un thriller fantapolitico mescolato sapientemente all’annosa questione del rapporto genitori- figli.

Proiettato in un dopodomani dai contorni agghiaccianti, Il Diritto al ritorno è un romanzo assurdo eppure di tragica attualità, che racconta con freddezza e con un gelido pessimismo le spaccature tra Israele e il mondo islamico. Il conflitto israelo- palestinese assume contorni apocalittici, Israele si è ristretta alla città- stato di Tel Aviv, posta sotto assedio i cui confini sono controllati da tecnologie che leggono il Dna, e dove vivono solo vecchi, criminali, prostitute e disperati: tutti quelli che hanno potuto se ne sono andati.

Bram Mannheim, figlio di Hartog Mannheim, Nobel per la Biochimica ormai divorato dall’Alzeihmer, vive ancora lì, non si Il-diritto-al-ritorno8rassegna alla perdita di Bennie avvenuta sedici anni prima negli Stati Uniti in circostanze poco chiare: il bambino, di allora 4 anni, è stato rapito, stuprato e ucciso, o è affogato? Con lui Bram ha perso la moglie che si è lanciata in una folgorante carriera da attrice a Mombay, la dedizione al lavoro da storico che gli era valso una folgorante carriera accademica e, per un lungo periodo, anche la testa, persa dietro ad una numerologia che molto ricorda dei segreti della Cabbala e ad una vita vagabonda alla strenua ricerca del figlio perduto.
Ma i miracoli accadono, Mannheim risorge, fonda a Tel Aviv insieme ad Ikki “La Banca”, un’agenzia che si occupa di rintracciare bambini scomparsi misteriosamente, ricrea un rapporto col padre malato e scopre che forse quel figlio perso, non è morto. Ritrova l’amore, la rinascita alla vita dopo una vita di morte sospesa mentre lo sguardo scivola su una jihad mondiale, dove le vie del fanatismo hanno spianato la strafa al fallimento della politica israeliana di un tempo – il nostro.

Una storia di speranza e disperazione, un romanzo dolente e doloroso che racconta la delusione e il raccapriccio per il futuro che potrebbe attendere il mondo. De Winter urla che Israele potrebbe non farcela e lo fa con la commovente storia di un padre, mentre proietta immagini cupe, dove né con la speranza di pace né con i fuochi di guerra si è giunti a quel diritto ebraico al Ritorno di cui la Storia tutta è intrisa. Errori antichi che ritornano e una speranza attuale che resta salda e ci ricorda che, forse, una possibilità c’è e, a volte, ci può sorprendere.
Una conferma del genio di Leon de Winter, da leggere sicuramente.

Leon de Winter, Il diritto al ritorno, Marcos y Marcos, pag. 447, € 18

Eva Kent (evakent.74@gmail.com)

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