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12 settembre: il domani dell’America è oggi

diegociorra
[STREAP-TEASE: FUMETTI MESSI A NUDO]

diegociorraUn giorno lungo dieci anni. Un giorno orribile, fatto non solo di morti, quanto di speculazioni, dietrologie, strumentalizzazioni ed esaltazioni belliche di ogni tipo. Un giorno che ha accentuato le divisioni, il “noi contro loro”, il bisogno disperato di avere un’antagonista per poter giustificare la propria natura protagonistica, o semplicemente qualcuno a cui poter affibbiare la colpa di tutta questa insensatezza.

Osama Bin Laden ci ha sbloccati dall’ empasse mentale denunciata da Tyler Durden (altro terrorista, anche se a modo suo): quella di essere i figli di mezzo della storia, senza una Grande Guerra o una Grande Depressione che diano un senso alle nostre vite. Tuttavia, dopo dieci anni di guerra al terrore, con improvvisati Adolf Hitler dell’ultim’ora e crisi 11_settembre_enki_bilaleconomiche internazionali, quel senso non ci è ancora arrivato.
E questa non è che la prima, amara, riflessione che trapela in 12 Settembre – L’America Dopo, edito da Rizzoli Lizard. “Le forze speciali americane chiudono la partita con Osama Bin Laden, l’uomo più ricercato della terra dopo una caccia durata 9 anni e 213 giorni. Il dopo 11 settembre comincia adesso, sul serio”.
Pascal Delannoy e Jean-Cristophe Ogier decretano così la mezzanotte di quello che è stato il giorno più oscuro nel nuovo secolo occidentale, strappando finalmente la pagina del calendario e chiedendosi una volta per tutte in che direzione stia andando l’America. I due giornalisti francesi hanno così raccolto il parere di alcune tra le firme più autorevoli del panorama fumettistico e non. A partire dalla copertina di Enki Bilal, passando per le tavole grottesche di Joe Sacco (vero e proprio giornalista a fumetti, i cui reportage in narrativa sequenziale hanno fornito un notevole spaccato della questione palestinese e della guerra serbo bosniaca) e per quelle aberranti e malinconiche degli argentini Muñoz e Sampayo (autori dello splendido Alack Sinner, uno dei primi fumetti noir postmoderni), l’immaginario fumettistico spazia non sulla tragedia, quanto su tutto ciò che ne è conseguito. Il terrore razziale e religioso, l’antrace, il bisogno di quella sicurezza malata offerta da George W. Bush a discapito di un leggero sacrificio della propria libertà: argomenti sviscerati con distacco storico e a volte ironico dai più disparati autori americani e europei.

I vignettisti satirici Cagle e Plantu dialogano da una parte all’altra dell’Atlantico su come i due continenti hanno dovuto affrontare questa ultima decade bellica, in una specie di sfida all’ultima striscia comica. Alla stessa maniera, lo statunitense Art Spiegelman, autore del mai troppo elogiato Maus (una pietra miliare del fumetto e un obbligo culturale per chiunque non l’abbia ancora letto) e di All’Ombra delle Torri, proprio dedicato ai fatti del World Trade Center, ou-va-l-amerique-depuis-le-11-septembredescriverà in una breve intervista come la sua prole vive questa epoca di crisi, il tutto accompagnato dalle illustrazioni di Lorenzo Mattotti, l’artista a tutto tondo nato con Alter e il gruppo Valvoline, la cui vena artistica ha permeato l’immaginario visivo italiano per tutta la fine del XX secolo. A questi si affiancano i saggi e le opinioni di autori in prosa del calibro di Sophie Aram, Jean-Luc Hees e Russel Banks.
Ciò che meglio caratterizza questo tomo è il suo valore antiretorico. Il dolore di cui parla è reale, rispettoso e per nulla speculativo. Anzi, nel mirino c’è proprio la strumentalizzazione sul dolore dell’11  settembre, di cui si è abusato così in fretta da aver generato subito alcune tra le più spietate parodie (chi non ricorda Lois Griffin che per vincere le elezioni non fa altro che ripetere senza motivo le parole “nine eleven”?). Il riciclo della retorica post-vietnamita de “I nostri ragazzi” qui viene smontato dalla tragica verità di una società troppo imbambolata da ideali di patriottismo anacronistico, mentre chi è al governo stringe accordi con una classe finanziaria destinata a far scoppiare definitivamente la bolla economica capitalistica.
Come ci spiega Joe Sacco, gli Stati Uniti, che nei suoi due secoli e mezzo di vita non si può non definire una nazione giovane, è stata grandiosa e promettente, al pari dell’Antica Grecia. Ma ha scoperto in questa ultima decade che non è invincibile né immortale: la stessa consapevolezza che acquisisce ogni adolescente nel suo passaggio all’età adulta.

Giampiero Amodeo

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