Captain America, regia di J. Johnston
Nazisti sconfitti a tavolino: ecco finalmente qualcosa che non ci aspettavamo di vedere. La compagine capitanata da Adolf Hitler dimentica di presentarsi sul campo e subisce un pesantissimo 3-0, con le forze alleate che sentitamente ringraziano.
Quello che potrebbe sembrarci il finale alternativo dello stalloniano Fuga Per La Vittoria non è altro che la prima e forse più considerevole obiezione posta al termine di Captain America: The First Avenger. Una pellicola che sa scorrere in maniera piacevole e lineare, con una trama ben nota e delle aspettative d’originalità che non superano quelle di The Passion. Tuttavia il film prende bene, soprattutto grazie a delle simpaticissime strizzate d’occhio ai fumettari e all’editoria in generale, tanto da farci arrivare ai titoli di coda (e anche un po’ più in là) con il sorriso sulle labbra. Poi, a metà strada tra l’estasi dell’aftercredits e la percezione della sciatica procurata da un posto in sala decisamente troppo scomodo, arriva la piena consapevolezza della truffa cui siamo stati vittime: per tutta la durata del film non c’è stata una svastica, un passo dell’oca, un Hitlergroβe (il saluto hitleriano), o una divisa da SS. Diamine, a momenti non c’era nemmeno un vero tedesco.
Del personaggio di Capitan America non c’è molto da spiegare: nato nei primi anni 40,è uno dei capostipiti del comic book insieme a Superman e The Spirit. Un supereroe, uno dei primi. E come gli altri della sua specie, un campione di virtù da contrapporre all’Ubermensch nazista, frutto aberrante dell’albero filosofico di Nietzche. Capitan America è un soldato, o per meglio dire Il Soldato. E’ una figura che incarna contemporaneamente il Milite Ignoto, il partigiano Johnny, il bravo ragazzo di campagna, e probabilmente uno o due Presidenti storici degli Stati Uniti. Ma soprattutto è uno dei primi simboli che la fantasia comune ha legato storicamente alla lotta al nazismo. Se parli di Capitan America stai parlando delle gesta eroiche della Seconda Guerra Mondiale, della lotta a Fritz il Crucco, e dei cartoni con DuffyDuck che dà le martellate ad Adolf Hitler. Levare i nazisti è come girare Dracula senza l’utilizzo di dentiere. Soprattutto adesso che l’ondata era favorevole grazie a Tarantino, che ci ha mostrato che è possibilissimo girare un film di supereroi che sfidano il Reich. Eppure è proprio così che sono andate le cose. E del resto forse nemmeno Bela Rugosi era così fiero di mostrare la sua dentatura in pubblico.
A sostituire i nazisti c’è quindi questa associazione segreta chiamata Hydra, di origine tedesca ma distaccata dall’autorità del Fuhrer, che si dichiara da subito più cattiva dei cattivi, ed è pronta a muovere guerra al mondo intero. A fronteggiarli naturalmente c’è il giovane Steve Rogers, patriota troppo magro per l’arruolamento che si sottopone a un esperimento militare per il potenziamento fisico (dagli ovvi risultati narrativi). Steve è così ossessionato dall’idea di fare la sua parte nella Seconda Guerra Mondiale, che finisce per non presenziarvi nemmeno in una occasione. Grazie ai suoi nuovi poteri, il governo decide di sfruttarlo subito come fenomeno da baraccone itinerante, mascherato di tutto punto in spettacolini atti alla vendita dei bond alla difesa. Una volta giunto in Italia (a svolgere lo stesso ruolo che fu di John Wayne durante la guerra del Vietnam), a pochi mesi dalla battaglia di Montecassino e in compagnia di quelli che la storia avrebbe definito D-DayDodgers, viene da sperare che finalmente avrà a che fare con la guerra vera, quella in cui ci si sporca di fango e sangue. Anche perché fino a quel momento il film non ha fatto altro che cercare di allontanarsi dai colori edulcorati della Golden Age del fumetto, per cercare di puntare più sul realismo: il costume classico dei comics indossato solo per pantomima teatrale, i fumetti sfruttati come semplice merchandise a fini bellici, il tour a caccia di contributi economici a metà strada tra la verità storica (Cap venne realmente usato per reclamizzare i bond alla difesa) e Flags Of OurFather di Eastwood. Tutto questo slancio di genialità realista viene vanificato dal fatto che Steve non parteciperà mai alla Grande Seconda, o almeno non a quella che conosciamo noi.
Quella di Cap sarà quindi una Guerra Segreta, che combatterà al fianco dell’amico Bucky (a livello recitativo ben più carismatico di Chris Evans) e degli HowlingCommandos (buttati lì nella trama solo per marchettare il loro imminente spin-off) contro la terribile Hydra, organizzazione guidata dal perfido Teschio Rosso (un Hugo Weaving non proprio in stato di grazia).
Captain America è a tutti gli effetti un film Disney: politicamente corretto ma con una punta di negazionismo non indifferente. Apologia del nazismo a parte, accettando il fatto che si tratta di un fumettone poco realistico, la parte avventurosa ha più alti che bassi. Johnston alla regia mostra una notevole competenza, e il suo cast di attori raramente delude (Stanley Tucci una spanna su tutti gli altri).
Finale aperto che presta il fianco al Marvel CinematicUniverse, cosmo narrativo intercinematografico che unisce con un filo conduttore i film di Thor e Iron Man ed è prossimo a culminare nel progetto corale degli Avengers.
Giampiero Amodeo
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