Getta Mary Jane dalle scale: aborti in casa Marvel
[STRIP-TEASE – FUMETTI MESSI A NUDO]
Da un grande potere deriva una grande responsabilità. Un clichè talmente abusato da averci fatto dimenticare che non è mai stato così che sono andate veramente le cose. Un po’ come quando si dice che i soldi non fanno la felicità: ricevere un guadagno extra un sorriso te lo strappa eccome, non diciamo fesserie!
E alla stessa maniera più leggiamo notizie relative a personaggi di potere, meno l’argomento verterà sul loro senso di responsabilità.
E allora meno male che ci sono i supereroi, miti ciclici che ci ripetono quali sono le colonne portanti di un agire retto e privo di debolezze morali. In una società livellata e piena di complessi come la nostra, diceva Eco, l’eroe in costume deve incarnare oltre ogni limite le esigenze di potenza del lettore attuale. Dove avevano sbagliato i greci, i cui eroi premiavano solo l’arguzia, dove stavano quasi riuscendo i film western di serie B, puro senso etico a discapito di qualche piccola verità storica, il fumetto supereroistico fu forse il primo a unire Kant e cristianesimo spicciolo con un linguaggio semplice e popolare.
Ma al di là dei gattini sugli alberi e delle rapine sventate, restano sempre delle piccole ipocrisie di fondo, che fanno tanto a cazzotti con la nostra sospensione dell’incredulità. Ad esempio, per riportare uno sposino perfetto come Peter Parker a una neutra condizione di libertà coniugale (senza passare per un impopolarissimo divorzio), la Marvel ha ordito un piano a base di patti con il diavolo e cancellazioni spaziotemporali, che davvero non vale la pena di riportare in questa sede.
La parte più divertente arriva quindi quando vogliono far affrontare ai propri eroi il dramma della paternità, senza doversi però trovare dei figli a carico. E nonostante Ellen Page, beniamina di molti nerd, sia stata anche la protagonista di Juno, alla Marvel hanno ancora dei piccoli problemi ad affrontare direttamente il tema dell’aborto.
Senza che ve lo chiediate, la risposta è immediata: in 50 anni di vita editoriale, quasi tutti i principali personaggi Marvel hanno dovuto affrontare nel bene e nel male la perdita di un bambino, con tanto di pagine e pagine dedicate alla perdita del pargolo. L’Uomo Ragno ad esempio si giocò la bambina a causa dell’acerrimo nemico Green Goblin, il quale si è servito di una badante-killer che rovinasse la gravidanza della moglie Mary Jane allo scopo di far soffrire il suo rivale di sempre. Festa del papà triste anche per Ciclope degli X-Men, che dovette cedere il bambino a una congrega venuta dal futuro, che gli aveva promesso di salvare l’infante da un virus tecno-organico che ne minacciava la sopravvivenza. Il piccolo Nathan scomparve nello spazio tempo per tornare alla nostra epoca nei panni di un uomo già bell’e fatto.
Per Capitan America l’aborto è un po’ più recente, ma anche per lui si sprecano gli escamotage che lo scevrano da qualsiasi tendenza Pro-Choise. Mentre era morto (si sa, uno non è che può restare morto per sempre), la sua amata Sharon Carter ha subito un’interruzione violenta della propria gravidanza a causa dei piani del Teschio Rosso, che voleva trasferire la sua mente nel corpo del nascituro.
Comunemente questa tecnica narrativa viene chiamata Aborto di Convenienza (ma anche un semplice “Caduta dalle scale” renderebbe l’idea), e popola tanto i fumetti mainstream quanto i serial televisivi a lunga durata. Modificare lo status di un protagonista in una maniera così radicale non è mai conveniente, per cui tanto vale chiedere alla sua moglie gravida di scendere dei gradini in una maniera un po’ meno convenzionale.
Il caso più eclatante in questo senso è forse quello di Betty Ross Banner, moglie dell’Incredibile Hulk. Pare che l’autore dell’epoca, Peter David, avesse già completato la sceneggiatura della nascita del loro bambino, ma le alte sfere della Marvel bloccarono il progetto per i soliti motivi di convenienza. David quindi trattò l’aborto solo in maniera tangenziale, dando in parte la colpa alle entità soprannaturali Nightmare e D’Spayr, che a furia di tormentare Betty l’avrebbero così portata all’aborto spon taneo.
Tra i Vendicatori abbiamo inoltre gli aborti di Pepper Potts, vecchia fiamma a intermittenza di Iron Man che perse il suo bambino a causa di un ex-amante di Tony Stark, e la perdita di Scarlet Witch, che scoprì che i suoi due figli non erano mai stati dei veri figli, ma un’emanazione del diavolo.
Il problema però non è mai stato il figlio in sé, quanto il doverlo crescere. Nathan Summers, figlio di Ciclope, è diventato un character stabile nelle serie mutanti, così come Daken, progenie di Wolverine che ci è stata presentata quando era già in età adulta. Stesso discorso per Skar, figlio di una scappatella intergalattica di Hulk, la cui origine aliena l’ha fatto crescere di colpo, risparmiando al gigante di giada levatacce notturne al suono straziante di un baby monitor.
Gli unici ad andare in controtendenza sono i primi eroi Marvel, quelli che da subito si sono comportati come una famiglia, quei Fantastici Quattro che, sempre tra aborti spontanei e rapimenti spazio-temporali, due figli sono riusciti a tirarli su in una maniera più o meno accetabile.
Per cui il problema si dimostra essere proprio la colonna portante di chi detiene il grande potere: la grande responsabilità. Salvare un intero scuolabus o sgominare un racket sono cosa da poco, in confronto a dover allevare un pargolo. E questo, per degli eterni adolescenti che passano le giornate in calzamaglia e vivono ancora in casa della zia malata, è decisamente una responsabilità ben al di fuori dei loro poteri.
Giampiero Amodeo