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Teresa De Sio a Villa Ada: una paradiso nazionale

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[MUSICA]

12ROMA- Teresa De Sio non poteva scegliere cornice migliore per far assaggiare al pubblico le nuove canzoni del disco in uscita a settembre. E’ infatti al consueto festival di Villa Ada, Roma incontra il mondo, arrivato alla 18a edizione, che la cantautrice partenopea è partita con il suo tour estivo.


A quattro anni dal precedente album Sacco e fuoco, la De Sio porta una bella ventata di freschezza al panorama della musica popolare italiana, e lo fa con più saggezza, con toni più aspri e con quella grinta che riesce a tenere sempre alto il livello dei suoi spettacoli. E, decisamente, come il buon vino migliora invecchiando.
Arrivo a Villa Ada e vedo una schiera di persone sedute comodamente ai tavolini di fronte al palco, tutti composti e impassibili, e poche, pochissime, persone sotto al palco. Ma non mi sconvolgo più di tanto, nel giro di 20 minuti sarà pieno di persone che ballano e cantano. E infatti…
Sono due ore piene che cominciano con i toni forti di “T’adoro e t’ringrazio”, rivisitazione del brano di  Enzo Del Re, e omaggio alla memoria di questo cantautore scomparso da qualche settimana. Ma non è certo l’unico riferimento della serata, li richiama di continuo i suoi maestri, come Matteo Salvatore o Fabrizio De Andrè, non li dimentica mai. Teresa ha questa capacità di rendere i suoi concerti davvero caldi, e non per l’effetto ottico del ventaglio che sventola, ma perché senti che ci mette cuore e passione. Tra un pezzo e l’altro non riesce ad evitare di introdurre in qualche modo i suoi pezzi: con una lezione di vita, una massima, con una battuta o semplicemente raccontando com’è nato un pezzo.
Parla, infatti, della purezza mai esistita nella nostra musica popolare, perché attraversata da tanti popoli stranieri che l’hanno contaminata, ma di splendore e potenza che fanno naturalmente parte di essa. Una tradizione che, secondo lei, è fatta di “spericolate sperimentazioni che hanno avuto successo e sono diventate tradizioni” come il pezzo che di Eugenio Bennato e Carlo D’Angiò, diventata con la sua vocalità “La montanara”. Un piede sullo sgabello e chitarra in mano per attraversare l’attualità, anche se con vecchi brani come “Ukullelle”, la ballata per chi arriva nel nostro Paese per trovare qualcosa, parola presa dal madagascio che, secondo Teresa De Sio, potrebbe essere tradotta con “apriti al resto del mondo”. E poi c’è lo spettacolo di “Don Raffaè”, eseguita lentissima per otto minuti di splendore da cui assaporare ogni sfumatura di quella teatralità sul palco e della pelle che si accappona sotto, per chi ama De Andrè o semplicemente il caffè (mai sentito pronunciare  “Ah che bellu cafè!” con tanta passione e liberazione).

Sul palco, nel frattempo, la variopinta formazione di ottimi musicisti di cui la De Sio si circonda sapientemente. 2Innanzitutto la violinista Her, nel suo goticissimo vestitino nero, a distribuire nell’aria la sua effervescente verve, il bravissimo chitarrista Egidio Marchitelli dall’aria fortemente brigantesca, Fiore Benigni all’organetto che riporta un po’ la mente verso gli anni ’20, un elegante ‘U Papadia ai cori e percussioni, crestina e stile punk per Vittorio Longobardi al basso elettrico e sobria mise gilet e cravatta dietro la batteria per Pasquale Angelini.
Lei apre le braccia, respira forte come per prendere tutta l’energia del suo pubblico e poi il nuovo singolo “Non dormo mai tutta la notte”, vecchi brani come “Non tengo paura”, “Figlia do Re” in una versione suadente e aggressiva, e poi finalmente cominciano i ritmi più tribali. Arrivano “Amèn”, la preghiera a madonne e padri eterni di Napoli. Ci si scalda ancora di più con “Aumm Aumm”, invecchiata ormai di quasi 30 anni, e che si trasforma via via in un misto di follie sonore per comprendere anche brevi intrusioni di “A sud a sud”. Eccoli finalmente i ritmi che ci aspettavamo, quelli di una infinita tammurriata. Ma Teresa esce di scena e lascia il palco a ’U Papadia che canta “Vunci la rota” e, portando una bella folata di Salento, mette grinta, diverte e fa saltare tutti sotto al palco, mentre si crea un impeto inarrestabile con basso e chitarra.
Un piccolo intervallo con la voce di Don Gallo e poi un inno-augurio adatto all’attuale momento storico e quindi “Tutto cambia” che si conclude con un emozionante coro collettivo. Sfilano altri brani fino ad arrivare ad una storiella che raccontava sempre Matteo Salvatore, da cui nasce anche il nuovo singolo “Padroni e bestie (O’ Ciuccio)” e partono poi gli ultimi pezzi a raffica, esplodono tamburi, tamburelli, mani e ogni altra percussione possibile che riporti a ritmi lontani. La taranta morde tutti sotto al palco: gruppi di donne sventolano gonne e capelli al suono di “Pizzica”, “Tammurriata nera” e “Inno Nazionale” (reinterpretazione personale e arrangiamento del pezzo di Luca Carboni del 1995) uno dei singoli in uscita come anteprima del nuovo disco. La conclusione è affidata a “O paraviso ‘n terra”, esattamente quello che sembrava Villa Ada il 25 giugno: persone di ogni età unite magnificamente da un ballo eterno.

Emiliana Pistillo

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