Pink Attitude
[GRAFFI(A)TI AD ARTE]
Abbiamo cercato di fare le Wonder Women, le donne d’acciaio, indipendenti ad ogni costo; poi le lacrime sono continuate a scendere giù sulle pellicole che avevano già commosso le nostre mamme. Ci siamo innamorate a poco a poco dei merletti abbandonando le tendenze mascoline, insomma abbiamo accettato di essere donne.
Abbiamo iniziato a giocare sopra le nostre debolezze e scoperto che l’unico modo per vincere è l’ironia, soprattutto, l’autoironia.
Ci siamo accorte che non ci serve assomigliare a nessuno se non a noi stesse. Questa consapevolezza ha iniziato a ronzarci nelle orecchie con la voce di Cyndi Lauper in Girls just want to have fun, che all’epoca sembrava irriverente nella sua leggerezza e che, in realtà, era un testo programmatico, non di inconsapevolezza e superficialità, ma di una nuova tendenza, una tendenza dalle sfumature rosa.
Questa nuova consapevolezza è diventata un progetto artistico, Enrica Mannari e la Pink Crew, le collaboratrici del progetto rosa, danno vita a Pink Attitude. Una scatola rosa in cui c’è tutto quello che le ragazze amano: un po’ di punk, ma addolcito; qualche punta di rock per graffiare con lo smalto sulle unghie rigorosamente fucsia; grafica e arte new pop; un progetto editoriale e una serie di eventi in cui si festeggia tutto questo gusto al rosa.
Nulla di stucchevole o di kitsch, Pink Attitude è un modo per continuare a giocare, l’ennesimo tentativo che ha questa generazione di trentenni di non crescere e lo fa con uno stile veramente particolare e allo stesso tempo semplice. La semplicità è quella del rosa, quella di sentirsi liberi di tingere il mondo di colori pastello. La volontà di festeggiare la femminilità con i dolci, la moda e l’arte. Il 31 maggio l’ultimo incontro tra le pink addicted, in un ristorante dei Parioli a Roma, GiNa, lo stile shabby shick del ristorante ben si adatta alla pink crew che ha invaso ogni spazio di rosa e di arte in collaborazione con la Dorothy Circus Gallery: i quadri della collezione della gallerista Alexandra Mazzanti, hanno reso il ristorante un luogo dove l’arte ha trovato una nuova collocazione.
Un modo per incontrarsi e trasformare un momento di confronto in una “festa rosa”.
“Adoro lavorare con le donne”, spiega Enrica Mannari descrivendo il suo gruppo. Ed ecco il primo successo: capovolgere un cliché, quello che vede le figure femminili sempre pronte a sgomitare tra di loro. La grafica e curatrice racconta le donne della sua combriccola con ammirazione ed entusiasmo.
“Tutte le donne della pink crew fanno più cose, in comune hanno una forte sensibilità estetica”. Un fil rouge, o per meglio dire rose, e poi ognuna di loro si muove trasversalmente: sono fotografe, blogger, scrittrici, curatrici, e altro, tanto altro.
Francesca Riccioni è fisica e scrittrice di testi per bambini, per il daily pink, il blog rosa della crew, fotografa, racconta come si può essere tutto. Perché nel rosa ci possono essere mille contraddizioni, rappresentate in toto dal personaggio più assurdo del gruppo Barbie Xanax. La blogger romana esprime due dipendenze, due perplessità: la tendenza alla perfezione che porta all’assoluta imperfezione. Barbie Xanax sembra uscita dalla pellicola Who’s that girl, il suo personaggio si sarebbe ben affiancato alla protagonista interpretata dalla signora Ciccone.
Questo gruppo di ragazze sta sviluppando un progetto editoriale a ventisei mani, un vero manuale per la pink lady. La Mannari tra il 2008 e il 2009 ha pubblicato due libri che già annunciavano in qualche modo il testo in corso d’opera: Pink Attitude e Rainbow Style, editi entrambi da Happy Books. Il progetto in fieri è quello di realizzare un manuale della brava donnina in rosa, indicare i film, i libri che una brava pink lady deve conoscere, una serie di dritte per acquisire una nuova consapevolezza estetica.
Mentre la crew realizza questo manuale, qualche dritta la potremo avere leggendo gli approfondimenti delle bloggers, che scoprono tendenze e stili e li spiegano in chiave rosa, senza forzature, con un’agilità intellettuale che parte da una grande consapevolezza di sé. La Mannari lo definirebbe un mood, a me piace pensare che sia un modo di far entrare l’arte in tutto quello che è il quotidiano.
Shiba
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