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PITTURA_ Stucchi postatomici, scie chimiche e figurine sospese

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fabio.ventrone-10.05-pittura-IMG_5214Flavio Romani, vecchia conoscenza del MArteLive, stavolta non ha riproposto la scultura idraulica incontinente con cui l’anno scorso aveva conquistato l’attenzione morbosa di drag queen androidi assetate d’acrilico, ma non ha potuto fare a meno di insistere sulle sue tele incidentate a cui i suoi interventi polimaterici e post-industriali conferiscono uno stile da sopravvissuto parente di Mad Max.

Gli stucchi ricoprono pezzi di rete metallica o griglie plastiche, ed il colore rappreso diventa il segno vissuto di una pittura da stunt man ar-tistico in un day after in cui un clone bruciato di Robert Rauschenberg diventa il capo dei ribelli. In questi la-vori, a differenza di quelli del maestro americano, non c’è spazio per la rappresentazione della metropoli schizoide, preferendo il trasferimento diretto e pulp di una materialità trionfante, traslazione estetica di una realtà informale, ultra-avventurosa a viversi senza spatola dentata!

Alessandra Liberato, fondamentalmente illustratrice, dipinge soggetti di un surrealismo fabio.ventrone-10.05-pittura-IMG_5230leggiadro sospeso tra fumetto pop non-narrativo e il galleggiamento in sospensione nello spazio aereo di certi quadri di Chagall, con frequenti inserti a collage di frammenti di carta anch’essi come il resto della tela ricoperti dagli sfondi lattei su cui si stagliano le sue figurine, ironiche e poetiche insieme. Il pop surrealism qui appare rarefatto ancorchè sincretisticamente sostenuto da dettagli di chiarezza grafico-pubblicitaria come nel caso della caf-fettiera, raccogliendo anche parte dell’eredità spirituale di un Bruno Munari (“Pensare confonde le idee”) esortando con questi sussurri cantati col pennello ad aderire con i propri pensieri più discreti, a tale minima-lismo favolistico contemporaneo, anche se tutti i personaggi presenti ieri sera, 10/5/2011 nei suoi quadri, avevano il cappello, cosa inusuale oggi, ma la loro diversità risalta ancora più nettamente dal fatto che pre-diligono spostarsi nello spazio a bordo di aquiloni, che sembrano il loro prediletto mezzo d’espressione, mentre nuvolette e pesci e gocce di pioggia sono anche pretesti delicati per scandire l’arcipelago onirico.

fabio.ventrone-10.05-pittura-IMG_5262Petra Giuliani, giovanissima, ha da poco tentato, dopo una serie di rappresentazioni favolistiche a china con tocchi ad acquerello, il salto nell’astrazione e nel grande formato. L’artista sembra impegnare con successo tutta la sua spontaneità ed il suo senso artistico nel trovare un canale espressivo globalizzante per la sua visione interiore che cromaticamente ed emotivamente sembra discendere dal fauvismo per il suo uso spregiudicato del rosso affiancato a masse  ocra e verdi sfumate in passaggi bianchi ad indicare una significativa incompiutezza, e sospese sopra accennate linee di un paesaggio affetto da scolature e caratterizzato nelle zone chiave da stesure più pastose. Ai margini di un suo pezzo, al solito dissolto nel bianco di una riposante tabula rasa, compaiono, alle soglie del pensiero, tre esemplari di una forma biologica, accenno ad una ti-pologia di bulbi alieni; sulla destra invece spuntano timidi degli occasionali appunti scritti col pennello tinto di ocra, semicancellati dalle sovrastanti nubi di colore, che si compenetrano in un equilibrio in movimento, con vuoti e pieni zen, le riflessioni olistiche di un ipotetico proto-Kandinskij senza rigidità geometriche: “Mi sembrava che l’anima viva dei colori emettesse un richiamo musicale…”

Mauro Sgarbi, presente anche l’anno scorso all’Alpheus, ed incurante delle frequenti fabio.ventrone-10.05-pittura-IMG_5233esternazioni iterative del suo illustre omonimo (“Capra! Capra! Capra!”) si dedica a chiacchiere ben più costruttive mentre dipinge, forte delle certezze del suo messaggio ambientalista e cosmo-ecologico. Oltre a ripresentare il suo celebre lavoro con l’abbraccio olistico e panico di due alberi antropomorfizzati su un pianeta vergine, ha esposto anche un pezzo elaborato in estemporanea in una discoteca: su un suolo rosso abbozzato velocemente, omini stilizzati cugini di Keith Haring si danno ad una danza tribale ognuno con una pillola (vera) incollata sulla mano come materiale extra-pittorico, mentre nel cielo ventoso realizzato con pennellate flash le capsule bicolori solcano lo spazio enormi come astronavi venute a portare al “popolo della notte” una nuova sostanza psicotropa, capace magari di ridurre l’iperattività schizofrenica e a stimolare viceversa l’equilibrismo dialettico!, esempio a metà tra primitivismo cromnatico e concettualismo psichedelico alla Aldous Huxley, senza dimenticare il messaggio della recente pellicola “Limitless”. Dal vivo ha lavorato ad una scena degna di un “Mars attacks II”: un tizio tipo “Men in black” ma schierato con gli invasori, sfrutta il suo gigantismo per diffondere con una bombola ed un tubo erogatore le scie chimiche nocive che vengono in genere rilasciate nei cieli, purtroppo, dai jet militari. Queste striature, di cui pare che si mediti un utilizzo come arma bellica, vengono diffuse dal personaggio fino a rendere il cielo sopra alla scena tutt’un moto ondoso alquanto preoccupante. La tecnica ad acrilico consolidata e la verve ironica di Mauro gli hanno permesso di superare ogni incertezza sul cromatismo acido del cielo inquinato e di giungere ad una brillante soluzione: la denuncia pop-surreal-fumettistica delle potenzialità distruttive degli arsenali top secret sottratti alla nosrtra approvazione.

Turi Avola riferisce di essersi ispirato, oltre che a diversi surrealisti e dadaisti della prima ora, anche a Saturno Buttò, un iperrealista erotico-ieratico, neobarocco e ritualista che lavora molto sui simboli ed il feticismo. Avola desidera che i suoi quadri siano pieni di simboli a volte anche in abbinamenti dissonanti, in modo che ognuno vi ravvisi un significato diverso, ma per la verità sembra aver trovato la sua strada in un simbolismo ai confini dell’astrazione che insiste sul lavoro di intro-spezione su modelle che deve poter conoscere approfonditamente. Così ecco che dal vivo, ieri, partendo dal ricordo di una sua amica, e dal colore viola, da lui prediletto, e usato per i capelli di lei, ha prodotto una figura di donna fiabesca, bendata e trattata con picchiettature “impressioniste” e con uno stencil bianco per arric-chire lo sfondo, mentre tra le pieghe del panneggio una assume, a suo dire, la forma e il significato di un sesso femminile che il soggetto dona con una delle sue personalità, mentre con l’altra si guarda dentro pre-ferendo donare a se stessa. Avola ha utilizzato poi, in conclusione, anche uno stencil per arricchire il fondoIn altri due lavori più piccoli il volto delle donne è dissolto in una nebulizzazione dai colori lievissimi, complice un dripping ad acrilico. La cromia è brillante e onirica, derivata dalla scomposizione del viola in colori più tenui, che sciolgono la materialità dei corpi in rosa e celesti ineffabili. Nel quadro con la modella viola rannicchiata nuda, in effetti i simboli sono più presenti: i cassetti sparsi davanti al nudo, il pavimento sconnesso in un varco del quale – dimensione ulteriore – si scorge un cielo stellato, ed in un altro compaiono i teschi di due scheletri colti in un bacio, un dettaglio con cui l’artista riprende probabilmente l’arcinoto dipinto di Magritte e lo reinterpreta rendendo omaggio a

Paul Delvaux e alla sua passione per gli scheletri, il tutto mentre la scolatura azzurra centrale, di spessore tridimensionale introduce nel dipinto, e nell’eterno foeminino che illustra, anche la dimen-sione dell’informale e del materico.

fabio.ventrone-10.05-pittura-IMG_5264Valentina Crisante è un’artista pop-surrealista fino a ieri parzialmente inconsapevole, perché si ispira, tra i mostri sacri della più influente avanguardia storica, a Max Ernst, ma al regista Tim Burton tra i contem-poranei, pur senza rendersi conto che questa connessione dell’arte pittorica con la cultura popolare avanza-ta intesa come film e comics (ancora meglio: certi film e certi comics) connota tutta una corrente, quella oggi dominante. Le sue figurazioni, a volte in bianco e nero, mostrano il lato più oscuro delle favole, e indulgono con spirito tardo-romantico, nel rimpianto della fanciullezza come era in cui i sensi sembrano acuiti e per-mettono la percezione di strati magici dell’esistenza. Con un acrilico nero diluito come un acquerello ha de-scritto scene subacqua in cui tra le sirene nerazzurre si aggira anche una con gli artigli da streghetta: veloce illustrazione di un mondo sotto la superficie delle cose, in cui le inquietudini appaiono ancor di più una profanazione della pace. Nelle opere esposte all’Alpheus si nota invece invece la cromia disinvolta e luminosa di una ideatrice di sogniscenografici in cui nobili personaggi si muovono con grazia e senso della composizione, oltre che con una bizzarria calibrata e con un tratto che spazzola il disegno ed il colore per suggerire la tridimensionalità e la scioltezza della visione da cartoonist: forme piene e soggetti  degni delle avventure del barone di Munchausen concordano nel mostrare un mondo onirico d’un’infanzia matura, in cui anche le fatine, giocolieri e trapezisti ed il tendone da circo sulla falce di luna, a gessetto su fondo nero, sono epifanie traslucide di un mondo parallelo sempre cangiante.

Maurizio Colaprete dipinge esclusivamente ad olio, ed il dipinto eseguito ieri sera al MArteLive fabio.ventrone-10.05-pittura-IMG_5239rappresen-tava, sotto la scritta pop “take it all”, due pugili che si affrontano incrociando i guantoni mentre tra loro, ad equilibrare la composizione, si inserisce una lama di luce dipinta con pennellate più jmateriche, che prende la forma della tastiera di un pianoforte, alludendo alla musicalità del contrasto dei movimenti dei due atleti. Analogamente, in un altro quadro ben strutturato, l’elemento figurativamente più concreto, le mani, sono di-pinte con attenzione e senso plastico, mentre l’elemento immateriale, in questo caso la metafisica luce dell’immaginazione, viene rappresentata con un astro brillante da cui si dipartono dei raggi che diventano corde di un ideale contrabbasso, dipinte con tocchi corposi, secondo la norma volutamente contraddittoria della re-sa di un contrasto tra corporeità e sipiritualità. L’artista gode di un’ispirazione eterogenea – si veda lo scorcio di Trastevere dipinto con stile realistico – ma ha una buona conoscenza della teoria del colore e dell’a-natomia, tutta acquisita da autodidatta.

fabio.ventrone-10.05-pittura-IMG_5205Emilia Di Stefano ha dei punti in contatto con Flavio Romani perché opera anche lei con collages polima-terici su tela, ma lei stende le sue cromie acriliche in genere animata da uno spirito psichedelico-informale più poppeggiante, tant’è vero che i tappi di plastica per bottiglia e gli intrecci rotondi di corde sembrano tutto sommato momenti di calda generosità, effusioni di istintività vitale, manifestazioni di libertà d’espressione carica di ostilità solo verso le omologazioni e l’ipocrisia, come si evince dal suo depliant. E appunto, nel quadro realizzato ieri, sembrava manifestarsi più che altro una certa aggressività: le spugnette applicate sulla tela erano diventate quasi nere di colore e tutta la superficie era più sofferta, esprimendo un caos che avrebbe potuto essere gestito con più coerenza usando in senso più convenzionale le due spugnette contro le incrostazioni; ma tutto può ancora essere recuperato nella quiete dello studio di Emilia ripristinando una certa “pulizia” e poi ripercorrendo le tracce di un Mario Schifano supposto magari ostile alle casalinghe.

Angela Donatelli, inizialmente autodidatta, compie studi orientati alla “pittura dinamica psicanalitica” e si ispira all’esoterismo e alle discipline orientali. La ricerca degli archetipi in lei si manifesta però sia con astra-zioni limbiche monocrome in cui la gestualità ritmica, secondo lei, impone il suo valore su opere apparente-mente vacue, come il quadro rosso portato all’Alpheus, sia con ritratti di donna sognati da una mente che si mantiene semplice con sfumature delicate ed occhi grandi e fissi. Dal vivo ha suggerito un timido cuore nudo sopra il petto della sua modella, mentre in altri casi non si è preclusa l’uso del colore oro-porporizzato di qualche pennarello per cercare di impreziosire con un’aura “da Grecia antica”, ci spiega, la femminilità d’una donna dallo sguardo vitreo su cui precipita una cascata di informi petali rossi su un fondo verde comple-mentare, perciò – oseremmo dire – archetipico un botto!

il_7 – Marco Settembre
Foto di Fabio Ventrone

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