Il Cubo Nero di Alvarez, Atoche e Russo
[ARTI VISIVE]
ROMA- Dal 14 Aprile al 13 Maggio la galleria Whitecubealpigneto di Roma ospita la mostra Il cubo nero, un evento che rientra nella rassegna Il prossimo mio. La mostra ha come protagonisti Luis Alberto Alvarez, Carlos Atoche e Antonio Russo, tre artisti che si sono cimentati in un vero e proprio esperimento artistico ampiamente apprezzato da tutto il pubblico che affolla i locali del Whitecubealpigneto.
Anche in questa mostra, la quarta del ciclo Il prossimo mio, l’arte si pone al servizio del sociale, o forse il sociale si sottopone al giudizio dell’arte che in questo evento pone lo spettatore di fronte a tre obiettivi di sviluppo: migliorare la salute materna, ridurre la mortalità infantile e assicurare a tutti i bambini l’istruzione primaria. Tre questioni importanti, di rilevanza planetaria, a cui gli artisti coinvolti nella collettiva hanno cercato di dare la loro interpretazione attraverso la loro creatività, realizzando sei tele della stessa misura, poco più di un metro, le quali sono state assemblate fino a formare una figura geometrica, un cubo, che ruota intorno allo spettatore, al centro della sala.
L’atto creativo con cui l’artista conferisce materia alla sua idea rappresenta un riflesso dell’atto materno di dare alla luce un bambino, dunque concretezza all’esistenza umana. Il cubo su cui vengono rappresentati i soggetti scelti dai protagonisti della mostra è un segno evidente dei limiti imposti dall’uomo alla sua esistenza, pretendendo di vivere quotidianamente imballato di felicità plastica nutrita dalle azioni quotidiane, che rende piatto qualsiasi cervello e qualsiasi pensiero.
La sfericità del nostro essere al mondo, il cerchio che dà alla nostra esistenza quel senso di vitalità che non si esaurisce con la morte, viene sostituito con una figura spigolosa, un cubo appunto, che rappresenta in sé la chiusura mentale di cui molto spesso ci circondiamo per paura del diverso e della vita stessa.
Luis Alberto Alvarez, Carlos Atoche e Antonio Russo, ovvero le tre menti coinvolte in questa iniziativa (il primo è messicano, il secondo peruviano e l’ultimo della lista italiano) provengono da tre contesti culturali e geografici diversi, ma possiedono un fattore in comune, un comune denominatore che li rende tre seguaci dello stesso entusiasmo nel mettere a nudo le contraddizioni dell’essere umano. Non si piegano di fronte alla consapevolezza dell’assenza di chi è chiamato a rispondere al benessere sociale, come i politici, lo Stato, le istituzioni, ma anche l’uomo che con le sue scelte individuali decide delle sorti del mondo, ma esigono dalla loro arte di favorire un dibattito per fare emergere dalle coscienze dei diversi punti di vista con cui costruire un dialogo sulla comunità e sui diritti, che dovrebbero essere garantiti a chiunque viene messo al mondo.
Tuttavia, al di là dell’etica con cui è stata pensata la mostra e l’intera rassegna, vale la pena sottolineare il gioco cromatico, la bellezza della loro arte che oltrepassa i confini del sociale: le tele del cubo, un lavoro a sei mani, sono l’incarnazione di un meraviglioso riflesso di cosa l’arte sa forgiare, quando è chiamata a dare il meglio di se stessa.
Vi consigliamo di vedere la mostra dopo il tramonto, quando le luci della sala e il sonoro di Domenico Canino, grande architetto del suono, invadono gli spazi e la mente sconvolgendo i sensi delicatamente.
Eva Di Tullio
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