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A. Amadei- A. Falcone, G. Palombini, Non pensavo che la vita fosse così lunga

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Palombini-Amadei-e-Falcone-Non-pensavo-che-la-vita-fosse-cos-lungaSolitamente si chiamano biografie i libri che raccontano in ordine cronologico la vita di una persona. Ma se il racconto di quella vita incrocia la Storia, quel racconto può diventare esemplare e simbolico.

Non pensavo che la vita fosse così lunga non è soltanto la cronaca di una vita, certo al di fuori dell’ordinario, ma anche la narrazione – romanzata – della storia di un paese, l’Italia, che passa dal provincialismo e dalla miseria fascista ai fasti della Dolce Vita prima e alla decadenza degli anni Ottanta e Novanta poi.
Il pugile Tiberio Mitri, protagonista di queste pagine, diventa quasi un simbolo di quell’Italia in cambiamento e la sua vita sempre tesa al limite si trasfigura in una manifestazione continua di riscatto.
Dall’infanzia difficile passata tra gli stenti e la miseria morale dell’educatorio triestino, Tiberio approda verso un’adolescenza turbolenta passata tra il porto, la microcriminalità locale e le continue risse con i coetanei, perlopiù per futili motivi come le attenzioni della bella di turno. Sembra che per questo bel ragazzo la cosa più congeniale sia fare a pugni, come per scaricare una rabbia covata da sempre.
Con le sue vicende Tiberio Mitri realizza il sogno di scalata sociale dell’Italia del dopoguerra: sposa Miss Italia 1948 Fulvia Franco, triestina come lui, e per i due inizia una parentesi di soldi, successo, paparazzi e bella vita. Sono una coppia da rotocalchi.
Volano in America, ma lì inizia a infrangersi il sogno di Tiberio, che perderà un lunghissimo incontro con Jake LaMotta cui stava tentando di strappare il titolo mondiale dei pesi medi. Da quel momento in poi la sua parabola inizia una discesa lenta, ma inesorabile quanto lo era stata la scalata al successo. Inizia a recitare in fotoromanzi e film, e con quella faccia d’angelo non può che far impazzire le casalinghe italiane. Poi qualcosa si spezza, e gli amorazzi, l’alcool e la droga lo travolgono. Morirà solo e in miseria, in circostanze non del tutto chiare, dopo aver visto morire la prima moglie e i due figli.
Nonostante l’assoluta esemplarità di una vita straordinaria, il racconto dei tre autori rischia spesso di scadere in un quadro a tinte forti, quasi da melodramma. Senza dubbio il campione Mitri è stato uno dei protagonisti dei cambiamenti del costume italiano tra la prima e la seconda metà del Novecento, ma il ritratto che ne risulta è calligrafico anche nella descrizione delle miserie dell’uomo, distrutto dalla solitudine e dalle dipendenze, e questo scollamento diventa ancora più evidente considerando lo stile asciutto e da cronaca sportiva con cui sono esposti i fatti.

Aureliano Amadei, Alessandro Falcone, Gian Piero Palombini, Non pensavo che la vita fosse così lunga, Iacobelli, pag. 104, € 12

Chiara Macchiarulo

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