L’invasione dei pinguini di Gabriella Di Trani
[ARTI VISIVE]
ROMA- Cosa ci fanno dei pinguini nella nostra Capitale? Che il cambiamento climatico sia già in stato avanzato e noi non ce ne siamo accorti? No, non stiamo dando i numeri, però i pinguini noi li abbiamo visti davvero: un esercito, forse dei legionari che vagano indisturbati negli spazi che ci appartengono.
C’è un motivo a questo caos, a questo stravolgimento e in gran parte ne siamo responsabili. Tutti.
Stiamo parlando dei pinguini di Gabriella Di Trani raccolti presso lo spazio espositivo della Galleria WhitecubealPigneto per la mostra Chiaro scuro che si è conclusa lo scorso 1 aprile, un evento che rientra nella rassegna Il prossimo mio di cui vi abbiamo parlato qualche numero fa.
L’artista che oggi vogliamo presentarvi è una reincarnazione particolare di Mercurio, il dio messaggero degli dei, una sorta di tramite tra gli abitanti dell’Olimpo e gli esseri umani. E come Mercurio parlava agli uomini inviando messaggi e moniti, l’artista nata a Parma e oramai romana di adozione, si esprime attraverso l’utilizzo delle svariate forme di rappresentazione che l’arte mette a disposizione della creatività, per costruire un labirinto di emozioni ed esperienze che a noi comuni mortali non resta che captare per elaborare il messaggio.
Gabriella Di Trani in questa mostra elabora in modo simbolico il settimo obiettivo dello sviluppo da raggiungere entro il 2015, fissato dalle Nazioni Unite nella Dichiarazione del Millennio, ovvero “Garantire la sostenibilità ambientale”.
I suoi pinguini collocati fuori dal loro ambiente naturale, quello dei ghiacci delle lontane terre e dei mari freddi, come nel caso dell’installazione di questa mostra, rappresentano la natura che si confronta con l’essere umano e il mondo da lui modificato, essi sono l’emblematico contrasto tra la semplicità e purezza del creato con le bellezze artificiali e illusorie create dall’uomo: non è un caso se l’artista decide di dare forma alla natura tramite l’uso di materiali ricavati dalla lavorazione industriale come appunto il polistirolo, la plastica e superfici sintetiche, insomma materiali non biodegradabili.
La mostra è dunque un affronto al modo in cui gli uomini vivono il loro rapporto con l’ambiente naturale, un legame quotidianamente ostacolato dalla ricerca del benessere che spezza gli equilibri del ciclo della natura e delle sue forme: il pinguino dell’installazione accanto a delle buste piene di spazzatura sono forse l’esempio più concreto dell’instabilità creata dall’uomo con il suo agire.
La vista di questi pinguini disorientati mi fa pensare ad una manifestazione di dissenso alla nostra vita organizzata da tutti gli esseri animali messi in pericolo dall’uomo, quasi come una marcia di protesta inconsueta, in cui il pinguino, nella sua forma un po’ goffa ma tanto tenera ai miei occhi, diventa il portavoce di un malessere che spesso passa in silenzio.
L’arte nella sua complessità vuole restituire voce e coraggio a questi esseri viventi e alla natura che si ribella: proiezioni, installazioni e pittura sono i linguaggi di cui dispone la Di Trani, un assemblaggio di visioni che catturano lo sguardo dello spettatore, avvolgono la sua presenza nello spazio circostante in cui i pinguini sembrano chiedere supporto. L’uso del chiaro scuro assicura all’artista di dare allo spettatore la rappresentazione di un contrasto che va ben oltre quello cromatico delle installazioni sulle pareti, è più di un espediente artistico: è il riflesso di un incontro, quello dell’uomo con la natura, che si nutre di costanti attriti di cui l’uomo ne è responsabile e vittima contemporaneamente.
Eva Di Tullio
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