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Daniele Silvestri presenta S.C.O.T.C.H.

S.C.O.T.C.H
[MUSICA]
S.C.O.T.C.HROMA- Venerdì 25 marzo all’Angelo Mai di Roma (presso la nuova sede in via delle Terme di Caracalla 55/a) si è tenuta la conferenza stampa per il lancio del nuovo disco di Daniele Silvestri dal titolo S.C.O.T.C.H., il suo nuovo album (il settimo di inediti in studio) con quindici brani prodotti e arrangiati dallo stesso Silvestri uscito il 29 marzo per la Sony Music, che tra qualche giorno uscirà anche in vinile.

Qui è stata realizzata anche la bellissima foto di copertina di Simone Cecchetti che ritrae Silvestri attaccato con lo scotch al muro esterno del bar-cucina dell’Angelo Mai, all’interno di cui è ospitata la conferenza. Daniele è seduto su un divano e sopra di lui campeggia la locandina della serata tributo per i 70 anni (dalla nascita) di John Lennon che si è svolta qui lo scorso 9 ottobre. Ci tiene subito a sottolineare che ci ha messo tanto tempo per realizzarlo e spera che questo non si senta troppo ascoltando il disco, che è un lavoro abbastanza ricco di argomenti, suoni e immagini, mai come in questo caso ha seguito un criterio cinematografico nello scrivere, nell’arrangiare, nello scegliere soprattutto cosa togliere, momento in cui ha trovato la chiave che è quella del rispetto di una certa purezza nel suono e nei contenuti, a costo di togliere canzoni che forse avrebbero avuto un po’ più di visibilità rispetto ad altri pezzi, con il rischio di fare male al resto del disco, ma queste sono le intenzioni alla base e non è detto che l’autore sia la persona più indicata a parlarne. Daniele è molto orgoglioso delle numerose collaborazioni che ci sono in questo album, molte più di quanto sia mai capitato in passato, forse troppe se dovesse giudicarlo dall’esterno, in realtà sono tutte sincere e fortunate per il rapporto che si è instaurato con le persone che in questo disco sono entrate, dagli amici come Niccolò Fabi (con cui ha scritto e cantato Sornione), il cantautore milanese Diego Mancino (che divide la stesura del testo e del cantato con Daniele in Acqua che scorre) e partecipa insieme a Pino Marino ai cori di Cos’è sta storia qua e de L’appello (dedicata alla strage di Via D’Amelio che uccise il giudice Borsellino), fino a Raiz (ex cantante degli Almamegretta) che irrompe in un rap divertente alla fine di Precario è il mondo, Bunna degli Africa Unite che canta “in lontananza” su Lo scotch, insieme a persone apparentemente insospettabili come “lo zio” Andrea Camilleri (voce recitante sul treno con Peppe Servillo sempre in Lo scotch) o il grande Stefano Bollani (un artista che ama da sempre, che lo accompagna al piano in Questo paese, tra le cose migliori del disco), fino agli archi dei Solis String Quartet presenti in Ma che discorsi e In un’ora soltanto e gli allievi della scuola Studio Uno diretti da Matteo D’Incà alle chitarre acustiche ed elettriche su Lo Scotch.
Da segnalare anche la chitarra elettrica di Andrea Moscianese su Monito®, il brano più rock del disco che ironizza sul ruolo del Presidente della Repubblica in questi anni. Di tempo ce n’è stato tanto per chiedere a tutti se avevano voglia di partecipare, e sono collaborazioni poi tutte andate in porto che rendono il disco ancora più prezioso. Una delle cose che gli preme dire e che spera si possa sentire è che questo è anche e soprattutto il disco delle persone con cui lavora e suona da tanti anni, ovvero della sua band: Piero Monterisi alla batteria, Maurizio Filardo alle chitarre, Gianluca Misiti alle tastiere, Gabriele Lazzarotti al basso e Josè Ramon Caraballo alla tromba e alle percussioni, perché è un disco interamente suonato live, in presa diretta, come si faceva una volta, è una strada che ha scelto per smontare la struttura canonica delle canzoni, difficilmente in questo disco sentirete la cosa giusta al momento giusto, dove una canzone dovrebbe avere un ritornello non ce l’ha, quando una strofa dovrebbe portare da qualche parte e sembra che lo faccia succede quasi sempre il contrario, e questo perché quando si suona insieme guardandosi negli occhi si trova una dinamica diversa, ci si può permettere di non seguire il “manuale del corretto autore di canzoni”, si segue un altro tipo di dinamica, di emozione, sempre a livello di intenzioni ovviamente.

Questo disco si sarebbe chiamato “Scotch” comunque, anche senza mettere i vari puntini, che quindi non sono l’acronimo di niente, o meglio “acronimo punto”, ognuno ci può leggere quello che vuole. C’è una canzone di questo disco che si chiama “Lo scotch”, che nel suo essere decisamente informe e strapiena al suo interno è rappresentativa del modo in cui si è lavorato il disco, e lo scotch sembrava l’immagine più giusta per rendere uno degli ingredienti più frequenti di questo album, che è una visione abbastanza condivisibile del mondo che abbiamo intorno, che è fatto di cose molto precarie in generale, senza parlare per forza di lavoro, ma anche di coscienza, di società in generale, è come se tutto fosse un po’ raffazzonato, aggiustato alla meno peggio, come se il nostro piccolo mondo (in particolare la politica) fosse continuamente alle prese con l’emergenza, a rincorrere sempre il disastro appena avvenuto senza mai riuscire ad anticiparlo, senza avere mai la capacità di individuare un futuro possibile e di descrivere una società diversa per cui vale la pena fare qualcosa, c’è solo l’imminente e l’immediato, e questo coincide con la visione di qualcosa attaccata e appiccicata malamente con lo scotch, e poi gli piaceva proprio il suono di questa parola, che è un termine di uso quotidiano che però molti non sono abituati a scrivere e non sono nemmeno sicuri di come si scrive esattamente.
Questo disco cerca anche di affrontare delle piccole cose quotidiane della vita di tutti che possono sembrare minime, ma che viste con una lente d’ingrandimento davanti consentono di vedere di tutto, proprio la canzone che si chiama “Lo scotch” in realtà parla di un trasloco, niente di più banale, ma che in realtà è un momento che può rivelarsi perfino epico nei suoi sviluppi, e comunque molto pericoloso perché ci si trova improvvisamente a fare i conti con il proprio passato e a fare un bilancio della propria vita, si mettono mani in scatoloni mai aperti e si trovano foto che raccontano di speranze e aspettative che si erano dimenticate e che si confrontano con quelle attuali, in questo senso il piccolo momento comune e intimo può diventare uno sguardo molto più aperto e profondo sul mondo che ci circonda. Lo scotch ne ha tanti di significati, dopo di che il fatto che sia diventato un acronimo dipende dal fatto che Silvestri si diverte a giocare “enigmisticamente” con le parole, e mettere quei puntini è significato aprire un altro universo che è quello dei possibili significati: nel libretto ci sono “graffitati” diversi acronimi che Daniele si è divertito a scrivere, come: “Solo Cose Orribilmente Traumatiche Come Haiti” o “Sta Casa Ormai Trattata Come Hotel” fino a “Simpatico Condottiero Organizza Transfert Citofonare Hitler” e “Settuagenario Cavaliere Offre Tenda Con Harem” e altri che sono venuti fuori da pochi giorni come “Sembrerebbe Coincidere Oggi Tokio Con Hiroshima”, mentre il primo in assoluto è stato “Supera Certamente Ogni Titolo Che Ho”, posto in chiusura, ma si può andare avanti all’infinito giocando con i possibili significati.

Lo stesso gioco viene fatto con La chatta che è un divertissement sulla famosa “La gatta” di Gino Paoli (che si diverte anche a cantare un pezzo del brano) cercando di rispettare quasi ogni rima e assonanza della canzone principale, sostituendo completamente le parole del testo facendo in modo che ad un ascolto distratto la canzone sembrasse la stessa, divertendosi a trovare qualcosa di nostalgico all’interno di uno dei massimi esempi di modernità e di attualità, cioè il nostro modo di comunicare in rete, attraverso le chat e i social network come Facebook, che è un altro dei motivi per cui abbiamo la percezione di questo mondo come qualcosa di poco stabile e precario (“Precario il mondo” è il titolo di un altro brano del disco presentato durante l’ultima puntata della trasmissione di Fazio e Saviano “Vieni via con me”, dove Daniele era andato anche a cantare Io non mi sento italiano di Giorgio Gaber, con esiti come si ricorderà non proprio felici dovuti ad alcuni inconvenienti tecnici della diretta, che invece nella versione in studio vengono brillantemente risolti, facendolo diventare uno dei brani più riusciti e ancora molto attuali, pur essendo stata scritta quasi dieci anni fa), l’unica cover che Daniele abbia mai inciso su disco dopo “Un’estate al mare” di Paolo Conte (che era l’inedito del best “Monetine”).
L’attualità, l’ironia e l’invettiva sono le armi migliori che Silvestri utilizza anche in questo suo ultimo lavoro, e che sono poi le uniche possibilità che abbiamo per non essere travolti dall’amarezza e dalla tristezza, non solo per il fatto che l’ironia coincide con il sorriso, ma per il fatto che coincide soprattutto con la capacità (a volte innata e a volte da cercare) di osservare le cose da lontano, allontanandosi con lo sguardo per riuscire a sorriderne pure quando si tratta di qualcosa di particolarmente doloroso, il valore di questo è che in realtà è anche la cosa che ti permette di ritrovare l’energia per fare qualcosa di (pro)positivo, è lo stesso motivo per cui Benigni riesce ad essere preso sul serio quando parla dell’Inno dopo averci fatto ridere, e anzi proprio per questo, l’ironia serve ad essere più seri così come la serietà serve a poter ridere al momento giusto.

Il prossimo 21 maggio dal Palasport di Andria (BT) partirà il nuovo tour di Daniele Silvestri prodotto da Cose di Musica, la partenza del tour in Puglia è in collaborazione con Puglia Sounds che quest’anno ospiterà Silvestri anche all’Italia Wave Love Festival di luglio a Lecce.

Alessandro Sgritta

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