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Il capolavoro Peeping Tom

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[DANZA]

max_3ROMA- Li avevamo visti a Roma all’Auditorium Parco della Musica al Festival Equilibrio gli scorsi anni con i primi due capitoli della loro trilogia, Le Jardin e Le Salon, (il terzo, Le Sous Sol, fu annullato per problemi fisici della cantante), e già in quei due momenti avevamo assistito a due piccoli capolavori di ironia, di bravura, di bellezza fisica ed emozionale.

Due spettacoli diversi dalla tendenza dominante dell’epoca, due spettacoli intensi che univano canto, danza, movimento, dialoghi, scenografie e costumi curati al minimo dettaglio. Il collettivo Peeping Tom si presentò così agli occhi del pubblico italiano nel 2005 e nel 2006. Fondato nel 2000 da Gabriela Carrizo e Franck Chartier con base a Bruxelles (e dove sennò?), entrò dopo quegli anni nel cuore degli aficionados della danza con un approvazione generale anche tra gli addetti ai lavori.
Aspettavamo con ansia il loro ultimo lavoro, anche dopo la pillola amara dell’annullamento del terzo capitolo della trilogia, e questo lavoro è finalmente arrivato. Sempre all’Auditorium Parco della Musica e sempre al Festival Equilibrio, lo scorso 27 Febbraio, il collettivo ha presentato la sua ultima creazione 32, rue Vandenbranden. Un lavoro citiamo testualmente che affronta il tema dell’estimità (extimité, termine coniato da Lacan in opposizione a intimité) e dell’esterno.

Ed è in questo momento, nel momento in cui si deve scrivere dello spettacolo che la sottoscritta si sta rendendo conto di come sia difficile parlare di una delle più belle e geniali performance mai viste in tutta la vita. Come è difficile trasmettere sensazioni ed emozioni su una schermata video, quando queste sono state così intense e vibranti nella visione reale.
Come è difficile parlare di qualcosa di talmente bello, senza far vedere gli occhi che si illuminano di ardore nel parlarne.
Come è difficile parlare della bravura dei 6 performer, 5 danz-attori e una cantante (Seoljin Kim, Hun-Mok Jung, Marie Gyselbrecht, Jos Baker, SabineMolenaar, Eurudike De Beul) quando questi uniscono a delle capacità fisiche elevatissime, una presenza scenica che ti buca la pelle e ti penetra nell’interno, capacità attoriali degne di un oscar, un’ironia pungente e stravagante, capacità musicali e canore eccellenti, trasformismo, clownerie, mimo e ottimo floor work.
Come è difficile far capire quanto geniale e meticolosa è stata la messa in scena. A partire da una max_40scenografia perfetta, che rappresentava degli interni caldi e rassicuranti che accoglievano perfettamente le anime degli individui nella loro dimensione intima, casalinga e degli esterni freddi e a volte ostili e impervi con tanto di finta neve, pioggia e vento.
Per proseguire con i costumi, anch’essi perfetti e caratterizzanti, e il disegno luci a tratti tagliente e a tratti soffuso. E per ultima, ma non di importanza, la storia ideata dai due fondatori dei Peeping Tom insieme ai loro performer, storia ispirata anche dal film di Shohei Imamura La ballata di Narayama: una storia che parla di una piccola comunità montana alle prese con la propria solitudine e con la propria visione della realtà a volte distorta. Una storia che parla di anime, di sensazioni e di profonde emozioni, di voglie, piaceri, e relazioni difficili. Che parla delle parti più nascoste degli uomini, e delle più evidenti, ironizzando e sottolineando le ambiguità di quest’ultime e sussurrando in maniera delicata e profonda le prime.
Come è difficile far capire che si è sfiorata la perfezione scenica, che si è assistito ad un mix del più bel cinema e teatro degli ultimi anni. Dalle atmosfere che richiamavano vagamente, Lars Von Trier, il teatro Kabuki, il circo e naturalmente il sogno.
Come è difficile parlare di uno spettacolo davvero meraviglioso, quasi quasi preferirei non parlarne…

Valeria Loprieno

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