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Fratelli Grimm e B. Lacombe, Blanche Neige,

Biancaneve

Biancaneve“Hei Hooo, Hei Hooo andiam a lavorar”. Intonavano così i nanetti della Biancaneve disneyana e, anche per le loro fatiche canore, il film si meritò la nomination all’Oscar.

Li abbiamo amati un po’ tutti, non erano i veri protagonisti della favola, ma sullo schermo l’attenzione si spostava facilmente dalla pelle bianca della principessa alle orecchie enormi di Cucciolo. La Biancaneve di Disney è entrata nell’immaginario collettivo, ma è, nel bene e nel male, una favola stravolta. I fratelli Grimm, erano molto più pulp di quanto il papà di Topolino volesse proporre alla generazione che sarebbe stata travolta da una realtà ben più grave, la Seconda Guerra mondiale.
Rileggere la favola della principessa dai capelli neri come l’ebano, nella lingua d’oltralpe e con le tavole di uno dei più bravi illustratori francesi contemporanei, Benjamin Lacombe, fa scoprire nuove sfaccettature e un’affabulazione che non può essere ridotta al semplice: “e vissero felici e contenti”.
Jacob, il maggiore dei due fratelli, professore di lettere e bibliotecario, ebbe l’idea di raccogliere le favole della tradizione tedesca, saranno poi gli studiosi di età posteriori che individueranno filoni comuni anche oltre i confini della nazione tedesca nelle trame raccolte dai due linguisti di Hanau.
Nell’edizione proposta dalla casa editrice francese Milan, la favola è riportata nella versione originale tradotta in lingua francese. Non ricordavamo, dalle letture che ci facevano da bambini, che la matrigna mangiava il fegato e i polmoni che il cacciatore le consegnava come prova dell’uccisione della “più bella del reame”. A questo punto non ci stupiscono più i cartoni animati così diretti che vengono proposti oggi ai bambini. Il cannibalismo non è, di certo, un’immagine soft.
Interessante soffermarsi anche sul principe, l’unico salvatore della piccola ed ingenua Blanche Neige, che in realtà era un necrofilo. Il principe, portò via con sé la bara di cristallo che i sette nanetti avevano realizzato per la loro protetta, solo perché un servitore nel trasportarla inciampò facendo sì che il boccone avvelenato liberasse la gola della principessa che riprese vita, altrimenti, il caro principe, l’avrebbe tenuta nel suo castello nella bara di cristallo, ma morta o quasi. Rileggendo l’originale, il principe ci appare in nuove vesti, non tanto azzurre, il suo bacio non ridiede vita e non liberò da nessun incantesimo, Biancaneve si risvegliò solo grazie ad un incidente.

Le favole dovevano insegnare sempre un monito semplice e diretto, anche grazie alla paura. Nella favola della principessa, nata per un desiderio espresso mentre “i fiocchi di neve svolazzavano nel cielo come piume”, l’ammonimento è: non fidarsi degli sconosciuti. La perfida matrigna ogni volta che parlava con il suo specchio magico decideva un modo diverso per uccidere la principessa: con un laccio, con un pettine ed infine con la mela, che lei stessa assaggiò per Biancaneve2essere credibile. Così i bambini imparavano che si fa una brutta fine ad accettare caramelle o mele dagli estranei, ma forse anche dai familiari. Del resto le statistiche sulla violenza sui minori indicano che le favole dovrebbero essere rilette di più, e forse un po’ di meno gli articoli sensazionalistici di alcuni giornalisti che cercano e vogliono l’orco cattivo.
Le favole racchiudono e nascondano anche altri messaggi nascosti che le immagini di Lacombe riscoprono in modo talmente delicato da riportarci ai dipinti rinascimentali o di inizio Barocco, dove ogni posa ed ogni animale ha un significato allegorico o è il simbolo ed il richiamo ad altro.
La principessa dalla bocca rossa è circondata da corvi neri. La stessa matrigna, raffigurata dal giovane illustratore francese, anche come pavone, è il simbolo della ricchezza e del lusso. Ma la simbologia è più profonda. Il pavone, come il corvo è uno dei simboli alchemici e rappresenta la rinascita. Ecco perché circonda la bella principessa destinata ad una seconda vita. Il corvo, che è sempre associato al negativo, compare in diverse tavole, anche la raffigurazione della strega nella sua ultima tentazione che la vedrà non tanto come vecchia viandante dal naso bitorzoluto, ma come una creatura antropomorfa con il becco di un corvo nero. Nella tradizione alchemica il corvo è il simbolo del primo percorso della Grande Opera, quella della trasformazione, il passaggio successivo è il cigno bianco, la cara Biancaneve potrebbe essere la seconda tappa di questo passaggio, che nel suo iter di crescita, nel suo rito di passaggio all’età adulta supera il bosco, supera sette passi, rappresentati dai nanetti, fino a quasi morire per poi rinascere a nuova vita.

Aspettiamo che Biancaneve torni sui grandi schermi con il volto di Kristen Stewart che morderà la mela dopo essere stata lei ad essere morsa dai vampiri per ben tre film, dovremo scegliere quale delle due matrigne sarà la più bella tra Charlize Theron, anche lei come la Stewart, in Snow White and the Huntsman, o Julia Roberts che avvelenerà la mela in The brothers Grimm: Snow White. Entrambi i film sono previsti in uscita nelle sale nel 2012. Nel frattempo, un buon ripasso della favola è opportuno, anche perché le illustrazioni di Lacombe sono talmente poetiche da rendere piacevole qualsiasi lettura. I colori e simbolismi evidenti nelle raffigurazioni dell’illustratore francese, ma anche i semplici bianchi e neri evidenziano le scene più semplici o quelle più drammatiche; la principessa nel bosco in pericolo è solo paura e ombra ed il dramma è reso comunque.
Figure morbide e a tutto tondo per rappresentare una femminilità antica e delicata, adatta alla favola o meglio all’immaginario che abbiamo ancora della favola, che a quanto pare è molto più cruda di quanto ricordassimo. Perché le favole non sono cose da bambini!

Jacob & Wilhelm Grimm; Benjamin Lacombe, Blanche Neige, pag. 48, € 16,50

Rossana Calbi

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