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Obey- a private collection

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[ARTI VISIVE]

IMG_9844ROMA- La Mondo Bizzarro Gallery di Roma, piattaforma per le arti ipercontemporanee del XXI secolo, presenta dal 29 gennaio al 24 febbraio, la prima mostra in Italia dedicata a Shepard Fairey, urban artist noto con lo pseudonimo di Obey, che insieme all’inglese Banksy è senz’altro la figura più conosciuta della Street Art contemporanea internazionale.

Fairey entra prepotentemente nello scenario collettivo durante la campagna elettorale americana del 2008, quando Barack Obama si batteva per vincere le presidenziali. Obey crea un’opera che raffigura un iconico Obama con sguardo fiero verso il cielo, accompagnato dalla scritta Hope, che poi troviamo con le varianti Progress, Change ETC., ma non si limita solo a questo, distribuisce infatti migliaia di copie dell’immagine in formato di adesivi o poster in giro per gli Usa.
Il critico d’arte del New Yorker Peter Schjeldahl, ha dichiarato che quest’opera è “la piu’ efficace illustrazione politica americana dai tempi diUncle Sam wants you!’”. Immagine talmente potente e intrinseca di significato che viene utilizzata come copertina del Time in occasione dell’uscita “Person of the year” del 2008. Lo stesso presidente degli Stati Uniti ha espressamente ringraziato Fairey per il sostegno e sostanziale aiuto che l’opera da lui creata ha fornito durante la campagna elettorale.
L’esposizione al Mondo Bizzarro copre oltre dieci anni di attività, dal 1997 al 2010, in cui Fairey, attraverso le sue serigrafie, a metà tra la propaganda bolscevica e i graffiti di strada, esprime il suo disappunto sulle più svariate tematiche, dalla guerra in Iraq al surriscaldamento globale, la lotta per i diritti umani e la questione della privacy. Le tavole di Obey sono a tinte forti, vuoi per i colori da lui preferiti, come il rosso scarlatto e il total black, affiancati al candore del bianco in totale contrasto, vuoi per il messaggio che comunicano: guerrigliere che imbracciano armi da cui traboccano fiori, l’esplosione di una bomba in pieno deserto, tra pozzi di petrolio e cammelli con la dicitura “Greetings from Iraq”, ma anche una propagandistica serigrafia del Grande Fratello ispirata dal film del 1956 Big Brother is Watching You di Michael Anderson, il tutto sempre accompagnato dall’immancabile faccina di Andrè The Giant, incorniciata in una stella.

La ventennale carriera di Shepard Fairey inizia nel 1984 come grafico pubblicitario, ma risale al 1989IMG_9852 il suo debutto, la consacrazione nella cultura underground, quando, ancora studente di design, crea la sticker campaign “Andrè The Giant Has a Posse”, forgiando così il suo marchio di fabbrica nel viso dell’allora celebre superstar del wrestling. Fairey racconta che la cosa, come spesso accade, nacque per gioco. Dovendo insegnare ad un suo amico come fare uno stencil prese una foto di Andrè The Giant e iniziò ad intagliare, ma quando il suo amico lasciò l’opera a metà, egli stesso si mise a concluderla, riscontrando nell’immagine finita un alto appeal, e così nacque Obey.
Fairey è stato spesso paragonato alla figura di Andy Warhol, un pò per la sua poliedricità, un pò per l’uso della serigrafia, c’è da dire che oltre a queste caratteristiche comuni, anche la visione dell’arte da parte di entrambi è molto simile: “uno dei motivi per cui mi piace la street art è che consente alla gente di confrontarsi con il concetto di arte. La rende popolare, un po’ come fece Andy Warhol. Così l’arte non è più confinata nei luoghi ‘adatti’ ma è sotto gli occhi di tutti, e tutti possono dare la loro opinione” parola di Shepard Fairey.
A quanto pare lo street artist non ha nessuna voglia di fermarsi, dopo essere stato oggetto del documentario

Andrè The Giant Has a Posse di Helen Stickler, aver fondato l’etichetta di abbigliamento OBEY, la rivista Swindle, la Galleria Subliminal Projects, aver disegnato il logo di Mozilla per la Netscape, aver dato un volto ad album come Monkey Business dei Black Eyed Peas e Zeitgeist degli Smashing Pumpkins, aver devoluto migliaia di dollari in beneficenza e aver sostenuto i ragazzi meno abbienti in progetti artistici (solo per citare alcune delle moltissime esperienze dell’artista statunitense), a conferma di tutto ciò, la strategia comunicativa delle sue immagini non ha risparmiato nemmeno le copertine dei volumi di 1984 e La fattoria degli animali di George Orwell. Sembra che ormai nessuno voglia sottrarsi alla grafica di Obey.

Laura Fioravanti
Foto di Laura Fioravanti

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