Liverpool Biennial: compagna arte contemporanea
[ARTI VISIVE]
LIVERPOOL- Liverpool è fra le città inglesi, sicuramente quella che si differenzia maggiormente da Londra. La sua anima working class contamina nettamente la scena artistica, tanto che l’attenzione per le tematiche di ordine politico e sociale rappresenta ormai una costante della Biennale d’Arte Contemporanea, giunta ormai alla sua 6° edizione.
Touched, il titolo che le è stato assegnato: toccante, che smuove emozioni. La Biennale ha contagiato la città in un turbinio d’arte che l’ha invasa. Oltre alla Tate e agli altri spazi comunemente adibiti all’arte, buona parte delle opere sono state allestite in spazi assolutamente non usuali. Così la cattedrale, locali, negozi e persino alcune case private sono diventati un atelier cittadino. Addirittura la chiesa bombardata di St. Luke, allestita ad arte da un gruppo di attivisti locali, e gli spazi occupati di S.Q.A.T., collettivo che reclama – e si prende – spazi per l’arte nelle sedi commerciali in disuso, hanno partecipato alla kermesse, pur proponendosi come spazi autogestiti.
Touched si è detto, e come non partire da Liverpool stessa, per avere una certa aria di drammaticità. Una città che incarna uno scontro fra l’anima decadente della città “vecchia” – con i suoi simboli del passato come il porto, le warehouse, le fabbriche dismesse con le insegne ormai sbiadite – ormai sovrastata dalla spinta soverchiante impressa dal cambiamento dell’assetto socio-economico.
E’ forse per questa ragione che l’opera di maggior valore è sicuramente Touch and Go, una geniale clip realizzata da Cristina Lucas, che pone l’accento su questo contrasto. L’artista spagnola ha riunito un’arzilla e spensierata combriccola di vecchietti, soprattutto ex operai, sindacalisti ed attivisti politici degli anni ‘80, tutta gente che 30 anni fa ha lottato in prima fila contro il vento thatcheriano che soffiava sull’Inghilterra. Poi, ha individuato un bersaglio simbolico: il rudere di Europleasure, uno shopping center emblema del cambiamento dei tempi, di quando si diminuivano i posti di lavoro nei cantieri navali e crescevano come funghi gli outlet. Tirando in ballo le emozioni, entrano in gioco anche le pulsioni ironicamente, l’idea dell’artista è stata proprio quella di permettere a questi “vinti” di avere la loro rivincita, dando sfogo ad una tentazione che forse tante volte li ha assaliti: prendere a sassate questo mostro, simbolo di una città che non era più la loro, nell’assoluta tranquillità di una passeggiata mattutina.
Ma la vena ispiratrice di natura politica non si esaurisce qui. L’interminabile vetrina dello spazio espositivo principale in Renshaw Street – un immenso edificio dismesso occupato dalla Biennale – si affaccia sulla via principale in cui sono esposti lavori in aperta polemica contro lo strapotere dei media, la politica colonizzatrice delle multinazionali nei paesi del Sud e il problema del climate change. Una delle opere più creative è stata Bridging Home, del coreano Do Ho Suh, che ha veicolato un messaggio divertente ed impegnato allo stesso tempo. Per protestare contro l’asfissia delle conglomerazioni urbane e della cementificazione selvaggia, che colpisce soprattutto la sua città natale, Seul, ha costruito una casa di legno in sospensione fra due case, destando nell’osservatore che cammina per la città un certo shock. Degna di menzione è anche l’opera del pittore albanese Edi Hila ed il suo La Mamma. In questa tela l’artista è riuscito a comprimere in una posa sofferente del corpo dell’anziana donna un dolore ed una rassegnazione capaci di trasmettere una carica emotiva incredibile. In questo ritratto non c’è solo l’amore di un figlio, ma anche il grigiore del regime comunista in Albania e la perdita di riferimenti che la sua caduta comportò.
Touched ha colpito nel segno, è stato un evento che ha mobilitato un’intera città, che per circa 2 mesi attirando visitatori da tutta Europa. Ma soprattutto, ha mostrando anche un lato dell’arte contemporanea che riesce anche a parlare di attualità e non soltanto sviluppando una dimensione preziosissima, ma talvolta fin troppo intimista.
Claudio Aleotti
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