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L’uomo che vide Frankestain piangere, regia di A. Angèl

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El_hombre_que_vio_a_Frankenstein_llorarCINEMA- Madrid, Sala Berlanga. Si inaugura oggi con la proiezione di El Hombre que vio llorar a Frankenstein il CineMad 2010, Festival di cinema indipendente e di culto, giunto alla XVII edizione. Questo film-documentario vuole rendere omaggio all’attore, sceneggiatore e regista Jacinto Molina (in arte Paul Naschy), re indiscusso dell’horror spagnolo, un’incursione approfondita sull’uomo, ma sopratutto sull’artista che per quaranta anni ha prodotto pellicole di terrore e fantasy.

Produzione tutta spagnola, per la regia di Agudo Ángel (biografo di Paul Naschy), 74 minuti di interviste e filmati d’epoca per ricordare l’artista, ad un anno dalla sua scomparsa.
L’intrigante titolo deriva da un aneddoto narrato dallo stesso Naschy. Il 25 febbraio 1966, Naschy è stato assunto come comparsa per un footage in un paesino della Spagna, per la serie televisiva americana I Spy con Boris Karloff, per una memorabile parte ospite da scienziato donchisciottesco. Anche se le parti di Naschy vengono poi tagliate, egli ebbe l’opportunità di osservare l’anziano attore inglese, bloccato da tutori alle gambe, lo vide lavorare in circostanze molto difficili. Alla fine della giornata, sopraffatto da un vento freddo e pungente, Naschy vede Karloff piangere di sofferenza mentre aspettava il trasporto in ritardo. “Sono uno dei pochi“, ha scritto, “forse anche l’unico uomo al mondo che ha visto piangere Frankenstein“.

Il film si concentra inizialmente sulla formazione del piccolo Jacinto Molina, figlio di un pellicciaio di Madrid che si dedica fin dalla tenera età allo sport, arrivando quasi a partecipare alle Olimpiadi, ma anche alla prima comparsa della passione per il cinema e in particolare dell’horror.
Da un lato l’uomo, dall’altro l’artista, da una parte la vita a Mazcuerras in Cantabria, durante la Guerra Civile spagnola, o a Burgos, dove la sua immaginazione prolifica. Pellicola, questa, ospitata dal regista e sceneggiatore americano Mick Garris (Masters of Horror, L’ombra dello scorpione, Shining), El Hombre que vio llorar a Frankenstein rivede la carriera di entrambi.
Cinema quello di Naschy, horror e fantasy sì, che ha vissuto negli anni ‘70 in una Spagna in pieno Desarrollo, ma nonostante tutto governata da Franco, una Spagna ipercattolica, una nazione che in questa condizione vive il cinema di Naschy come anticonformista e rivoluzionario, che viene seguito solo da una strettissima cerchia di appassionati di genere.
Nel documentario si racconta come ad esempio per la messa in scena del personaggio del licantropo, dal nome Waldemar Daninsky, si sia dovuto scegliere la Danimarca, come nazionalità del povero uomo-lupo, e così accadde anche in altre occasioni, anche per quanto riguardava l’ambientazione delle pellicole: la bigotta Spagna non poteva concepire di aver dato i natali ad un personaggio, anche se d’immaginazione, tanto spregevole e legato al male.
Per tutti i 74 minuti del lungometraggio ci si perde tra la lingua inglese e quella spagnola, visitando i luoghi cari al regista, Londra, Barcellona, Madrid, Burgos e Los Angeles, tra interviste a personaggi del calibro di John Landis, Caroline Munro e Mick Garris e la partecipazione di Christopher Lee, Jordi Grau, Nacho Cerdá e Ángel Sala.

Laura Fioravanti

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