R. Djaïdani, Viscerale
LIBRO- Un grido dalle banlieue è, nella versione italiana, il sottotitolo esplicativo della terza prova narrativa del giovane scrittore franco-magrebino-sudanese Rachid Djaïdani, che nella vita è stato anche muratore, boxeur, attore e regista.
Detto ciò, Viscerale ha un deciso sapore autobiografico provato anche dalla scelta di copertina della versione originale– il bel tipo di cui si intuiscono le spalle nude altri non è che l’autore stesso.
Il nostro protagonista, Lies, è un giovane magrebino che si tiene lontano dal crimine diffuso della periferia di Parigi in cui vive grazie all’amore per la boxe e ad una ferrea volontà di “farcela”. Campione nazionale della sua categoria, è anche allenatore di giovani promettenti, tutti adolescenti la cui vita è in bilico tra legalità e crimine. Come volontario, inoltre, tiene lezioni di boxe per i detenuti di un carcere, quelli che sono caduti già. Un caso fortuito gli permette di recitare il ruolo di agente di polizia in un film e di conoscere la ragazza della sua vita. Tutto bene, sembra, ma a poco a poco quel che aveva portato la buona sorte, il crimine toglie: la palestra distrutta da un incendio nient’affatto naturale e il suicidio di un detenuto, impiccato con le bende prestate dal ragazzo per gli allenamenti di boxe, sono i primi segni di una strada che diventa vicolo cieco. Fino alla beffa finale in cui un set cinematografico incontra la scena (vera) di una rapina a mano armata. E il poliziotto che resta a terra non è che un attore al suo primo ciak.
La storia, amarissima per il lettore che arriva del tutto impreparato al coup finale, denuncia che buona volontà, tenacia e onestà si rivelano inutili in un contesto in cui si è da soli a combattere l’intero sistema e che, al di là della retorica, in questo millennio un lieto fine di rose e fiori per i ragazzi delle periferie scure di Parigi appare quanto mai lontano.
Il grido di denuncia che alza il libro è questo e lo fa in uno stile che sembra quasi rappato. La scrittura snella e ritmata sa di hip-hop ibrido, in cui saltano fuori parole di origine africana e inglese (la sister, il joint, ecc), a testimonianza dell’identità mista delle nuove generazioni di Francia. Le scene si susseguono con un andamento quasi cinematografico, cosparse di immagini colorite e poetiche allo stesso tempo. Poetica metropolitana, col suo slang che deve aver messo a dura prova la traduttrice IlariaVitali.
Viscerale è una visione spietata di chi viene da una realtà al limite che, paradossalmente, ce l’ha fatta. La speranza non ha posto e, sullo sfondo, Liberté, Égalité, Fraternité non è che un trittico di dee ormai impotenti.
Rachid Djaïdani, Viscerale. Un grido dalle banlieu, Giulio Perrone, pag. 160, € 10
Francesca Paolini
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