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Frenocomio: il mondo di De André in scena

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[TEATRO]

frenocomio1ROMA- Rovistando oltre i banchi del mercato di via Sannio si trova qualcosa di più di un jeans di seconda mano. In una buia via laterale si scopre un teatro, niente meno, il Teatro Lo Spazio. Dal 19 al 21 settembre qui è stato proposto lo spettacolo Frenocomio dalla compagnia Quarta Parete (lavori in corso).

Tutti, ma proprio tutti i ragazzi che lo hanno ideato, scritto, diretto, illuminato e musicato sono nati negli anni ’80, confortandoci del fatto che questo è un paese per vecchi, ma i giovani si difendono.
Frenocomio è innanzitutto un tributo ad un artista che non è mai stato e non sarebbe mai diventato vecchio: Fabrizio De André. La sua surreale Via della Povertà (originariamente Desolation Row di Bob Dylan tradotta da Faber) ha ispirato la performance di Carmela Colaninno e Federica Fiorillo che sul palco hanno letteralmente vestito via via i panni dei personaggi della malinconica canzone, in una teoria di nomi che appartengono alla storia, alla cultura e alla letteratura. Quelli del testo di De André, però, di aulico, nobile e importante hanno solo il nome, perché popolano il mondo desolato rinchiuso in via della Povertà.
La struttura è abbastanza semplice, forse didascalica: la voce narrante in scena (Andrea del Prete), seduto ad un fastoso e solitario banchetto, enuncia una strofa alla volta e le due interpreti fanno rivivere i personaggi citati dopo aver scelto i vestiti da indossare disseminati sul pavimento di legno.
Il narratore è separato dal racconto, si dimostra cinico e cattivo, quasi compiaciuto dei tristi destini che passano davanti ai suoi occhi. Banchetta sulle disgrazie del mondo che racconta gongolando di quella realtà brutta e sporca che nessuno gradisce avere sotto gli occhi. Sbatte in faccia al benpensante quello che lo disturba e da cui, normalmente, volta lo sguardo.

Le due attrici colpiscono per il loro affiatamento, per la buona interazione interpretativa e anche renocomio2fisica che dimostrano. Interessante è la scena di Ofelia, che viene interpretata da entrambe: i due lati della stessa personalità disgregata della povera dolcissima pazza.
C’è ancora un’altra scena shakespeariana tra le altre, quella di Romeo e Giulietta, recitata ridicolizzandone il lato romantico e il lirismo con un’interpretazione dai toni forzati. In questo caso è ben reso il testo di partenza, quello di De André, che evoca la parodia dell’amore nel personaggio di Cenerentola. Non è possibile questo sentimento in Via della Povertà. Allo stesso modo, anche Cenerentola viene smitizzata, diventando una fredda mannequin da passerella che soffre di problemi di scarpe. E incontriamo anche Einstein l’ubriacone, un Casanova violentato e Caino con Abele.
La scena finale è la più intensa, in cui la recitazione di testi di Elliot e Pound, anche loro nel calderone di Via della Povertà, in qualche modo contestualizza ed amplifica la desolazione di questa mini comédie humaine cantata da un poeta impareggiabile.
La compagnia era stata da noi conosciuta con lo spettacolo Klara, che assieme a questo nuovo lavoro conferma la tensione di questi giovani verso l’esplorazione di personaggi marginali che esprimono il lato oscuro di tipi  umani complessi.

Francesca Paolini

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